I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno scoperto una articolata frode fiscale, posta in essere con l’utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti, per oltre € 2 mln, che hanno permesso al noto imprenditore cittadino Nino Giordano di realizzare una consistente evasione di I.V.A.
L’operazione costituisce l’epilogo di complesse attività di polizia economico-finanziaria, al cui esito, su proposta della Procura della Repubblica di Messina, il competente Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale peloritano ha disposto il sequestro preventivo dell’importo di € 205.000,00, al quale le Fiamme Gialle hanno dato pronta esecuzione.
In particolare, gli accertamenti degli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina, derivanti dall’esecuzione di una verifica fiscale condotta nei confronti di una società operante nel settore delle pulizie, con importanti appalti in ambito nazionale, hanno consentito di acquisire significativi e convergenti elementi indiziari riferibili alla frode fiscale oggi repressa, per la quale la competente Autorità Giudiziaria ha disposto il sequestro del relativo profitto: una frode perpetrata da tre società, tutte con sede a Messina, appartenenti al medesimo gruppo imprenditoriale e riferibili ad un unico dominus di fatto, il messinese Antonino Giordano, cl. 68.
Più nel dettaglio, una puntuale ed approfondita analisi della documentazione amministrativo-contabile, acquisita nei confronti della nominata società di pulizie, poi risultata utilizzatrice delle predette fatture false, incrociata con i connessi flussi finanziari e con le risultanze di paralleli approfonditi controlli incrociati, effettuati presso i restanti due soggetti giuridici, consentiva, secondo ipotesi investigativa, di leggere in maniera unitaria il complesso schema ideato, finalizzato, per un verso, ad evitare il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta e, per altro verso, a costituirsi un credito inesistente.
Proprio l’esperienza operativa maturata dal Corpo, con specifico riferimento all’approfondimento della fase dei pagamenti, consentiva di meglio circostanziare il collegamento esistente tra le tre imprese interessate - peraltro, come detto, tutte riconducibili al medesimo imprenditore - così ritenendo come le stesse società avessero gestito, di comune accordo e sotto un’unica regia, con finalità illegittime, le varie transazioni sottostanti.
In altre parole, si acquisiva come, partendo dal ricorso a presunti accolli di operazioni finanziarie, l’illecito schema prevedesse l’emissione - oltre l’anno di riferimento dell’operazione originaria - di distinte successive note di credito, con il recondito fine di celare la fittizietà delle genetiche transazioni.
L’attività odierna rientra nell’ambito dell’intensificazione dei controlli nei confronti dei fenomeni evasivi caratterizzati da maggiore pervicacia ed è finalizzata a tutelare la corretta libertà di fare impresa: tutti gli attori della business community devono potersi confrontare in un clima di leale concorrenza, in cui ogni operatore sopporta i costi delle imposte dovute ed i prezzi al consumatore, ovvero al committente in ipotesi di commesse vieppiù pubbliche, non risultano falsati dall’illecito vantaggio competitivo costituito dall’evasione fiscale.
In conclusione, ancora una volta, l’attività investigativa svolta conferma l’impegno profuso, quotidianamente, dal Tribunale, dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di Finanza di Messina al servizio della comunità, anche nell’importante settore della tutela del libero mercato e degli interessi erariali.
IL SEQUESTRO DI 6,5 MILIONI DELL'OTTOBRE SCORSO.
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