2 Ottobre 2021 Giudiziaria

L’inchiesta sui tre dirigenti medici del Papardo, i pazienti “dirottati” in studi privati

Tre specializzazioni diverse e un destino comune, oltre allo stesso ospedale di appartenenza, il “Papardo”.

L’endocrinologo Carmelo De Francesco, il cardiologo Santi Sorrenti e l’urologo Francesco Mastroeni si trovano impantanati nelle sabbie mobili di un’inchiesta eseguita dalla Guardia di finanza e coordinata dalla Procura su presunti illeciti legati alle rispettive attività professionali. Condotte sfociate nel sequestro preventivo di 65mila euro, importo considerato una sorta di ristoro a fronte del maltolto. “Congelati” 31.332 euro nella disponibilità di De Francesco, 1.580 euro a Sorrenti e il resto a Mastroeni. A proposito di quest’ultimo, il suo difensore, l’avvocato Bonni Candido, sottolinea che il provvedimento «a carico del mio cliente, concesso in misura notevolmente inferiore rispetto a quanto richiesto dal pubblico ministero, non attiene assolutamente a nuove indagini. L’inchiesta è quella in relazione alla quale qualche giorno fa è stata applicata una misura interdittiva ma le condotte per cui è stato disposto il sequestro sono ora sussunte sotto ipotesi di reato meno gravi rispetto a quelle prima contestate. Avverso detta misura abbiamo già proposto appello e riteniamo che il Tribunale del riesame valuterà positivamente le nostre argomentazioni difensive. Anche contro questo sequestro, lunedì depositerò istanza di riesame e a nostro parere non avrebbe dovuto essere concesso per mancanza delle condizioni di legge. Sono convinto che questa inchiesta avrà presto sviluppi positivi per il mio assistito».
In sostanza, al direttore del Reparto di Urologia del nosocomio della zona nord con il primo atto, qualche giorno fa, il pm aveva chiesto la misura in relazione a due ipotesi di reato tutte ricondotte a peculato e il gip aveva accolto la richiesta solo in merito all’appropriazione delle somme versate dai pazienti direttamente al medico, ma ha rigettato nel resto, ritenendo che si trattasse di truffa e non di peculato.

L’accusa aveva poi qualificato quei fatti (afferenti l’indennità percepita per l’esclusiva e la percentuale delle parcelle relative a visite regolari) come truffa e non come peculato e chiesto di mettere sotto chiave 80.000 euro. Con l’ultimo atto, il gip ha accordato il sequestro (per 35.000 euro) solo in misura pari all’indennità di esclusiva corrisposta dall’ospedale Papardo per due anni. E – come rileva l’avv. Candido – «ha rigettato la richiesta relativa al sequestro per importo pari alla quota parte di visite regolarmente effettuate proprio perché si tratta di pazienti regolarmente registrati, che hanno versato quanto dovuto per le rispettive visite direttamente al “Papardo”».