26 Febbraio 2024 Attualità

Rispetto al 2023, meno 23% di acqua nelle dighe dell’Isola. Dati drammatici rilevati nell’ultimo Report dell’Autorità regionale di bacino

L’Isola si risveglia sotto la pioggia, ma l’incubo siccità continua e se nei primi mesi dell’anno nuovo, nonostante le abbondanti precipitazioni registrate in alcune aree per circa una settimana dopo l’Epifania, gli agricoltori avevano rilanciato l’allarme sullo stato degli invasi siciliani, adesso arriva la conferma ufficiale, che avalla, se ce ne fosse ancora bisogno, la dichiarazione dello stato di calamità naturale ufficializza dalla Regione lo scorso 9 febbraio: considerando tutte le dighe del territorio, manca il 23% di acqua rispetto allo stesso periodo del 2023, e siamo ancora in inverno.

È quanto emerge dall’ultima rilevazione dell’Autorità regionale di bacino, pubblicata venerdì scorso e aggiornata al primo febbraio, che al confronto con un anno fa, in termini assoluti, conta un ammanco di 90 milioni di metri cubi di risorsa idrica: è come se il contenuto di due laghi di medie dimensioni fosse evaporato.

Per capire meglio l’escalation, basta guardare i due report precedenti, elaborati a tra dicembre e gennaio, quando il deficit d’acqua è passato da -13 a -18%, segno che, mentre le temperature si mantenevano sopra la media stagionale e i coltivatori continuavano ad irrigare alcune produzioni come ortive e agrumi, le piogge di inizio anno non sono riuscite nemmeno a scalfire la situazione di siccità severa.

Che in alcune strutture ha superato picchi del -50%, come nel caso dell’invaso Castello, nell’Agrigentino, la cui portata, nel giro di 12 mesi, si è più dimezzata passando da 17 a 8 milioni di metri cubi d’acqua. Ma non se la passano molto meglio il lago Garcia e le dighe Rosamarina e Poma, che nel Palermitano toccano, rispettivamente, flessioni del 47, 46 e 25%.

A fare da contraltare, segnando dei rialzi su base annuale, restano pochissimi bacini, e tutti con aumenti risibili. Tra questi c’è l’Arancio, che nell’Agrigentino, anche se a volume ridotto della metà rispetto alle sue capacità, presenta tre milioni di metri cubi in più. Ma dietro la crescita c’è sempre la stessa beffa, dal nome “alga rossa”, il cianobatterio potenzialmente tossico che per mesi ha bloccato l’uso irriguo della risorsa proveniente dal fiume Carboj, mantenendo così i livelli idrici sopra le asticelle di guardia, fino al via libera all’irrigazione avvenuto qualche giorno fa, nell’attesa del referto definitivo del secondo campionamento effettuato dall’Arpa – in cui primi risultati non promettono bene.