
La Cassazione respinge il ricorso di Davigo: resta la condanna per rivelazione di segreto
Respinto il ricorso di Piercamillo Davigo in Cassazione. Ricorso straordinario, dopo tre sentenze – di primo grado, d’appello e di Cassazione – che lo hanno condannato per rivelazione di segreto, per aver diffuso i verbali di Piero Amara sulla loggia Ungheria. Il ricorso straordinario degli avvocati Franco Coppi e Davide Steccanella, dopo la prima pronuncia della Cassazione, aveva messo in evidenza la contraddittorietà delle tre sentenze di condanna. In primo grado, il Tribunale di Brescia aveva attribuito “la condotta illecita dell’imputato” alla volontà di “disseminare tossine denigratorie nella stretta cerchia di frequentazioni dell’ex amico”, Sebastiano Ardita, come Davigo allora componente del Consiglio superiore della magistratura. Diversa la sentenza della Corte d’appello di Brescia, che sosteneva che la diffusione dei verbali non era contro Ardita, ma per “gettare consapevolmente una sinistra luce sull’operato della Procura della Repubblica di Milano e su due colleghi del Csm”, e cioè Ardita e Marco Mancinetti, entrambi citati da Amara (falsamente, ma lo si scoprirà solo in seguito) come affiliati alla segreta loggia Ungheria. La sentenza d’appello sosteneva comunque che “gli elementi raccolti non sono in grado di comprovare con sufficiente grado di certezza che l’imputato abbia strumentalmente ottenuto prima – e divulgato poi – i verbali di Amara con animus nocendi, ossia animato da una cosciente volontà di propalare un’accusa che sapeva mendace in ragione di personalismi o di intenti ritorsivi dovuti a dissidi insorti in passato con l’ex amico”.
La Sesta sezione della Cassazione aveva invece confermato la condanna segnalando una terza causa per il comportamento di Davigo, a giudizio dei suoi legali “del tutto personale e marcatamente arbitraria”: “la modesta fiducia serbata nella persona che all’epoca reggeva” la Procura generale, a cui avrebbero dovuto rivolgersi Davigo e il pm Paolo Storari, convinti che la Procura non stesse svolgendo celermente le indagini sulla loggia Ungheria. La spiegazione di Davigo è sempre stata quella che “per ripristinare la legalità” ha dovuto seguire vie informali, perché quelle formali avrebbero fatto conoscere i verbali segreti di Amara a due consiglieri del Csm (Ardita e Mancinetti) che Amara in quei verbali sosteneva essere affiliati alla loggia Ungheria. La Corte di cassazione ha però respinto le argomentazioni di Coppi e Steccanella e ha dichiarato inammissibile il ricorso.