4 Luglio 2025 Politica e Sindacato

Traballa l’impero di Lucia Borgonzoni. Si dimette Borrelli. Sullo sfondo lo ‘scandalo Fabio Longo’

Di Thomas Mackinson - Il gran cerimoniere dell’audiovisivo italiano si è dimesso. “Per motivi personali”, è la versione ufficiale di Nicola Borrelli, storico direttore generale Cinema e Audiovisivo del MiC, che ripete anche al Fatto. Ma è chiaro che dietro la sua uscita di scena in piena notte c’è ben altro: le inchieste, i conti fuori controllo del tax credit e l’impossibilità politica di difendere l’indifendibile. Borrelli se lo aspettava, forse, ma non ora. Secondo fonti ben informate c’era addirittura un accordo con Giuli per un eventuale “cambio di incarico”, sempre all’interno del ministero, ma da programmare in maniera “soft”, per arrivare almeno alla fine dell’anno. Dopo il Festival del Cinema di Venezia, e dopo la firma degli ultimi decreti necessari a mandare avanti la macchina del cinema, settore già in ginocchio. E invece le sue dimissioni sono arrivate improvvise, nel cuore della notte.
Anche Borrelli di fatto viene travolto dalla guerra aperta che il ministro Giuli ha dichiarato alla sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni, a cui già più volte negli ultimi due mesi ha tentato di togliere le deleghe. Impossibilitato a farlo per il veto della Lega a Fratelli d’Italia, ha deciso di cambiare strategia: non lo scontro diretto, ma la terra bruciata attorno. E le prime vittime sono già cadute. Tre giorni fa, è toccato a Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà e fedelissima amica di Borgonzoni, travolta dallo scandalo Longo e costretta alle dimissioni dopo di lui. Ora, dopo quasi 16 anni di potere silenzioso, tocca a Nicola Borrelli.
Borrelli al Fatto ripete che “la mia richiesta di cambiare incarico non c’entra nulla con la faccenda del Tax Credit e Coevolution”, cioè lo scandalo Kaufmann, l’inchiesta della Procura di Roma su un tax credit da oltre 860.000 euro concesso a un film mai distribuito, prodotto da una società collegata a Francis Kaufmann, oggi accusato del duplice omicidio di Villa Pamphilj.

Una deriva che Borrelli segnalò più volte, senza successo, ai vertici politici. Solo il ministro Gennaro Sangiuliano gli diede ascolto e cercò di imprimere una sterzata. Così raccontava ancora due settimane fa Borrelli, non immaginando questo epilogo e dimissioni che oggi spera “liberatorie” per lui. A Sangiuliano avergli dato ascolto è costato molto caro, compresa la poltrona. Il suo tentativo di intromettersi nel “regno” indiscusso della Borgonzoni, richiedendo maggiori controlli, si infrange la scorsa estate sulla love story con Maria Rosaria Boccia. A suo dire, con il contributo più che attivo di Fabio Longo, che era sì suo consigliere, ma già solo agli ordini di Borgonzoni. Tanto che è stato proprio Longo, a giugno 2024, a dare l’allarme a Palazzo Chigi, tramite il capo della segreteria tecnica Emanuele Merlino, riferendo che Sangiuliano era a Taormina con un’altra donna.
Stranamente i due che sopravvivono al terremoto del ministero, con le stesse deleghe e con in tasca i contratti da consulente al ministero e a Cinecittà sono la Borgonzoni e Longo. E saranno sempre loro due, insieme alla presidente Sbarigia, a cercare di comprare “buona stampa” anche a scapito del ministro Giuli.

Nel frattempo, poco o nulla cambia. Lo dimostrano le 150 opere segnalate alla Guardia di Finanza tra il 2020 e il 2024 dagli stessi uffici ministeriali. Dieci i fascicoli aperti dalla Procura di Roma. E forse ne arriveranno altri ancora, perché solo negli ultimi due anni – dunque governo Meloni – altri 134 film hanno ricevuto 377 milioni tra tax credit e selettivi. E a sorvegliare il pollaio, allora come oggi, c’erano sempre loro tre: Nicola Borrelli, alla guida del settore dal 2009, Lucia Borgonzoni, sottosegretaria con delega al cinema dal 2018 a oggi. E defilato Fabio Longo che si muoveva tra Cinecittà e Ministero con un ruolo da “consulente strategico”. Franceschini e “l’amichettismo di sinistra” non bastano più.
“Si sta scoperchiando il tetto, finalmente si vede un po’ di cielo”, dice oggi Pupi Avati, che dal palco dei David di Donatello aveva sfidato la sottosegretaria. In tre giorni, Lucia Borgonzoni ha perso due pilastri: Chiara Sbarigia costretta a lasciare Cinecittà, Borrelli che reggeva la Direzione Cinema e il fido Longo. “Grazie a loro poteva fare qualunque cosa”, conclude Avati. “Ora vediamo chi metteranno, e se cambieranno le cose”. Borgonzoni resta in silenzio. Sarà lei, stavolta, a dimettersi di notte? Fonte: Il fatto quotidiano