22 Aprile 2022 Giudiziaria

Parla Clara Stella Vicari Aversa, la ricercatrice che ha fatto partire l’inchiesta sulla corruzione: “Così ho fatto scoprire i concorsi truccati all’Università di Reggio Calabria”

di Alessia Candito - Grazie alle sue denunce si è scoperchiato il sistema che ha trasformato l'Università Mediterranea di Reggio Calabria in un feudo di proprietà del rettore di turno e dei suoi fedelissimi. A dispetto di regole e concorsi – è emerso dall'inchiesta della procura diretta da Giovanni Bombardieri - erano loro a decidere chi dovesse vincere concorsi, assegni di ricerca, dottorati. Si aggiustava tutto, anticipando le domande oggetto della prova, sistemando gli elaborati, truccando i titoli. E chi per merito avrebbe dovuto vincere un assegno di ricerca o una cattedra? Doveva mettersi in coda e aspettare il proprio turno. A Clara Stella Vicari Aversa  è stato consigliato questo nel 2008, quando – beffata ad un concorso – ha fatto ricorso al Tar. “E dire che io avevo partecipato con molto molto entusiasmo; potevo far fruttare la mia esperienza e i miei contatti all’estero tornando a casa”.

Quando si è accorta che c'era qualcosa che non andava?

Per mera curiosità, dopo il concorso, nel 2008, ho fatto l'accesso agli atti e mi sono resa conto di una serie di errori. Ad esempio, io risulto laureata nel 2002 e non nel '95. Sette anni proficui della mia attività didattica, di ricerca, progettuale, pubblicistica, improvvisamente cancellati ed annullati. E nei concorsi successivi, errori e sviste si ripetono identiche, segno che è stato fatto solo un copia-incolla dei vecchi verbali del primo concorso nonostante fosse stata cambiata la commissione. Oltre naturalmente ad altro “nuovo”.

Era sicura di vincere quel concorso?

Non ho la presunzione di ritenere che, tra i vari partecipanti, il concorso l’avrei vinto io ma ho la certezza che non si è consentito di selezionare il più idoneo in modo legittimo e trasparente.

Perché ha deciso di denunciare?

Avevo fatto ricorso al Tar, ma anche alla luce di altri casi conosciuti grazie alla associazione “Trasparenza e merito” ho capito che la sola via amministrativa non sarebbe mai stata sufficiente per ottenere giustizia. Poi si trattava pur sempre del mio mondo, l’Università dove mi ero formata, laureata, dove avevo insegnato e avevo molti rapporti umani e di amicizia. Non è facile fare questo passo ulteriore. Ma diventa questione di dignità personale.

Qualcuno hai mai provato a farle fare un passo indietro? Le hanno mai offerto o promesso qualcosa? 

Diciamo che ho cercato e fatto di tutto per non arrivare mai al punto di trovarmi in questa situazione.

Reazioni alla sua battaglia?

Molti che pensavano e pensano, nel contesto universitario, che sia io il problema. Nonostante abbia vinto sempre tutti i ricorsi dinanzi al Tar e al Consiglio di Stato, ripetute volte, per loro non era la commissione a sbagliare o l’Università a commettere errori, ma io. Per i giudici il concorso, anche quando è stato rinnovato, è stato svolto in maniera illegittima, l'università si è rifiutata di rispettare diverse sentenze di Tar e Consiglio di Stato. Ma per troppi, il problema sono io

Dunque è tutto un sistema che non funziona.

Se dopo 14 anni i giudici devono intervenire per rimediare ad errori della pubblica amministrazione è proprio il sistema che funziona male, è fallato.

Lavora ancora in ambito universitario? Le è mai più successo di trovarsi in una situazione del genere?

Ho capito quasi subito dopo aver fatto il ricorso che da quel momento, all’università italiana, avrei trovato solo porte chiuse. Ne ho avuto quasi conferma quasi subito nel caso dell’abilitazione nazionale per associato.

Quindi ha abbandonato tutto? 

No, assolutamente. Proseguo la mia attività professionale e di ricerca che di tanto in tanto, Covid permettendo, mi porta anche all’estero. All’Università basca di San Sebastián mi invitano spesso. La settimana prossima invece sarò a Madrid, invitata come speaker a Rebuild 2022.

Rimorsi o rimpianti per questa vicenda durata quasi vent'anni?

No rimpianti non direi, amarezza sì, anche perché non sono certo la sola in questa situazione.Degli anni passati mi resta l’esperienza universitaria in Spagna, nei Paesi Baschi, durata quasi 6 anni, con l'ateneo con cui fortunatamente ancora collaboro. Avrebbe potuto essere la mia nuova casa, ma per ragioni familiari sono stata costretta a tornare in Italia Mi si diceva che quell'esperienza sarebbe servita da marcia in più all’università. Purtroppo era una bufala, è stata totalmente ignorata.

Adesso che la magistratura ha scoperchiato il calderone, cosa farà?

Mia figlia ha 16 anni, quando questa battaglia è iniziata ne aveva due. Qualche giorno fa mi ha detto “è una vita che combatti”. Ma io continuerò fino alla fine. Non per me, perché è evidente che, dopo quella denuncia, a me la carriera universitaria è preclusa. La pietra tombale – e ne ero consapevole - è stato quel ricorso che mi ha improvvisamente gettato nel mondo dei “paria”. Ma continuerò a lottare sperando che prima o poi, almeno per chi sta iniziando adesso, ci siano concorsi che seguano nella forma e nella sostanza le regole. FONTE: repubblica.it