Cresta sullo stipendio di un dipendente, Lino Siclari e la sorella Barbara condannati a 3 anni e 4 mesi di reclusione
Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in composizione monocratica con Anna Elisa Murabito, ha condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione l'architetto messinese Pasquale “Lino” Siclari, che fu azionista di riferimento e presidente della fallita società “Aicon Spa”, l’azienda di Giammoro che produceva yacht, e la sorella Barbara, capo del personale, difesi entrambi dall’ avvocato Gaetano Barresi del foro di Messina.
La vicenda giudiziaria si conclude dopo circa 10 anni con la condanna alla suddetta pena della reclusione di Siclari Pasquale e Siclari Barbara, al pagamento di 600 euro di multa oltre al pagamento delle spese processuali, per entrambi. Il giudice ha dichiarato gli imputati interdetti dai pubblici uffici per la durata di anni cinque e condannato entrambi in solido al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita Santo Bertè. Il magistrato ha inoltre condannato gli imputati in solido alla refusione delle spese processuali e della difesa sostenute dalla parte civile rappresentata dagli avvocati Candido Bonaventura e Paola Pirri. Entro 90 giorni saranno depositate le motivazioni della sentenza emessa ieri, 20 giugno. I fratelli Siclari, si legge nel capo di imputazione, erano imputati “per il delitto previsto epunito dagli articoli 110 e 629 del codice penale perché, Siclari Pasquale in qualità di legale rappresentante della Soc. Aicon Yachts s.p.a. e Siclari Barbara, sorella del primo e responsabile del personale, mediante minaccia di licenziamento, costringevano B. S ad accettare una riduzione dello stipendio”.
In particolare, mediante l'espressa minaccia di procedere ai licenziamento o alla "messa in solidarietà" se non avesse acconsentito alla riduzione dello stipendio, nonché facendo pervenire alla parte offesa una nota di formale contestazione di infrazione (che annullavano lo stesso giorno in cui il lavoratore accettava la riduzione dello stipendio) con la quale rappresentavano falsamente che l’ uomo non aveva sufficientemente controllato e coordinato le lavorazioni affidate alle ditte e esterne
CP, Simedi Astra Yachts) e al personale Aicon, costringevano il lavoratore ad accettare una riduzione dello stipendio da 1.900 circa a 1.500 euro. “ Così facendo - prosegue il capo d'imputazione - si procuravano un ingiusto profitto corrispondente danno del dipendente".