
Oggi il governo dice l’ultimo sì alla mega opera
Oggi Matteo Salvini festeggerà l’ultimo sì del governo Meloni al Ponte sullo Stretto con una visita serale a Messina. Nella tarda mattinata, invece, è previsto il Cipess, che sta per Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, l’organo del governo che si deve esprimere sulle grosse operazioni infrastrutturali: sarà il Cipess oggi a dare il via libera al “progetto definitivo” dell’opera presentato dal ministero delle Infrastrutture, resuscitando il Ponte a campata unica sullo Stretto (il più lungo al mondo) caro a Silvio Berlusconi e soprattutto a Piero Salini, capo di Webuild, la società che guida il consorzio Eurolink che costruirà il collegamento tra Calabria e Sicilia.
In realtà gli ostacoli per arrivare ai cantieri non sono finiti. Intanto la decisione del Cipess deve essere ratificata dalla Corte dei Conti e la cosa non è scontata: troppe sono le forzature procedurali, le norme ad operam, le voci istituzionali contrarie silenziate, le anomalie e i buchi progettuali. E qui va chiarita almeno una cosa: il progetto “definitivo”, al contrario di quel che farebbe intendere il nome, non è davvero definitivo, perché qui manca quello “esecutivo”, cioè quello in cui si spiega come materialmente il Ponte verrà costruito. Assenza non piccola visto che nessuno ad oggi sa bene come tirar su quell’opera: basti dire che ci sono una sessantina di pesanti prescrizioni al progetto “definitivo” arrivate dalla Commissione tecnica che ancora aspettano una risposta (per un’analisi più dettagliata c’è il pezzo accanto).
Salvini e Meloni, che formalmente presiede il Cipess e oggi mette dunque la sua firma sull’opera, non paiono granché interessati ai dettagli e nemmeno ai problemi progettuali: se la Corte dei Conti registra la decisione del Cipess si può firmare il contratto con Eurolink da 13,5 miliardi di euro (più un altro abbondante per le opere complementari) e sarà terminata la resurrezione del vecchio Ponte berlusconiano cancellato d’imperio dal governo Monti. A quel punto potranno partire i cantieri, l’unica cosa che interessa a Salvini&Salini. Com’è possibile, dovrebbe chiedersi il lettore, partire senza un progetto esecutivo? Perché il governo ha fatto una legge apposta: il Ponte verrà costruito per fasi. Il progetto esecutivo per i primi lavori, poi un altro pezzo e via così: e se poi dopo un po’ si scopre che il ponte non si può fare (ad esempio perché vengono falliti i prescritti “test da fatica” per i tiranti), lo Stato pagherà la penale al costruttore… In base alle vecchie regole si poteva arrivare fino a 1,5 miliardi, ma la stazione appaltante – la resuscitata Stretto di Messina Spa – dice che stavolta l’importo sarà dimezzato: quindi 750 milioni, più o meno quel che chiese Salini quando Monti affondò il Ponte modello B. (i giudici gli hanno dato torto in primo grado, ma pende appello).
Sulla pericolosa impresa avviata dal governo pendono comunque altri problemi. Intanto le associazioni ambientaliste hanno presentato un nuovo reclamo all’Ue, convinte che il governo non abbia rispettato le regole della procedura scelta proprio per aggirare il parere europeo: se Bruxelles intervenisse tutto potrebbe tornare in gioco. L’altra questione sono i soldi: ammesso e molto non concesso che le stime sui costi siano rispettate, 14,6 miliardi totali, pur spalmati su diversi anni, sono una bella cifra e rischiano di appesantire il conto delle uscite pubbliche mentre l’Italia si sforza di rispettare i vincoli di bilancio imposti dal Patto di Stabilità europeo. È qui che a Palazzo Chigi hanno avuto l’ideona: proporre di considerare il Ponte come una “infrastruttura civile propedeutica alla mobilità militare” in mbito Nato (tipo che ci spostiamo truppe e carri armati se serve). Se l’Alleanza atlantica accetta l’idea, il Ponte finirà nell’aumento di spese per la difesa e la sicurezza (fino al 5% del Pil), che la Commissione Ue per qualche anno non considererà ai fini del rispetto dei vincoli di bilancio. Non solo: ieri mattina, in una riunione di governo, si è discusso di usare per l’opera una parte dei 14 miliardi che l’Italia intende chiedere al fondo europeo “Safe” nell’ambito degli investimenti “dual use” (a doppio uso civile e militare).