La decisione dei giudici del Tribunale di sorveglianza di Milano: Cattafi è «socialmente pericoloso». Non potrà spostarsi dalla provincia
Il mafioso ed ex avvocato barcellonese Rosario Pio Cattafi, condannato in via definitiva a sei anni di reclusione come “organico” a Cosa nostra barcellonese fino al 2000, e scarcerato di recente per fine pena il 25 novembre scorso dalla struttura di Milano-Opera, è da ritenere un soggetto «socialmente pericoloso». È questa la decisione finale nei suoi confronti adottata dai giudici del Tribunale di sorveglianza di Milano - come rivela oggi il quotidiano Gazzetta del Sud - che hanno dichiarato come esecutiva la misura della sorveglianza speciale per due anni, che a suo tempo era stata adottata nella sentenza della maxi operazione antimafia “Gotha 3”.
La prescrizione specifica per i prossimi due anni è che non potrà allontanarsi dalla provincia di Messina, salvo le autorizzazioni concesse per singoli casi dall’autorità giudiziaria. A giocare un ruolo decisivo sul provvedimento adottato dalla Sorveglianza di Milano è stata probabilmente la relazione trattamentale finale di osservazione dalle direttrice del carcere di Milano-Opera, Stefania D’Agostino, che è poi il compendio delle varie attività di monitoraggio effettuate durante l’ultimo e conclusivo periodo di detenzione sopportato da Cattafi in quella struttura («... il modo di porsi con gli operatori e i detenuti è appropriato, tipico del colletto bianco»).
In un passaggio della relazione viene evidenziato come «... nell’attualità, egli respinge fermamente il 416 bis. Nel commentare la sentenza, il detenuto affermava di non essere stato a conoscenza delle implicazioni malavitose del Gullotti di cui era stato testimone di nozze e asseriva di essere totalmente estraneo a logiche e a frequentazioni mafiose che, per di più, disprezzava. Ma le argomentazioni a salvaguardia in merito all’intera vicenda penale riprendevano quelle riportate in sentenza», ed ancora «... le manifestazioni di disprezzo per la mafia e le affermazioni di promuoverne il distacco in sezione almeno in relazione a certi compagni, restavano quindi prive di riscontri oggettivi».
Nella relazione - scrive ancora il quotidiano - viene anche evidenziato che «... riprendendo i tratti delineati nella precedente relazione di sintesi, l’Equipe non può che riconoscere al soggetto strumenti e modi di relazionarsi con gli Operatori appropriati e caratterizzati da buona disponibilità al confronto sui fatti. D’altro canto, questa stessa dialettica non sfocia in chiare assunzioni di responsabilità, rimanendo confinata a un riconoscimento dichiarato e formale delle Istituzioni».
Nel marzo scorso la Cassazione aveva messo la parola fine alla vicenda giudiziaria di Cattafi, dichiarando inammissibile il ricorso straordinario che aveva presentato il suo difensore, l’avvocato Salvatore Silvestro, dopo la definitività della sentenza. Da quel momento per Cattafi si erano aperte le porte del carcere per scontare la condanna residuale del procedimento “Gotha 3” su Cosa nostra barcellonese, e lui stesso si era consegnato nella struttura di Milano-Opera.
I giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria, per la penultima sentenza di questa storia, che risale al 2021, confermata poi in Cassazione nel 2023, scrissero come Rosario Pio Cattafi «almeno dall’ottobre del 1993 al marzo del 2000, abbia fatto parte della cosca mafiosa barcellonese». La corte reggina, con una motivazione che sottolineò il suo importante ruolo di «cerniera» fra Cosa nostra e il potere legale, rideterminò la pena in 6 anni rispetto alle decisioni precedenti. Cattafi venne definito in sentenza anche un “colletto bianco” della mafia barcellonese, ed anche un elemento di raccordo per anni fra Cosa nostra e gli apparati istituzionali deviati. Cattafi fu arrestato nel 2012 nell’ambito dell’operazione Gotha 3 condotta dalla Dda di Messina e dai carabinieri del Ros, con l’accusa iniziale di essere a capo della cosca di Barcellona.