L’opinione: Messina, tra “Dinastie” e “Satrapie”
Riceviamo e pubblichiamo una nota del Gruppo di Iniziativa e Resistenza Civica “RispettoMessina”.
Nelle ultime elezioni amministrative, oltre al dato che riguarda quella che ormai è divenuta una costante anche in altri tipi di competizione elettorale, ovvero l’aumento delle astensioni dal voto con una conseguente diminuzione della partecipazione democratica, è emerso un altro elemento che andrebbe opportunamente analizzato.
Quale la presenza sempre più estesa di candidati a sindaco, liste e coalizioni di impronta “civica”, o comunque facenti parte di aggregazioni formate da gruppi civici e soggetti politici vari.
Ciò ha fatto tornare in auge il termine, desueto, di “cittadini politici”.
Un concetto che racchiude un “progetto”, che è stato messo da parte a causa della scissione fra i due termini che lo compongono.
Perché, quando ci si dimentica di essere “cives” e cioè appartenente alla “polis”, e di conseguenza partecipe di ciò che avviene e si matura nella comunità, ci si limita ad essere soltanto “elettore passivo”, che riscopre il proprio ruolo partecipativo solo al momento delle varie occasioni elettorali, od, addirittura, “suddito” che delega acriticamente e totalmente le proprie scelte ed il proprio futuro ad altri.
Ed è a causa della prevalenza degli elettori passivi e dei sudditi che nasce e si diffonde, talvolta in modo invasivo, la subcultura del clientelismo e del particolarismo .
Ed è naturale che tale subcultura, trasformatasi in prassi asfissiante e quindi “sistema”, soprattutto in tante realtà del Meridione, generi una classe politica amministrativa ed una intera classe dirigente che spesso nel particolarismo agisce ed opera.
Tale poco edificante logica gestionale fatta di favoritismi, elargizioni e privilegi viene riscontrata, d’altronde ,anche nella nostra realtà cittadina, in cui, però, emerge anche un altro “fenomeno sociale” che ne ha sempre condizionato il suo” modo di essere”.
E ci riferiamo alla presenza diffusa nel tessuto sociale cittadino delle cosiddette “dinastie”.
Dinastie presenti in settori importanti e “di potere” della vita pubblica,che hanno dato luogo, nel corso degli anni, ad una sorta di “contropotere familistico trasversale”, che ha finito con il costituire un elemento di condizionamento del “contesto ambientale” messinese fino ad oggi, e divenendo uno dei fattori che hanno portato all”aumento esponenziale della fuga dalla città di giovani e non solo in cerca di un futuro diverso.
Contropotere con sfumature oligarchiche, a cui negli ultimi anni si è andato affiancando un “sodalizio politico-economico”, al cui interno vige un bieco e cieco fideismo che sfiora “l’idolatria”, e che risponde ad una logica privatistica che si è andata sovrapponendo a certe realtà istituzionali ed operative, utilizzando metodi che potrebbero richiamare piccole e grandi “satrapie”.
Una realtà fatta da soggetti in larga parte estranei al vissuto ed alle storia della città, che, godendo di certe complicità e grazie a leggi elettorali assurde, sta dando luogo da cinque anni ad una gestione politica ed amministrativa, sia al Comune di Messina che alla Città Metropolitana, totalitaria e totalizzante, con l’utilizzo anche del meccanismo dello “scambio” in maniera palese, fino a dargli quasi una veste “istituzionalizzata”.
Tutti questi elementi, insieme al protrarsi di una crisi sociale grave che non può essere celata da feste e festini, hanno portato ad una disaffezione sempre più crescente alla partecipazione democratica al voto anche in occasione delle elezioni amministrative comunali dello scorso anno e non solo, che ha portato al prevalere del cosiddetto “voto organizzato”, facendo sorgere in ampie fasce della popolazione pessimismo, fatalismo, indifferenza e rassegnazione.
Riteniamo, invece, che per contrastare quanto stiamo denunciando sia più che mai il tempo di una ripresa di un impegno attivo e fattivo sia nei soggetti politici che nelle realtà civiche che intendano contrastare tale situazione.
Passando, però, dal “Civismo” che guarda e riguarda una “comunità”, e si fonda su una visione legata in maniera specifica a detta realtà ed a problemi settoriali, a quel “Civismo Politico” che guarda sì alla realtà locale ma nel contesto di realtà più ampie, quali possono essere quella regionale e nazionale, ed evidenziando quindi una condivisione di “valori”; e che, di conseguenza, non può operare che contro qualsiasi tipo di tentazione assolutistica e di “regime”.