14 Novembre 2023 Sport Cultura Spettacolo

Teatro: Crisotemi, Hikikomori ad Argo. I personaggi di un celebre mito greco rivivono il nostro mondo di solitudini incomunicanti nell’ultimo lavoro teatrale di Alessandra Fazzino

Di Tonino Cafeo - Nella mitologia greca Crisotemi è una delle figlie di Agamennone, protagonista dell’Iliade, e di Clitennestra. Molto meno nota delle sorelle Ifigenia ed Elettra e del fratello Oreste; la prima sacrificata per propiziare la spedizione dei greci a Troia, gli altri due implicati nella vendetta contro la madre e il suo amante Egisto, colpevoli di avere ucciso il re appena ritornato dalla guerra, è appena citata nell’Iliade e nelle opere di Sofocle e di Euripide per non avere partecipato ai fatti di sangue che hanno decimato la propria famiglia.

Crisotemi è perciò, nella saga degli Atridi, che si dipana fra i poemi omerici e il ciclo di tragedie dell’Orestea, il personaggio che riveste il ruolo del testimone dell’orrore, colei che pur di non rendersi complice di una storia che gronda sangue ne accetta passivamente le conseguenze e si rinchiude nella paura di agire e quindi di vivere.

Queste caratteristiche la rendono un simbolo universale al pari delle sorelle e del fratello e le hanno regalato molte vite letterarie anche nel nostro tempo: ne hanno parlato Hugo Von Hoffmansthal, Richard Strauss e il poeta neoellenico Ghiannis Ritsos, i più importanti precedenti di Crisotemi, Hikikomori ad Argo, Il testo di Francesco Randazzo andato in scena venerdì scorso al teatro Padre Annibale di Messina per la regia e l’interpretazione di Alessandra Fazzino, secondo appuntamento della rassegna Il Miglior tempo della nostra vita, che festeggia i quarant’anni di attività della compagnia Nutrimenti Terrestri.

La Crisotemi di Randazzo e Fazzino vive autoconfinata in uno spazio ristretto, una bolla dalle pareti invisibili quanto invalicabili, nell’illusione di annullare così il dolore per le ferite inferte dalle tragedie familiari. Ma i personaggi della sua storia violano questo esilio mentale e si presentano in scena sottoforma di personalità multiple, rendendola così una donna “abitata” da un intero ciclo mitologico. C’è Elettra, frivola e cinica, orgogliosa dell’amore smisurato che prova per il padre Agamennone, c’è Oreste, che indossa i panni contemporanei del mafioso siciliano e ostenta un marcato accento palermitano insieme al senso di impunità per avere ottenuto il perdono dal Tribunale degli Dei, contradetto dalla paura di un fantasma che lo perseguita a sua volta.

Nelle pause fra un’irruzione e l’altra, Crisotemi si difende dal flusso di ricordi aggrappandosi a gesti e pensieri minimali che cuce insieme per illudersi di vivere un’esistenza banale e rassicurante.

Alessandra Fazzino, che proviene dal mondo della danza e da una rigorosa formazione presso l’Accademia teatrale dell’Istituto del dramma antico di Siracusa, rende credibile questa epica dell’introversione con una gestione accorta dei movimenti e della voce. In un’ora di monologo senza significativi cali di ritmo, il vissuto della protagonista e la riflessione di carattere universale si armonizzano perfettamente e accompagnano gli spettatori in un viaggio in cui ognuno potrà ritrovare ansie e perplessità che gli sono familiari.

Il richiamo del titolo della pièce all’Hikikomori, al fenomeno-cioè- degli adolescenti che scelgono di vivere rinchiusi in cameretta, è esplicitato nelle note di regia, nelle quali Fazzino manifesta l’esigenza di dare un senso “Alla precarietà, al senso di svilimento, di impotenza” provocato dal Covid e dal successivo scoppio della guerra in Ucraina. Per l’attrice e regista siracusanala fragilità di Crisotemi è la stessa che “si legge sul viso di tanti giovani che hanno perso il senso del futuro sopraffatti dal fallimento degli adulti”. A questi  e a tutti noi, si offre, attraverso la rilettura di un classico antico, un aiuto “a cambiare anche di poco la direzione dello sguardo” sul mondo e sulla vita. Una mission che questo lavoro è in grado di portare a compimento con efficacia, senza avere la pretesa di rispondere a tutte le domande che un classico lascia aperte per definizione.