7 Febbraio 2024 Giudiziaria

Il processo sulle presunte tangenti a MessinAmbiente si chiude con una condanna e tre dichiarazioni di prescrizione

Si chiude con una condanna e tre dichiarazioni di prescrizione il processo sulle presunte tangenti a MessinAmbiente, per un’inchiesta dell’ormai lontano novembre del 2015. Solo ieri pomeriggio s’è celebrata l’ultima puntata del processo di primo grado. Si tratta dell’ultima inchiesta che in ordine di tempo s’è occupata di MessinAmbiente, il “pozzo senza fondo” di parecchie amministrazioni comunali che s’è occupata di gestione dei rifiuti per quasi un ventennio.

Il processo - scrive il quotidiano Gazzetta del sud nel dare la notizia - si è concluso ieri davanti alla seconda sezione penale del tribunale presieduto dalla giudice Maria Eugenia Grimaldi. Riguardava in prima battuta anche Armando Di Maria, l’ex commissario liquidatore dell’azienda, che nel frattempo è deceduto, e riguardava ora l’ex responsabile amministrativo contabile Antonino Inferrera, gli imprenditori Marcello De Vincenzo e Francesco Gentiluomo, e infine il broker assicurativo di Milazzo Antonino Buttino.

La sentenza. A Inferrera sono stati inflitti 4 anni e mezzo di reclusione per l’ipotesi di peculato, mentre sono state cassate dai giudici con la prescrizione le ipotesi di corruzione per lo stesso Inferrera e poi per De Vincenzo, Gentiluomo e Buttino. A carico di Inferrera anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, la confisca del profitto del reato, circa 5mila euro, e il risarcimento dei danni alle parti civili.

Il 14 novembre dello scorso anno era stata la pm Giulia Falchi a rassegnare le conclusioni per conto della Procura. Ed aveva chiesto ai giudici di condannare Inferrera a 5 anni di reclusione, e poi De Vincenzo, Gentiluomo e Buttino a 4 anni. Aveva poi preso atto della prescrizione, chiedendo che venisse declarata in sentenza, per le ipotesi di truffa e abuso d’ufficio.

Da quest’inchiesta congiunta polizia-carabinieri venne fuori uno spaccato parecchio inquietante. La Procura contestò tra l’altro la costante violazione della normativa prevista dal Codice degli appalti sull’acquisizione di servizi e forniture da parte di enti e società pubbliche. E mentre si sperperava il denaro pubblico i bilanci si chiudevano sistematicamente in “rosso”. Secondo la Procura, che all’epoca approfondì un esposto inviato dal sindaco Renato Accorinti, i vertici di MessinAmbiente nel periodo di gestione, fino al marzo del 2014, avrebbero violato sistematicamente la normativa prevista dal Codice degli appalti per l’acquisto di forniture e servizi da parte di enti e società pubbliche, senza mai espletare alcuna gara.

«Una spaventosa macchina mangiasoldi», la definì in conferenza stampa a suo tempo il procuratore capo Guido Lo Forte. Di Maria e Inferrera avrebbero affidato a De Vincenzo la manutenzione dei cassonetti, procurandogli un guadagno di 2 milioni e 600 mila euro. A Gentiluomo sarebbe stato invece assicurato un guadagno di un milione di euro per la manutenzione dei veicoli. Infine, i due avrebbero affidato a Buttino i servizi assicurativi, per circa 350mila euro, con una commissione del 15%. In cambio i tre imprenditori avrebbero fatturato finte consulenze a Inferrera.