26 Febbraio 2023 Giudiziaria

Sebastiano Ardita: ”Cospito? Giusta la sentenza della Cassazione, rispetta i parametri del 41bis”

La Cassazione era chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del provvedimento su Cospito. legittimità del provvedimento su Cospito. E il provvedimento è legittimo, perché è scritto bene e rispetta i due parametri sul 41 bis: tipologia di reato (mafia o terrorismo) e grado di pericolosità delle comunicazioni esterne”. Così ha parlato il magistrato catanese Sebastiano Ardita, per undici anni al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della giustizia, in un’intervista rilasciata a La Stampa sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito e sulla questione della detenzione in regime di 41bis al quale Cospito è stato condannato. La questione sollevata sulla vicenda, non è di legittimità secondo Ardita, “ed è stato un errore enfatizzare questa dimensione del problema, caricando il giudizio della Cassazione di un’aspettativa salvifica e risolutiva”. La questione, ha spiegato il magistrato è “di opportunità, ovvero la valutazione discrezionale sull’utilizzo dello strumento del 41 bis nel caso concreto. Una valutazione che non può essere né scaricata, né rivendicata dalla magistratura” ma che appartiene al ministro. “Non a caso - ha spiegato ancora Ardita - la legge attribuisce a lui, e solo a lui, il potere di disporre il 41 bis. La magistratura non ha questo potere. Può solo sindacarne l’eventuale illegittimità, non l’inopportunità su cui entrano in gioco valutazioni di politica criminale più ampie, se non strategiche”. “Se fossi stato il pubblico ministero del processo in cui Cospito è imputato per strage - ha aggiunto Ardita - avrei espresso parere favorevole alla misura. Se fossi stato al Dap, avrei ragionato diversamente perché chi lavora al ministero”, diversamente da chi lavora in un Tribunale, non “ragiona solo nel perimetro giudiziario con un obiettivo immediato”. Chi lavora al ministero, ha spiegato l’ex direttore dell’Ufficio Detenuti del Dap, “deve chiedersi come incide il caso concreto sul sistema penitenziario in generale e che tipo di conseguenze comporta l’applicazione del 41bis a una particolare tipologia di detenuto come Cospito. Se si è in grado, e come, di gestire l’onda di reazioni che suscita”.
In questo caso, secondo Ardita, il ministro della Giustizia Carlo Nordio non avrebbe potuto scegliere alternative alla linea del 41bis perché il suo predecessore Marta Cartabia l’aveva già applicato. “Non confermarlo lo avrebbe fatto passare come un ministro lassista nei confronti della violenza politica organizzata”. Soprattutto “in questo contesto politico”. Ma ora “è difficile riannodare i fili dopo averli srotolati. Bisognava pensarci prima”.
E sulle polemiche “sterili” di questi giorni, ha commentato l’ex consigliere del Csm, “un tema così delicato lo Stato non può essere in balia della pubblica opinione: un giorno buonisti, un giorno inflessibili. In un Paese serio si stabilisce una linea e la si difende”. E ancora.“Dovremmo smetterla con questo dibattito da strada sul 41 bis, rimettendo le cose in ordine, distinguendo compiti e responsabilità tra politica e magistratura, e ragionando sulle conseguenze sistemiche delle scelte su singole vicende come il caso Cospito”.
Ardita, da esperto di carceri, ha quindi lanciato l’allarme sul regime di alta sicurezza.
Il regime di alta sicurezza sarebbe una soluzione praticale se non fosse stato svuotato di senso. Con le celle aperte e la riduzione dei controlli, di fatto è bassa sicurezza. Per cui i pm chiedono 41 bis anche a chi non ne avrebbe bisogno”, ha detto Ardita. Inoltre, secondo l’ex dirigente del Dap, anche il 41bis “sta saltando”. “E non da oggi.“Questo caso mostra una crisi che viene da lontano”, ha commentato.
Sono oltre 700 i detenuti al 41bis, troppi. Il numero fisiologico sarebbe intorno a 500”, ha dichiarato Ardita. Questo avviene perché “si ricorre al 41 bis con troppa leggerezza, esponendolo a rischi di tenuta. Come si è fatto estendendo ai reati di pubblica amministrazione il regime che condiziona i benefici penitenziari a chi recide i legami criminali. Ma trattare un boss mafioso come un vigile urbano condannato per peculato ha creato contraddizioni normative e alla fine indebolito lo strumento”. E alla domanda se il 41 bis andrebbe ripensato, il magistrato catanese ha risposto che “va usato bene”. “Nel 2002 il sistema stava saltando: in un anno furono annullati dai tribunali di sorveglianza ben 72 decreti ministeriali. Si lavorò sia a livello organizzativo che normativo per metterlo in sicurezza, riuscendo nell’intento con la riforma del 2009. Quelle regole sono ancora valide. È il cattivo uso che lo corrompe”. C’è un rischio di cedimento, secondo Ardita, ma “dipende, ancora una volta, dalla politica. Da quanto ci crede, dall’uso che vuole farne. E dalla consapevolezza che ogni singola scelta ha un effetto di sistema”.