13 Gennaio 2022 Giudiziaria

ECCO LA SENTENZA DELL’OPERAZIONE ‘TEKNO’. PESANTI CONDANNE PER SCEUSA, FRISONE E CIGNO. ASSOLUZIONE PER TUTTI GLI ALTRI 52 IMPUTATI

Si è concluso in primo grado il maxiprocesso sulla terza tranche dell’operazione “Tekno” della Dia sugli incentivi progettuali “gonfiati” al Cas tra il 2012 e il 2013, che nell’aprile del 2017 provocò un vero terremoto giudiziario al Consorzio, con la sospensione dalle funzioni di sei dirigenti.

Oggi pomeriggio, i giudici della Prima sezione penale Letteria Silipigni (presidente), Concetta Maccarrone e Giovanni Albanese hanno emesso una sentenza che per certi versi è clamorosa. Sono soltanto tre le condanne mentre le assoluzioni sono addirittura 52:

Sono stati condannati i dirigenti, all’epoca dei fatti, Gaspare Sceusa, a 6 anni e 5 giorni di reclusione, Letterio Frisone, alla pena di 4 anni, 4 mesi e 15 giorni e il funzionario Carmelo Cigno alla pena di 5 anni e 25 giorni. I tre, oltre al pagamento delle spese processuali, sono stati anche interdetti in perpetuo dai pubblici uffici (solo Gaspare Sceusa è in servizio, ma prossimo alla pensione, mentre gli altri due sono già in quiescenza da anni). Sono stati inoltre condannati all'estinzione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione di appartenenza e alla confisca della somma di denaro corrispondenti al profitto dei reati per i quali è intervenuta la condanna o di beni di cui hanno la disponibilità per un valore corrispondente a quello del profitto. I giudici hanno condannato Sceusa, Frisone e Cigno al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile. Per i tre imputati non si è proceduto in relazione al reato di cui al capo c) perchè estinto per sopravvenuta prescrizione. I tre condannati hanno incassato anche qualche assoluzione parziale per alcuni capi d'imputazione (e il relativo dissequestro delle somme di denaro e dei beni limitatamente ai reati per i quali è stata pronunciata sentenza di assoluzione).

Assoluzioni (e il dissequestro delle somme di denaro e dei beni) a vario titolo invece per tutti gli altri 52 imputati (con le formule 'perché il fatto non costituisce reato' e 'perché il fatto non sussiste'): Indaimo Carmelo, Lanteri Antonio, Liddino Antonio, Magnisi Stefano, Magro Corrado, Puccia Angelo, Sceusa Gaspare, Schepisi Alfonso Edoardo, Sidoti Anna, Spitaleri Antonino Francesco, Arnao Giovanni, Arrigo Baldassare, Bernava Agostino, Bongiorno Francesca, Branca Amedeo, Campanino Orazia, Cannatella Antonino, Carbone Anna Maria, Cicero Lucia, Ciraolo Baldassarre, Crisafulli Costantino, Currò Paolo, D’Amico Santo, D’Arrigo Antonino, Finocchiaro Amedeo, Giaimo Giovanni, Giardina Francesco, Giordano Giacomo, Irrera Vincenzo, La Corte Antonino, Lania Giovanni Nicola, Lanzafame Giuseppe, Lo Nostro Maria, Lo Turco Mario, Maddocco Ernesto, Mamazza Antonino, Martorana Serafina, Mifa Clorinda, Offerente Alberto, Perone Domenico, Pintaudi Carmelo, Potenzone Giuseppe, Rotondo Giuseppe, Scorza Filadelfio, Sottile Angelo, Urso Pietro Antonino, Uscenti Giovanni, Vinci Barbara, Zampogna Walter, Zumbino Salvatore Paolo, Rinauro Paolo, Calderone Mariano Giuseppe. Scagionato anche l'ex commissario straordinario del Cas, l’avvocato messinese Nino Gazzara, che in passato è stato anche vice presidente, imputato per l’ipotesi prevista dall’art. 361 c.p., ovvero per “Omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale”; la formula adottata è "perché il fatto non sussiste".

Hanno difeso, tra gli altri, gli avvocati Carmelo Scillia, Nino Cacia, Gabriele Lombardo, Gianluca Gullotta, Giuseppe Pustorino, Salvatore Papa, Yuri Aliotta, Isabella Barone, Giovanni Mannuccia, Nino Favazzo, Bonaventura Candido, Giovanni Calamoneri, Carmelo Vinci, Antonio Bongiorno.

Gli imputati

Ecco i nomi dei 55 tra dirigenti apicali, funzionari e dipendenti del Cas che sono stati a suo tempo rinviati a giudizio dal gup Militello al termine di una vera e propria “maratona giudiziaria” che fu l’udienza preliminare.

Si tratta di: Cigno Carmelo, Indaimo Carmelo, Frisone Letterio, Lanteri Antonio, Liddino Antonio, Magnisi Stefano, Magro Corrado, Puccia Angelo, Sceusa Gaspare, Schepisi Alfonso Edoardo, Sidoti Anna, Spitaleri Antonino Francesco, Arnao Giovanni, Arrigo Baldassare, Bernava Agostino, Bongiorno Francesca, Branca Amedeo, Campanino Orazia, Cannatella Antonino, Carbone Anna Maria, Cicero Lucia, Ciraolo Baldassarre, Crisafulli Costantino, Currò Paolo, D’Amico Santo, D’Arrigo Antonino, Finocchiaro Amedeo, Giaimo Giovanni, Giardina Francesco, Giordano Giacomo, Irrera Vincenzo, La Corte Antonino, Lania Giovanni Nicola, Lanzafame Giuseppe, Lo Nostro Maria, Lo Turco Mario, Maddocco Ernesto, Mamazza Antonino, Martorana Serafina, Mifa Clorinda, Offerente Alberto, Perone Domenico, Pintaudi Carmelo, Potenzone Giuseppe, Rotondo Giuseppe, Scorza Filadelfio, Sottile Angelo, Urso Pietro Antonino, Uscenti Giovanni, Vinci Barbara, Zampogna Walter, Zumbino Salvatore Paolo, Rinauro Paolo, Calderone Mariano Giuseppe, Gazzara Antonino.

Le richieste dei pm

Nel giorno dedicato alla requisitoria dell’accusa i pm Annamaria Arena e Stefania La Rosa avevano chiesto ben 55 condanne, tra 5 anni e 3 anni e 4 mesi di reclusione, per dirigenti, funzionari e dipendenti che erano imputati nel procedimento per peculato e falso (di quest’ultima accusa rispondono solo alcuni dirigenti, i dipendenti sono stati tutti prosciolti in udienza preliminare).

I sostituti Annamaria Arena e Stefania La Rosa avevano depositato agli atti una lunga requisitoria scritta, di circa 80 pagine, in cui avevano ricostruito l’intera vicenda e differenziato le varie posizioni secondo l’accusa (in passato ci fu anche una “specificazione” del capo d’imputazione da parte dei pm). A conclusione del loro intervento avevano chiesto ai giudici solo tre tipologie di condanna. Eccole: «5 anni di reclusione per Magro, Cigno, Frisone, Sceusa, Schepisi; 4 anni di reclusione per Lanteri, Magnisi, Puccia, Sidoti, Indaimo, Spitaleri, Liddino; 3 anni e 4 mesi di reclusione per i restanti imputati».