
Lo scontro D’Amato-Calderone: Lettera del procuratore di Messina manda Forza Italia su tutte le furie. “Ascolti oltre 45 giorni per i reati contro la PA”
Di Liana Milella - In vigore solo da due settimane. Ma la nuova legge sulle intercettazioni bloccate dopo 45 giorni già scatena l’ennesima guerra sulla giustizia tra Forza Italia e le toghe. Per giunta alla vigilia dell’incontro di mercoledì con l’Anm. I pm leggono il testo, lo interpretano e lo applicano escludendo dalla stretta i reati contro la Pubblica amministrazione, da sempre fumo negli occhi dei berlusconiani. È il procuratore di Messina, Antonio D’Amato, eminente toga di Magistratura Indipendente, a scrivere le sette pagine che scatenano la collera di Enrico Costa e Tommaso Calderone, deputato forzista di Barcellona Pozzo di Gotto, grande comune del Messinese con tanto di tribunale, nonché avvocato e capogruppo in commissione Giustizia.
Lui è furibondo. “Non credo ai miei occhi. Si svela l’arcano. La procura dice ai gip come interpretare la legge. Un testo inviato pure all’Ordine degli avvocati e alla Camera penale. Tutti si devono adeguare al pensiero ‘eletto’ della procura. Bisogna separare subito le carriere!”. Costa a sua volta si scatena: “Ecco come cancellare, con un’applicazione distorta, una legge appena approvata dal Parlamento”. E ancora: “Adesso bisognerà scrivere subito una norma d’interpretazione autentica”. Per chiudere così:
“La vera notizia è che i pm hanno già ammazzato la legge Zanettin”.
Inutile tentare di spiegare a entrambi che D’Amato non è un giudice di sinistra, ma da sempre una toga “nera”. Costa e Calderone non gli perdonano di usare pure le informative della Polizia giudiziaria quali “elementi specifici e concreti” per andare oltre i 45 giorni. E Costa ricorda come, ancora in Transatlantico, appena approvata la legge, disse subito: “Non c’illudiamo, come altre volte, tenteranno di eludere la norma e di piegarla con interpretazioni creative”. Ma quello che brucia di più è la partita dei reati dei colletti bianchi. Perché D’Amato segue la linea, già oggetto di un’aspra contesa, del professore di Diritto penale della Statale di Milano Gian Luigi Gatta, che in audizione aveva scoperto il palese errore per cui il testo Zanettin “non si applica a corruzione e delitti contro la Pa perché una legge del 2017 aveva parificato queste intercettazioni a quelle senza limite delle mafie”. Costa è contro, tant’è che “sono stati respinti emendamenti che volevano ampliare il novero dei reati”. Calderone è tranchant: “Il limite dei 45 giorni si applica anche ai reati contro la Pa e sono disponibile a dimostrarlo tecnicamente davanti a chiunque. Se si concretizzerà la solita giurisprudenza creativa, sarò pronto a chiedere una norma d’interpretazione autentica”. Ma eccoci di nuovo a D’Amato. Per lui la nuova legge fissa il criterio che l’assoluta indispensabilità “non sia frutto di un’ipotesi, ma sia legata a elementi specifici e concreti”. Quindi “appare legittima la proroga” se essi siano emersi anche “da fonti di prova di carattere dichiarativo, documentale o di altra natura”. Come in un’indagine di droga “in cui dalle attività della Pg emergano concrete attività di spaccio in cui sia coinvolto il soggetto titolare dell’utenza intercettata”. E l’ascolto può proseguire se “il coinvolgimento di un soggetto emerga non già dall’intercettazione a suo carico, ma da quella a carico di altri”. E ancora “se dalle indagini emerga la necessità di disporre un’attività investigativa che possa anche valere da stimolo per le intercettazioni”. La proroga riguarderà “tutte le utenze e gli ambienti riferibili al soggetto”. E se, ad ascolto già chiuso, dall’indagine verranno fuori elementi nuovi, la microspia potrà ripartire. Tocco finale, l’elenco dettagliato dei reati di corruzione che restano fuori dalla tagliola dei 45 giorni, peculato, concussione, corruzione in atti giudiziari e per atto contrario ai doveri di ufficio, l’induzione indebita a dare o promettere utilità. Fonte: Il fatto quotidiano