20 Marzo 2024 Attualità

PIERO CAMPAGNA SI CONFESSA A “VITE SPERICOLATE”: “Lo Stato ha sconfitto noi, non certo la mafia”

Di Antonio MazzeoL’omicidio della diciassettenne di Saponara, Graziella Campagna, la notte del 12 dicembre 1985. Una storia infinita, la definisce il fratello Piero, ex carabiniere, una vita intera trascorsa a ricercare le ragioni, i mandanti e gli esecutori del sequestro e dell’assassinio della sorella. Il dolore è lo stesso di quando, quarant’anni fa, identificò a Forte Campone, sopra Villafranca Tirrena, il corpo di Graziella barbaramente sfigurato dai pallettoni di lupara.

Anche la rabbia è la stessa. No, forse è cresciuta:per la giustizia e le verità processuali negate, per gli ignobili depistaggi perpetrati durante le indagini, per l’omertà che si respirava e si respira ancora tra i comuni tirrenici della provincia di Messina. “Lo Stato ha sconfitto noi, non certo la mafia”, commenta amaramente Piero Campagna. “E i veri assassini di mia sorella sono liberi…”. Sì, perché Piero continua a non credere che abbiano agito da soli i mafiosi palermitani Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera, condannati con sentenza passatin giudicato quali autori della morte di Graziella.

Chi li ha coperti e protetti durante la loro latitanza dorata a Villafranca Tirrena? C’era innanzitutto l’innominabile don locale, riverito e omaggiato da marescialli dei carabinieri, magistrati, avvocati, imprenditori, docenti universitari, medici. C’era poi – lo stesso di oggi - un tessuto sociale fatto di contiguità e cointeressenze, impermeabile ai desideri di cambiamento e trasformazione democratica. Intollerante ed escludente: ed anche per questo il territorio peloritano è segnato dalla fuga migratoria dei giovani, i più capaci, i più brillanti, i sognatori e gli idealisti.

Piero Campagna, oggi nonno e pensionato, continua ad essere un fiume in piena: fa nomi e cognomi, rivela le ipocrisie delle istituzioni e della politica, denuncia ingiustizie e menzogne. Con immutato coraggio punta il dito contro quegli appartenenti all’Arma che lo hanno tradito, sabotando le indagini e occultando le prove dell’omicidio di Graziella. Ma è profondamente grato alle persone che sono state vicine alla famiglia o che hanno contribuito con sacrificio a svelare l’identità criminale della sonnolenta borghesia locale, primo fra tutti l’avvocato di parte civile, Fabio Repici.