
Salvatore Borsellino: «Sulle stragi c’è un depistaggio istituzionale»
«Dal punto di vista giudiziario ci troviamo in uno dei periodi più neri, da trent’anni a questa parte. Oltre agli innumerevoli depistaggi, che sono avvenuti nel corso dei processi Borsellino uno e due, si è dovuto addirittura arrivare al quater, per avere uno spiraglio di giustizia. Adesso siamo passati ad un altro livello: dai depistaggi organizzati dai servizi segreti, da La Barbera, attraverso Scarantino, siamo giunti ai depistaggi istituzionali. Quello che sta mettendo in atto la commissione parlamentare Antimafia, in linea con la procura di Caltanissetta, è un vero e proprio depistaggio istituzionale». Lo dice all’Ansa Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ucciso nell’attentato di via Mariano D’Amelio a Palermo, il 19 luglio 1992, insieme ai cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
A pochi giorni dal 33esimo anniversario della strage il fratello di Paolo dice che «addebitarla soltanto a Cosa nostra e ad un fantomatico dossier mafia-appalti, è sbagliato. Il dossier mafia appalti, per quanto Paolo possa averlo avuto tra le mani, non giustifica assolutamente l’accelerazione della strage di via D’Amelio, che viene compiuta in un momento sfavorevole anche per la mafia stessa. Ha provocato l’approvazione del decreto legge sul 41bis e la legge sui collaboratori di giustizia. Con quella strage il decreto legge fu approvato e quindi fu un danno per la stessa associazione criminale».
In vista delle iniziative per il 19 luglio, organizzate dal movimento delle Agende rosse e da Casa di Paolo, Borsellino annuncia: «Inviterò sul palco di via D’Amelio i giovani del comitato 23 maggio. Gli stessi che sono stati presi a manganellate, anni fa, davanti all’albero Falcone e gli stessi che quest’anno sono stati ingannati con l’anticipo del minuto di silenzio».
Poi aggiunge: «Io e Maria Falcone abbiamo due modi diversi di vedere le commemorazioni e l’antimafia. Lei dice che io andrei ignorato. Io non voglio avere rapporti con lei. Su quel palco, in via Notarbartolo, sotto l’albero Falcone, ci sono state persone che hanno accettato i voti di Cuffaro e di Dell’Utri, per essere eletti». E in merito alle divergenze di opinioni sui processi all’interno della stessa famiglia Borsellino, il fratello del giudice è chiaro: «Ci sono perché abbiamo posizioni processuali diverse. Loro hanno scelto una posizione e io ne ho scelto un’altra – spiega –. Il risultato è che mi hanno eliminato dai parenti di Paolo. La mia lotta però continua e continuerà sempre. Io combatto le infiltrazioni della mafia nello Stato, perché è quella la vera forza della mafia. Mio fratello diceva che mafia e Stato sono due organismi che insistono sullo stesso territorio e quindi ci sono due possibilità: o si combattono o si mettono d’accordo, purtroppo nel nostro paese hanno scelto la seconda opzione. Sono stati infatti derubricati i reati come l’abuso d’ufficio o il controllo sugli appalti».
«La mafia di oggi ha scelto di nascondersi un’altra volta – sottolinea ancora il fratello del magistrato – e derubricando i reati dei cosiddetti colletti bianchi si sceglie di convivere con la mafia. Io non sposso accettarlo. La mafia è lo strumento con cui mi hanno ucciso un fratello. Ci sono stati anche dei componenti dello Stato che hanno partecipato a quella strage. Lo dimostra il fatto che l’agenda rossa è stata sottratta da un carabiniere, che apparteneva ai servizi segreti», conclude.