18 Maggio 2025 Giudiziaria

Asp di Trapani, il tribunale respinge il ricorso di Croce

Il tribunale del lavoro di Trapani ha respinto il ricorso del direttore generale dell'Asp Ferdinando Croce contro la decisione della Regione che ne aveva deciso la sospensione a seguito dello scandalo dei referti istologici consegnati con molti mesi di ritardo ai pazienti. La Regione potrebbe adesso procedere alla revoca dell'incarico. Croce aveva fatto ricorso contro la sospensione e presentato un dossier di circa cento pagine in cui metteva sotto accusa i vertici dell'assessorato alla Salute. Domani, (lunedì) Croce dovrebbe incontrare l'assessora regionale Daniela Faraoni.

«La domanda non può essere accolta in quanto, a prescindere dal riscontro della sussistenza del requisito del fumus boni iuris, difetta quello (parimenti indispensabile per la concessione del provvedimento cautelare atipico) del periculum in mora».

Lo scrive il Giudice del Lavoro del Tribunale di Trapani, Dario Porrovecchio, motivando il non accoglimento del ricorso presentato dall’ex direttore generale dell’Asp di Trapani Ferdinando Croce (nella foto) contro la sospensione dalla carica di dg decisa dalla Regione per il caso relativo ai ritardi dei referti istologici.

«Occorre premettere che la domanda cautelare presuppone, ai fini dell’accoglimento, non solo l’accertamento dell’esistenza del fumus boni iuris, da intendersi come probabile esistenza del diritto fatto valere, ma ancor prima la sussistenza del c.d. periculum in mora da ravvisarsi in una situazione di pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile suscettibile di verificarsi nelle more del futuro (eventuale) giudizio di merito” si legge nell’ordinanza del Giudice del Lavoro di cui Insanitas ha avuto visione.

«Al riguardo è opportuno ricordare come, per giurisprudenza costante, nel procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., il periculum in mora va ravvisato non in presenza di una qualsiasi violazione di diritti del lavoratore, ma solo nel caso in cui tale lesione, in quanto incidente su posizioni giuridiche soggettive a contenuto non patrimoniale ed a rilevanza in genere costituzionale a quel diritto strettamente connesse, sia suscettibile di pregiudizio non ristorabile per equivalente” aggiungono dal Tribunale del Lavoro.

Ed ancora: «In particolare, non tutte le ipotesi in cui sia in contestazione il diritto ad essere assunto (ovvero a mantenere un incarico) implicano necessariamente per il lavoratore il rischio di un pregiudizio imminente e, soprattutto, irreparabile, a meno di non voler giungere alla aberrante conclusione che ogni controversia di tale natura legittimi di per sé il ricorso al procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., con sostanziale abolizione del requisito legale del periculum in mora.

«Il ricorrente in urgenza deve, invece, allegare e dimostrare in questo tipo di controversie l’imminenza e l’irreparabilità in concreto del pregiudizio che possa derivargli durante il tempo occorrente per fare accertare in un giudizio ordinario il suo presunto diritto all’assunzione (o al mantenimento dell’incarico), dato che, in ipotesi di statuizione favorevole, egli potrebbe sempre ottenere il risarcimento dei danni- sottolinea il Giudice del Lavoro- Il requisito del periculum assume una valenza ancor più pregnante allorché, come nell’odierno giudizio, venga in esame non già un provvedimento definitivo, bensì un provvedimento interdittivo per sua natura provvisorio e destinato a cessare di efficacia in un breve lasso temporale (di 60 giorni) o comunque ad essere assorbito, in un senso o nell’altro, dal provvedimento definitivo del procedimento”.

«Ciò non significa, ovviamente, escludere la possibilità di una tutela cautelare avverso un provvedimento di natura provvisoria, ma evidenziare che è rispetto a tali specificità del provvedimento che devono vagliarsi in concreto i presupposti della tutela cautelare. La natura anticipatoria e sommaria tipica della cognizione nel giudizio cautelare, con l’affievolimento di garanzie ed elementi probatori che ne consegue, impone quindi nel giudizio in esame una valutazione ancor più severa e stringente del requisito del periculum”.

Inoltre il Giudice del Lavoro sottolinea che queste considerazioni “valgono anche a fronte di una eventuale proroga del provvedimento, fermo restando che allo stato non risultano esigenze sopravvenienti o elementi concreti da cui desumere che il procedimento decadenziale non si esaurirà entro il termine di efficacia della sospensione, e che comunque un’eventuale proroga ai sensi dell’art. 21 quater della legge 241/1990 potrebbe avvenire per una sola volta e per un tempo non superiore a quello originariamente previsto”.

Quindi «era dunque specifico onere del ricorrente allegare e dimostrare il pregiudizio imminente e irreparabile a beni di primaria rilevanza configurabile nel lasso temporale di efficacia del provvedimento di sospensione e nelle more dell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento».

Secondo il Tribunale del lavoro in questo caso «gli elementi dedotti a sostegno dell’istanza cautelare appaiono insufficienti ad integrare il periculum in mora come sopra declinato».

Anzitutto «l’esigenza di cautela non può essere correlata alla transitorietà del provvedimento impugnato e all’imminenza della conclusione dell’iter procedimentale, poiché ciò equivarrebbe a ritenere il provvedimento interdittivo sempre e di per sé ricorribile in via d’urgenza, con sostanziale elusione dei presupposti tipici dello strumento cautelare, escludendo a priori la riparabilità del danno in forma risarcitoria o specifica nel giudizio di merito».

«Quanto all’asserito pregiudizio derivante dalla sua assenza in Azienda nel corso delle attività ispettive, a prescindere dalla eccessiva genericità delle allegazioni sull’asserita omissione di atti a sostegno dell’operato del D.G., il paventato rischio va comunque escluso, atteso che il procedimento si svolge nel contraddittorio con la previsione di apposite garanzie difensive che prescindono dalla permanenza del ricorrente nello svolgimento effettivo delle funzioni di Direttore Generale».

«Neppure il lamentato danno alla reputazione derivante dalla c.d. gogna mediatica può giustificare il chiesto provvedimento cautelare, sia perché il clamore mediatico sui gravi ritardi e le inefficienze dell’ASP di Trapani, di cui il Direttore Generale è figura apicale e rappresentante anche agli occhi dell’opinione pubblica, non è certo stato determinato dalla sospensione del D.G. ma preesisteva già all’avvio dell’ispezione e del procedimento di decadenza, sia perché l’inibitoria del provvedimento di sospensione non eliminerebbe comunque il pregiudizio all’immagine lamentato dal ricorrente, stante la pendenza della procedura di decadenza del Direttore Generale, parimenti pubblicizzata. Sul punto, va peraltro sottolineato come il danno all’immagine lamentato dal ricorrente appare comunque suscettibile di ristoro economico nell’eventuale successivo giudizio di merito».

Infine, nell’ordinanza si legge: «Il dedotto rischio di essere espunto dall’elenco nazionale degli idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie appare sfornito dei requisiti della attualità e imminenza, non essendo neppure prospettato un aggiornamento dell’elenco quantomeno prossimo al termine di efficacia del provvedimento sospensivo, nonché del requisito della irreparabilità poiché, a prescindere dalla dubbia assimilabilità della sospensione al provvedimento di decadenza ai sensi dell’art. 1 co. 7-quinquies D.lgs. n.171/2016, una volta decorso il termine di efficacia (entro il quale, si ripete, non risultano previsti aggiornamenti dell’elenco) o sarebbe assorbito dall’eventuale decadenza, oppure sarebbe caducato in caso di mancata adozione di un provvedimento di decadenza per difetto dei presupposti, e ciò anche ai fini della decurtazione del punteggio di cui alla norma citata».

Per tutto ciò, «non si apprezza allo stato il pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile in capo al ricorrente, che non possa trovare adeguata tutela e ristoro nell’eventuale futuro giudizio di merito. E in assenza di un fondato e stringente periculum, non appare giustificabile la richiesta di un’anticipata e sommaria valutazione dei fatti, allorché l’istruttoria sulla decadenza è ancora in corso e non risulta neppure pienamente dispiegato il contraddittorio e le ulteriori garanzie partecipative dello stesso interessato, in una vicenda nella quale appare vieppiù opportuno un compiuto approfondimento dei fatti, anche a garanzia del ricorrente stesso, tenuto conto della particolare rilevanza degli interessi coinvolti».

Il ricorso, quindi, è stato respinto «per difetto di “periculum in mora”, rendendosi superflua la disamina della sussistenza del c.d. “fumus boni iuris”».