4 Maggio 2025 Giudiziaria

Sonia Alfano: ”La mafia comunica sui social, lo Stato deve reagire subito”

Su TikTok è stata pubblicata una storia da un detenuto, dall’interno del carcere di Genova: annunciava che presto sarebbe uscito e riceveva decine di commenti entusiastici da ogni parte d’Italia. La mafia ha oggi nuovi canali di comunicazione e reclutamento, che assicurano ramificazioni ovunque”. A dirlo, durante un’intervista ai microfoni di Repubblica, è stata Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe Alfano, assassinato dalla mafia nel 1993, e attiva ormai da anni contro la criminalità organizzata. L’episodio di cui ha parlato Alfano non è certamente l’unico; anzi, quanto avvenuto si inserisce all’interno di un contesto molto più ampio, che dimostra come la mafia abbia adottato nuove tecniche e canali di comunicazione, capaci di oltrepassare i soliti confini geografici e sociali. “Ecco perché - ha sottolineato - dobbiamo ragionare in maniera emergenziale e non possiamo utilizzare gli strumenti ordinari”. Sonia Alfano è attesa nelle prossime ore a Genova per una serie di incontri con alcune associazioni e rappresentanti politici. La scelta della città non è certamente casuale: la Liguria - come ha spiegato l’ex europarlamentare - è ormai da anni un territorio ad alta infiltrazione mafiosa. Lo confermano anche le parole del colonnello Maurizio Panzironi, a capo della Direzione investigativa antimafia ligure, che ha parlato apertamente di una presenza ben consolidata sul territorio da parte di Cosa nostra, ‘Ndrangheta e Camorra. “Mi sono occupata del contesto genovese quando presiedevo la Commissione Antimafia del Parlamento europeo: c’è un grosso radicamento della famiglia di Rocco Morabito. Sembra tutto suddiviso - ha precisato Alfano -: Cosa nostra si occupa di logistica, la ‘Ndrangheta della movimentazione terre, la Camorra della ristorazione. Ma avviene anche che si scambino i ruoli”. E aggiunge: “Ricordiamo l’associazione a delinquere messa in piedi da Morabito e Fotia, importando dal Sudamerica e dalla Spagna ingenti quantitativi di droga attraverso il porto di Genova. Così il caso della nave cargo Adelaide di MSC, proveniente dal Brasile, su cui sono stati sequestrati 430 chili di droga per un valore di 30 milioni di euro. Nel nostro Paese nessuno è immune, e un tessuto come quello di Genova, con un porto così importante, è un luogo esposto. Sottovalutare le infiltrazioni significa facilitare il lavoro alle mafie”. Altro nodo cruciale è la gestione dei beni confiscati alle mafie. A Genova ce ne sono almeno una settantina, peccato che molti di questi restino inutilizzati o gestiti male a causa della mancanza di fondi. “Non riuscire a restituire questi beni ai cittadini è una doppia disfatta: i cittadini non possono fruire del bene e la mafia gode dell’incapacità dello Stato”. Ma il problema - ha precisato la nota attivista - è molto più ampio. L’allarme riguarda, infatti, anche il ritorno in libertà di molti boss storici, che una volta usciti dal carcere non mostrano alcun segno di pentimento, anzi ribadiscono con fierezza la loro appartenenza mafiosa. Contemporaneamente, la mafia “su TikTok adesca e addestra centinaia di ragazzini”. “Si è visto dopo la strage di Monreale: il ragazzo arrestato – ha ricordato Alfano – rivendicava sul social ciò che aveva fatto e centinaia di profili del quartiere Zen lo sostenevano. Così funzionano le dirette TikTok dall’interno delle carceri, che fanno dei detenuti di mafia degli eroi. Ci troviamo davanti a un bivio: se perdiamo, dimostriamo di non avere rispetto per chi, come mio padre, ha perso la vita in questa battaglia”.