9 Febbraio 2022 Giudiziaria

I VERBALI – Mafia a Barcellona, parla Filippo Genovese: «Così avvenne la mia investitura»

Di Leonardo Orlando - Il neo collaboratore di giustizia, Filippo Genovese, 35 anni, meglio conosciuto come il temuto “Scozzese”, era finito in carcere l'ultima volta il 10 maggio dello scorso anno, dopo una movimentata fuga dagli arresti domiciliari causata da una serie di litigi familiari. Forse la frattura con la famiglia d'origine, i cui rapporti non erano di certo idilliaci, potrebbe aver contribuito alla decisione di convertirsi, iniziando a raccontare come e quando, nel carcere di Messina, ha ricevuto l'investitura da Carmelo Mazzù, altro noto esponente della criminalità organizzata, di occuparsi dello spaccio di droga tra Barcellona e Milazzo.

Nel 2014 – così come racconta lo stesso collaboratore di giustizia nei verbali depositati dai magistrati della Procura distrettuale antimafia a beneficio del procedimento penale scaturito dall'operazione “Dinastia” – mentre «ero in carcere a Messina Carmelo Mazzù pure lui detenuto, attraverso la finestra che dà sui passeggi, mi disse di fare sapere ad Alessio Alesci (che poi si è pentito ndr) che non doveva dare del denaro al messinese Turiano Francesco, detto Nino Testa, per questioni di narcotraffico; mi disse anche che, tramite sua moglie Jessica, mi avrebbe fatto avere indicazioni per prendere in mano il narcotraffico organizzato con Mario Calabrò, ponendomi a capo dei suoi cugini, Peppe Ofria e Alessio Alesci».

Filippo Genovese, già processato con il giudizio abbreviato nel procedimento “Dinastia”, è stato assolto perché non sarebbe stata provata la sua partecipazione all'associazione a delinquere finalizzata allo spaccio delle sostanze stupefacenti. Lo stesso Genovese ha spiegato ad investigatori e magistrati inquirenti di aver conosciuto poco prima di essere arrestato molti anni prima, tra il 2004 e 2005, il messinese Francesco Turiano, inteso Nino Testa. Turiano - secondo il racconto del nuovo pentito - era detenuto in una comunità a Barcellona, "ed era affacciato ad una finestra, mentre mi trovavo a passare per strada, ci guardammo storto. Qualche tempo dopo, un tale, soprannominato 'Gatto', originario di Spadafora, trafficante di droga e buttafuori, soggetto molto vicino a Foti Carmelo Vito, mi diede un appuntamento; ci incontrammo e in questa occasione 'Gatto' era accompagnato da Turiano, che voleva conoscermi e chiarire quella specie di diverbio che avevamo avuto. Gatto aveva voluto quell'incontro, su indicazione di Vito Foti, che era in rapporti anche con Turiano, per come lo stesso Turiano mi disse".

Poi Filippo Genovese spiega i rapporti che ebbe con Turiano, specificando che con lo stesso sono stati detenuti insieme nel carcere di Messina, nella stessa cella, "e so che si occupa di traffico di alto livello dello spaccio di sostanze stupefacenti". Poi lo stesso collaboratore, su domanda specifica, ha rivelato che con il barcellonese Nunziato Mazzu', assassinato il 13 dicembre del 2006 ad Oliveri in un agguato mafioso, padre di Lorenzo e Carmelo Mazzu', ha commesso alcune rapine. Poi Genovese ha parlato dei suoi rapporti con Tindaro Giardina per questioni connesse "al traffico di stupefacenti, di cui lui si occupava per conto dei fratelli Lorenzo e Carmelo Mazzu'. Dopo l'arresto dei Mazzu', i cugini dei fratelli Mazzu' mi hanno chiesto di intervenire nei confronti di Giardina, che ho anche picchiato, per via degli ammanchi di droga e altre ragioni". Lo Scozzese aveva iniziato - come spiega egli stesso nei verbali depositati dalla Procura distrettuale antimafia - a trafficare droga con il Giardina più o meno nell'anno 2014, "ma non ricordo con precisione. Si trattava si sostanza stupefacente del tipo cocaina. Io lo finanziavo con denaro per l'acquisto di droga e lui mi ritornava le somme, maggiorate dei ricavi delle somme della vendita dello stupefacente. In una circostanza, ad esempio, gli ho dato mille euro e successivamente mi ha restituito 1.500 euro. A volte ritardava a restituire i soldi che gli avevo consegnato per l'acquisto della droga ed io in dette circostanze l'ho picchiato". Poi a conclusione di questa dichiarazione, lo stesso collaboratore ha affermato di sapere che Tindaro Giardina "aveva una fonte all'interno delle Forze dell'ordine, particolare mi diceva che si trattava di un carabiniere. Non so chi è il carabiniere in questione", ha precisato il pentito. Rassegnaweb - da Gazzetta del Sud