25 Giugno 2025 Giudiziaria

Barbaro-De Luca, l’avvocato Tommaso Autru Ryolo: “De Luca riconosciuto colpevole di ben cinque ipotesi di diffamazione“

Con riferimento ai comunicati dell’Avv. Carlo Taormina e dell’On. Cateno De Luca relativi alla sentenza emessa in data 24 c.m. dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, il Dott. Vincenzo Barbaro e Avv. Tommaso Autru Ryolo, anche ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, precisano quanto segue: “è assai strano che un professionista esperto come il Prof. Taormina, docente di procedura penale, ed un affermato personaggio politico come il De Luca, peraltro uomo di cultura e laureato in giurisprudenza, abbiano potuto affermare che la sentenza di Reggio Calabria “ha spazzato via ogni cosa…. Niente risarcimento danno…. De Luca non dovrà pagare niente… assolto perché ero incazzato”. Con la sentenza in questione, De Luca è stato riconosciuto colpevole di ben cinque ipotesi di diffamazione e condannato, a differenza della sentenza emessa in primo grado, alla sola pena pecuniaria in luogo di quella detentiva di otto mesi di reclusione, pene entrambe previste in modo alternativo dall’art. 595 c.p.”.

“In sostanza è stata ribadita dall’affermazione della penale responsabilità di De Luca, e si è intervenuti soltanto sull’entità della pena. Le statuizioni civili cui si riferisce la sentenza erano relative alla posizione di Siciliano Armando e non del De Luca, nei confronti del quale non vi era stata alcuna costituzione di parte civile per la semplice ragione che era stata già promosso separato giudizio di danni in sede civile, con sentenza di condanna al risarcimento del danno già emessa in primo grado in data 02.03.2023 (e attualmente pendente in fase di appello). È intuitivo, anche da parte dei non addetti ai lavori, che con l’affermazione anche in II grado della penale responsabilità del De Luca le conseguenti statuizioni in sede civile riceveranno verosimilmente ulteriore conferma, e che i comunicati emessi da De Luca e difensore -che forse avrebbero fatto meglio a tacere- costituiscono l’ennesima fonte di disinformazione e di induzione in errore dei cittadini sul contenuto di decisioni giudiziarie“, concludono.