14 Marzo 2022 Giudiziaria

MATRIMONI DI COMODO, ECCO LA SENTENZA D’APPELLO DELL’OPERAZIONE ‘ZIFAF’

Di Enrico Di Giacomo - Si è concluso il processo d'appello nato dall'indagine della Guardia di Finanza di Messina denominata 'Zifaf' su una rete d'immigrazione clandestina e matrimoni di comodo. Il gup Maria Militello aveva emesso il 7 aprile del 2021 la sentenza nei confronti di nove indagati dell'operazione 'Zifaf' che avevano avuto accesso al rito abbreviato; si trattava di Angela Augliera, Laura Bonaccorso, Abderrahim Cherkaoui alias “Abramo”, Abderrahim El Asri alias “Samir”, El Habib El Asri, Yassine Errouihaq, Angela Oliveri, Oussama Soussi Kaid e Alessandro Tricomi.

Gli imputati hanno appellato la sentenza di condanna e oggi la Corte d'appello, in parziale riforma della sentenza del gup, ha rideterminato le pene inflitte in questo modo (è stato concesso qualche “sconto di pena”, sono state accordate le attenuanti generiche a tutti e decisa qualche assoluzione parziale):

per Angela Augliera, 2 anni, 10 mesi e 20 giorni e 5.700 euro di reclusione; per Laura Bonaccorso 2 anni, 2 mesi e 20 giorni e 4.960 euro di multa; per Cherkaoui Abderrahim 3 anni e 2 mesi di reclusione; per El Asri Abderrahim 9 anni, 6 mesi e 21.400 euro di multa; per El Asri El Habib 1 anno e 6 mesi di reclusione; per Errouichaq Yassine 3 anni, 7 mesi e 10 giorni e 6.400 euro di multa; per Angela Olivieri, concesse le attenuanti generiche, 3 anni e 8 mesi di reclusione e 14.400 euro di multa; per Soussi Kaid Oussama 2 anni e 4 mesi di reclusione e 4.800 euro di multa e infine per Alessandro Tricomi 5 anni e 5 mesi di reclusione e 17.600 euro di multa.

I giudici hanno inoltre revocato le pene accessorie e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e legale per alcuni degli imputati. E' stata revocata inoltre la libertà vigilata applicata a El Asri Abderrahim, concessa la sospensione della pena a El Asri El Habib (lo stesso imputato ha ottenuto anche l'immediata scarcerazione) e revocata la sospensione condizionale della pena concessa a Errouichaq Yassine con sentenza del 19 febbraio del 2019.

Gli indagati sono stati difesi dagli avvocati Domenico Andrè, Giovanni Mannuccia, Salvatore Silvestro, Tancredi Traclò e Gianluca Currò.

LA SENTENZA DEL GUP.

Erano stati condannati complessivamente a quasi 50 anni di carcere nove persone indagate nell'operazione "Zifaf" della Gdf del dicembre scorso. Le condanne più pesanti le avevano subite i due capi dell'organizzazione: Abderrahim El Asri, condannato alla pena di 11 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione e Abderrahim Cherkaoui, condannato alla pena di 6 anni e 8 mesi.

Ecco tutte le condanne: Angela Augliera era stata condannata alla pena di 5 anni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali; condanna anche per Laura Bonaccorso. Per la donna decisa la pena a 4 anni e 4 mesi. Abderrahim Cherkaoui, alias "Abramo", come detto, era stato invece condannato alla pena di 6 anni e 8 mesi e a 18.200 euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere.

Pesante la condanna per Abderrahim El Asri alias “Samir”: 11 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione e 22.400 euro di multa. Oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere.

Condannati inoltre a 3 anni e 8 mesi El Asri El Habib (e libertà vigilata per 3 anni), a 6 anni Yassine Errouihaq, a 6 anni e 4 mesi Angela Olivieri (più una multa di 17.800 euro), a 4 anni Oussama Soussi Kaid e a 6 anni e 4 mesi Alessandro Tricomi (e 17.800 euro di multa). Per tutti i condannati è stata decisa l'interdizione dai pubblici uffici.

L'INCHIESTA.

Alle prime luci dell'alba del 9 dicembre del 2020 i finanzieri del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Messina eseguirono un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 16 persone, 5 in carcere e 11 ai domiciliari, tra promotori e membri di due gruppi criminali con base a Messina, che avevano realizzato una rete d'immigrazione clandestina e matrimoni di comodo. Gli arresti furono effettuati a Messina, Catania, Bergamo, Torino e Francoforte.

L'inchiesta, nome in codice “Zifaf, condotta dagli specialisti del gruppo Investigazione criminalità organizzata del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Messina, sotto la direzione della Procura Distrettuale Antimafia, permise di far luce su un consolidato sistema illegale per l’organizzazione di falsi matrimoni tra italiani e stranieri, con marocchini, algerini e tunisini. I riti avevano lo scopo di far conseguire la carta di soggiorno per motivi di famiglia, essenziale per l’ingresso e la permanenza in Italia, oppure per “sanare” la posizione degli extracomunitari che avevano subito decreti di espulsione dal territorio italiano.

L'indagine nacque mettendo insieme una serie di false dichiarazioni rese da cittadini italiani a pubblici ufficiali sulle loro qualità personali, con riferimento allo status di celibe o nubile. Dopo una serie di accertamenti i finanzieri accertarono un contesto chiaro rispetto a molti “matrimoni misti”: emersero la ripetitività dei testimoni di nozze o degli interpreti stranieri, oppure le ricorrenti parentele tra testimoni e sposi. Questo quadro ha fatto ipotizzare l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere per l’organizzazione illecita di “falsi” matrimoni.

Due organizzazioni criminali

Ed è emersa così l'esistenza di due organizzazioni criminali, da tempo attive a Messina e con consolidate ramificazioni in Marocco, che erano “governate” da due cittadini marocchini dai nomi biblici: il 36enne EL ASRI Abderrahim, detto Samir, e il 51enne CHERKAOUI Abderrahim, detto Abramo. Erano proprio i due marocchini che si occupavano di organizzare i viaggi in Marocco degli sposi fittizi, di assistere i promessi sposi durante il disbrigo di tutte le pratiche burocratiche, fino al falso matrimonio. Seguivano tutto, dalle pubblicazioni alla cerimonia, fino alla fase finale quando ottenuto lo scopo si procedeva alla separazione e al divorzio. Ma i due cosiddetti wedding planner internazionali non operavano da soli, potendo contare su un'organizzazione ben strutturata, articolata su più livelli, con ruoli interscambiabili.

C'era un primo livello, costituito da fidati collaboratori, tutti marocchini, EL HALOUI Oussama cl. 83, ERROUICHAQ Yassome cl. 90, S.K.O. cl. 83, E.F.R. cl. 65, R.I. cl. 71 e EL ASRI El Habib cl. 78. Erano incaricati di reclutare i falsi sposi, e quando contattati da altri marocchini in cerca di una sposa fittizia, si mettevano in moto riferendosi alle donne italiane come “pecore” (“… c’è un signore che mi ha chiesto se c’è qualche pecora…un signore qui a Messina, c’è un suo amico che vuole venire…”); curavano poi l’adempimento delle procedure burocratiche relative alla preparazione del matrimonio e alle successive fasi necessarie per l’ottenimento della documentazione a favore dei cittadini extracomunitari. In questo contesto si inseriscono i riferimenti anche in territorio marocchino, che avevano il compito di coadiuvare l’attività di rilascio dei documenti necessari alla celebrazione dei matrimoni in Marocco, presso il consolato generale d’Italia a Casablanca, che sono la cittadina marocchina 51enne ZANARY Latifa detta Sara, e la figlia 26enne, LAGNADI Manal.

I componenti del secondo livello erano gli “affezionati” testimoni di nozze e gli interpreti mentre il terzo livello era rappresentato da una fitta rete di donne italiane, che vivevano in condizioni disagiate che venivano coinvolte prima per essere destinate a false nozze, per poi diventare volano per nuovi illeciti affari, come reclutatori di altri soggetti da indirizzare verso matrimoni falsi: (“… perché il lupo quando ha fame esce dalla tana…”, così parlava un indagato per sollecitare l’accettazione del matrimonio fittizio rivolgendosi ad una donna che si mostrava incerta). Si tratta degli italiani (messinesi) Alessandro Tricomi cl. 75, Laura Bonaccorso cl. 65, Rita Valeriano cl. 91, Angela Olivieri cl. 95, Angela Augliera cl. 92, Stefania Grasso cl. 97, Esmeralda Augliera cl. 97.

Accordi matrimoniali

Gli investigatori durante l'inchiesta sono rimasti parecchio colpiti dall’assoluta assenza di qualsiasi senso dello Stato da parte dei connazionali, i quali non hanno esitato a minimizzare l’illiceità dei loro comportamenti, ritenendo come il tutto si riduca ad un mero “foglio” su cui apporre qualche firma, per far ottenere “la cittadinanza italiana” a chi non ne ha diritto. Prima di arrivare alla stipula del “contratto di matrimonio”, le fiamme gialle hanno riscontrato come gli organizzatori adottassero ogni possibile cautela per accreditare la fittizia convivenza dei “novelli sposi”: c'era la necessità di individuare un locale da adibire ad “abitazione coniugale”, in modo che entrambi i coniugi vi trasferissero la rispettiva residenza anagrafica.

Ed erano gli stessi capi dell'organizzazione a dare consigli su come comportarsi con gli accertatori dei vigili urbani durante la verifica della convivenza. Proseguendo, dopo la celebrazione del matrimonio, che non prevedeva ovviamente alcun festeggiamento (tranne per qualche sporadico caso in cui è stata simulata una festicciola fittizia), l’extracomunitario richiedeva il permesso di soggiorno alla Questura di Messina. E il personale dell’Ufficio Immigrazione della Questura per vagliare la richiesta, di norma chiamava la coppia per rivolgere alcune domande sul loro rapporto, la loro conoscenza e quant’altro utile per verificare la veridicità dell’unione coniugale. Anche su tale aspetto, forti del consolidato know how acquisito, gli organizzatori intervenivano direttamente, giungendo ad indottrinare i coniugi sulle risposte da fornire.

Dieci mila euro per un... matrimonio

Perfino l’acquisto delle fedi nuziali, al costo di un euro da negozi cinesi, era gestito dall’organizzazione, per essere poi fornite agli sposi: “digli di andare da un cinese e prendere le fedine”. Ed è stato documentato il “tariffario”, di come tutto avesse uno specifico costo standardizzato: 10.000 euro circa corrisposti dallo straniero all’organizzazione, in contanti o attraverso i servizi di Money Transfer, materialmente eseguiti da soggetti apparentemente non coinvolti nella vicenda ma contigui ai membri del sodalizio criminale; tra i 2.000/3.000 euro allo sposo fittizio; somme inferiori per intermediari, testimoni di nozze ed interprete. Il tutto per un giro d’affari documentato nel corso delle indagini pari ad oltre 160.000 euro. Uno degli indagati, destinatario del provvedimento cautelare, venne localizzato in Germania, precisamente nella zona di Francoforte sul Meno, dove sono in corso analoghe operazioni a cura della polizia locale, con l’esecuzione di uno specifico mandato d’arresto europeo richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina.