24 Marzo 2023 Giudiziaria

Le motivazioni della sentenza sul caso di Lavinia Marano: «Cattiva gestione dell’emorragia e ritardi negli esami clinici»

Una «cattiva gestione dell’emorragia». La «mancanza di tempestività degli esami diagnostici». I «ritardi colpevoli nell’esecuzione dell’isterectomia». E sullo sfondo la «carenza organizzativa del Policlinico», con un laboratorio centralizzato h24 «che non eseguiva in fascia notturna una serie di esami di laboratorio».

Sono quasi sessanta pagine. Sono le motivazioni della sentenza - pubblicate oggi da Gazzetta del sud - che ha chiuso in primo grado il processo della tragica storia di Lavinia Marano, la nota cantante cittadina che morì al Policlinico il 23 settembre del 2016 dopo una grave emorragia post-parto e dopo aver dato alla luce il suo primogenito, il piccolo Francesco. Le ha scritte il giudice monocratico Rita Sergi, che il 20 dicembre scorso ha messo la parola fine ad un procedimento durato troppo a lungo, sono passati oltre sei anni da quella tragedia. Il giudice, a dicembre, ha condannato quattro dei dieci sanitari coinvolti, assolvendone sei. Erano imputati cinque medici in servizio a Ostetricia e ginecologia, un medico anestesista, tre ostetriche e un’infermiera.

Adesso spiega nelle sessanta pagine delle motivazioni, che ha depositato in questi giorni, i tasselli che l’hanno portata ad adottare un certo tipo di decisioni tra condanne e assoluzioni.

Ecco i tre passaggi-chiave in cui il giudice Sergi affronta le questioni principali. Il primo: «Ritiene questo Decidente, che in forza dell’istruttoria espletata, vi sia stata a monte del decesso di Lavinia Marano, una cattiva gestione dell’emorragia post partum; orbene deve ritenersi che la corretta interpretazione dei dati clinici e la scelta di immediati e tempestivi accertamenti diagnostici, di terapie farmacologiche e chirurgiche appropriate fossero condotte esigibili da chirurghi esercenti la professione sanitaria da lungo tempo, sicché le conseguenze dannose verificatesi poi sfociate nell’esito infausto erano assolutamente prevedibili».

E scrive ancora: «Il fattore di negligenza deve essere individuato nel tardivo ed errato trattamento della cd. Cid, con un’assoluta sottovalutazione del caso da parte della ginecologa in turno, dott. Granese Roberta, che però non fa andare esenti da responsabilità, il primario Prof . Triolo ed il dott. Palmara, che si allontanavano dal reparto, pur consapevoli della gravità delle condizioni cliniche della Marano e della mancata efficacia del dispositivo endouterino, che, di fatto, non aveva arrestato l’emorragia».

Ed infine: «Non può a questo punto non sottolinearsi il più volte rilevato profilo della carenza organizzativa del Policlinico universitario di Messina, presidio cd. di Alta Specialità, in cui si fa anche ricerca, oltre che cura ed assistenza, il cui laboratorio centralizzato, aperto h24, non eseguiva in fascia notturna una serie di esami di laboratorio, quali il fibrinogeno ed i suoi prodotti di degradazione».

LA SENTENZA DEL 20 DICEMBRE 2022.

Condanna per quattro dei dieci imputati. Aveva deciso cosi, dopo 4 ore di camera di consiglio, il giudice monocratico Rita Sergi nel leggere il dispositivo della sentenza del processo nato dall'inchiesta per la morte della 44enne Lavinia Marano, apprezzata cantante messinese, deceduta il 23 settembre 2016 al Policlinico di Messina. Nell'udienza del 18 novembre il sostituto procuratore Anna Maria Arena, a conclusione della requisitoria, aveva sollecitato la condanna a due anni di reclusione per nove dei dieci imputati e l’assoluzione per il prof. Rosario D’Anna con la formula “per non aver commesso il fatto”.

ECCO LA SENTENZA: Un anno di reclusione (pena sospesa), oltre al pagamento delle spese processuali, per il responsabile dell'Uoc di Ginecologia ed Ostetricia Onofrio Triolo e i medici in servizio presso il reparto Antonio Denaro, Vittorio Palmara e Roberta Granese. Condanna gli imputati, in solido col Policlinico Universitario di Messina, al risarcimento dei danni patiti dalle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede civile, nonché alla refusione delle spese del giudizio liquidate in euro 2mila cadauna.

Assolti tutti gli altri imputati: i medici Rosario D'Anna Tomasella Quattrocchi, l'anestesista in servizio presso il reparto Pasquale Vazzana, le ostetriche Angelina Lacerna Russo e Serafina Villari, l'infermiera Maria Grazia Pecoraro. Assoluzione per il prof. Rosario D'Anna, tutti per ‘non aver commesso il fatto’.