22 Maggio 2023 Giudiziaria

Saro Cattafi è in carcere. Si è costituito il 18 maggio a Milano Opera

Di Enrico Di Giacomo - È già in carcere, a Milano Opera, il barcellonese Rosario Pio Cattafi. L'ordine di carcerazione era stato siglato il 18 maggio dal sostituto procuratore Santi Cutroneo della Procura generale di Reggio Calabria, visto che l'ultima condanna in appello, poi confermata in via definitiva dalla Cassazione, era stata emessa dai giudici reggini nel 2021. Cattafi, senza attendete l'ordine di carcerazione, si sarebbe costituito spontaneamente il 18 maggio stesso, presentandosi all'istituto di Milano Opera.

L’avvocato Fabio Repici, nei giorni scorsi, preso atto nell’immediato del mancato ingresso di Cattafi in carcere, aveva inviato alla Procura generale di Reggio Calabria un formale sollecito per l’esecuzione della pena nei confronti dell'"avvocato", colletto bianco della mafia barcellonese, trait d’union fra Cosa nostra e apparati istituzionali.

A Cattafi, che è stato sottoposto a misura cautelare dal 24 luglio 2012 al 4 dicembre 2015, rimangono da scontare 2 anni, 7 mesi e 20 giorni di reclusione. "Per tali motivi, avuto riguardo alla pericolosità criminale e sociale di Rosario Pio Cattafi come sottolineata dalla statuizione di condanna ora irrevocabile", l’avvocato Repici ha scritto ai magistrati della Procura generale di Reggio Calabria sollecitandoli "alla più rapida emissione e alla altrettanto rapida esecuzione dell'ordine di carcerazione nei confronti di Rosario Pio Cattafi. È evidente, infatti - ha proseguito il legale della figlia dell’ultimo giornalista assassinato dalle mafie in Italia Beppe Alfano - che, tanto più avuto riguardo alle fonti di prova attestanti le collusioni criminali di cui Cattafi ha potuto godere in elevati ambiti istituzionali dei tre poteri dello Stato, non sarebbe dignitoso per la potestà punitiva dello Stato e rispettoso per i familiari delle vittime di mafia che sia Cattafi a scegliere l'istituto penitenziario nel quale iniziare la sua carcerazione e, conseguentemente, il Tribunale di sorveglianza che dovrà occuparsi dell'espiazione della sua pena".

La condanna definitiva.

La prima sezione penale della Cassazione (Presidente Monica Boni) aveva rigettato il 16 maggio scorso il ricorso della difesa, Cattafi era presente in aula assieme al figlio al momento della lettura del dispositivo, confermando la sentenza - emessa in sede di rinvio dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria - di condanna a 6 anni di reclusione, come anche sollecitato in udienza dal sostituto pg della Suprema Corte Assunta Cocomello.

Cattafi era stato arrestato nel 2012 nell'ambito dell'operazione 'Gotha 3' condotta dalla Dda di Messina e dai Carabinieri del Ros, con l'accusa di essere a capo della cosca di Barcellona Pozzo di Gotto.

Condannato a dodici anni di reclusione, per effetto della diminuzione del rito abbreviato, dal gup di Messina il 16 dicembre 2013, aveva ottenuto la riduzione della condanna a sette anni e l'esclusione dell'aggravante di capoclan dalla Corte di appello di Messina il 24 novembre 2015. L'1 marzo 2017 la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, accogliendo il ricorso del difensore di Cattafi, l'avvocato Salvatore Silvestro, aveva annullato la sentenza con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Reggio Calabria. La Corte reggina il 6 novembre 2021 aveva confermato la condanna di Cattafi con una motivazione che aveva sottolineato il suo importante ruolo di cerniera fra Cosa Nostra e il potere legale, rideterminando la pena in sei anni di reclusione.

I giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria avevano scritto nelle motivazioni della sentenza come Rosario Pio Cattafi, "almeno dall’ottobre del 1993 al marzo del 2000, abbia fatto parte della cosca mafiosa barcellonese".
La sentenza venne successivamente impugnata dalla difesa di Cattafi.

Il 16 maggio la sentenza definitiva, con la quale Cattafi è stato anche condannato a rifondere le spese sostenute dalle parti civili nel processo. Nel corso dello stesso processo Cattafi era già stato condannato anche per calunnia, commessa ai danni dell'avvocato Fabio Repici e del collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano. Per la calunnia la sua condanna è diventata irrevocabile già l'1 marzo.