
Il nipote assunto e l’affitto. Tutte le accuse ad Elvira Amata
«Io non è che mi devo sparare per tenere suo nipote, è già tanto che un ragazzino di niente ti guadagna 1.500 euro al mese... quindi a me no, non lo può dire, perché la scanno viva». Così Marcella Cannariato, imprenditrice palermitana e moglie di Tommaso Dragotto, presidente della compagnia di autonoleggio Sicily by Car, sfogava la sua rabbia parlando di Tommaso Paolucci, giovane nipote dell’assessora regionale al Turismo Elvira Amata. Uno scenario che, secondo la Procura di Palermo, rappresenterebbe un vero e proprio patto corruttivo. L’inchiesta, che ha portato alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, ipotizza un sistema in cui sarebbero coinvolte Cannariato e l’assessora di Fratelli d’Italia. Per i pm Andrea Fusco e Felice De Benedittis, Lady Dragotto avrebbe offerto alloggio e lavoro al diciottenne ma anche altre utilità personali ad Amata, come l’uso di un’auto e buoni benzina, in cambio di appoggi istituzionali e di contributi regionali. Paolucci era stato ospitato inizialmente in un bed and breakfast, poi in una stanza dell’Ersu a 250 euro al mese e successivamente si era trasferito in un appartamento sopra gli uffici della A&C Broker, nello stesso stabile dove aveva sede la società. Il canone finale, secondo le carte, ammontava a 700 euro al mese, che veniva interamente sostenuto da Cannariato.
Ed infatti quest’ultima - senza sapere di essere ascoltata dagli inquirenti - ragguagliava l’assessora sulle ultime novità: «Ho già detto alla figlia di Licia (verosimilmente una dipendente, ndr) se se lo prende sotto la sua ala, quella ha venticinque anni, lui ne ha diciotto, cosi escono insieme. C’è poi Giorgio (il fratello di Cannariato, ndr) pure che vigila, nel frattempo a ottobre o alla fine di settembre voi avete i vostri appartamenti, sullo stesso pianerottolo. C'è l'altro appartamento, lo finiscono e glielo do». E la risposta di Amata non si era fatta attendere: «Ah, ah perfetto, sei un tesoro». Il nipote percepiva anche uno stipendio mensile di 1.500 euro, per un contratto di sei mesi che poi sarebbe dovuto diventare a tempo indeterminato.
Ma, in un’altra telefonata intercettata, Cannariato si era sfogata: «Siccome io non è che posso pagare in eterno settecento euro al mese a gratis a stu ragazzino, oltre lo stipendio. È tuo nipote non il mio, giusto?», diceva rivolgendosi alla segretaria particolare dell’assessore, Valeria Lo Turco. Oltre al «pacchetto» per Paolucci, Cannariato si era resa disponibile con Amata per fornirle un punto d’appoggio in città. Secondo la Guardia di finanza, l’assessora e la sua segretaria avrebbero abitato gratuitamente per almeno due mesi nella zona dei Cantieri navali. Il contratto di affitto fu registrato solo in un secondo momento, per paura che i giornalisti potessero scoprirlo. A fronte di un canone dichiarato di 750 euro mensili, l’assessora ne avrebbe pagati solo 500. «Come devo stare secondo te in questa meraviglia di casa? Ma una statua d’oro ti farei», erano i ringraziamenti di Amata per Cannariato.
Le conversazioni svelano anche il dietro le quinte dei finanziamenti regionali. «Il nipote dell’assessora ha iniziato oggi a lavorare nel mio ufficio, quindi tu vuoi che non mi approvino una cosa del genere? Ma va là!», diceva Cannariato, riferendosi al contributo da 30 mila euro per l’evento «Donne, economia e potere» della Fondazione Marisa Bellisario, organizzato il 6 e 7 ottobre del 2023 all’Ars. Per la realizzazione dell’iniziativa, la Cannariato avrebbe chiesto la collaborazione dell’assessora e dell’ex portavoce del presidente dell’Ars, Sabrina De Capitani. Il contributo regionale per quell’evento era stato sostenuto direttamente dall’assessorato al Turismo, mentre un secondo finanziamento da 10 mila euro era stato concesso alla Fondazione Dragotto per la Giornata mondiale della salute mentale. A seguire queste pratiche c’era Giuseppe Martino, ex capo di gabinetto vicario e poi segretario di Amata, una figura chiave per seguire l’iter burocratico delle pratiche. Avrebbe ricevuto una consulenza da 18 mila euro tra aprile e settembre dell’anno scorso, fatturata tramite una ditta intestata alla figlia, per mascherare i rapporti diretti con i Dragotto. Nelle intercettazioni, Martino si riferiva a Tommaso Dragotto e a Cannariato come «papi» e «mammina», confermando il rapporto confidenziale e diretto con i due imprenditori. Un secondo filone dell’inchiesta, ancora in corso, coinvolge il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno, e l’ex portavoce Sabrina De Capitani per altre ipotesi di corruzione e peculato. Nel frattempo i finanzieri, dopo aver già chiesto chiarimenti sull’uso dell’auto di servizio del presidente Galvagno, sono tornati all’Ars per prelevare gli gli atti relativi al maxi emendamento, approvato nell’agosto 2024, che aveva distribuito fondi a pioggia, segno che l’indagine potrebbe estendersi anche a quei nomi, finora coperti da omissis.