
Le clamorose dichiarazioni di Giardina: «Dati al sindaco Pietrafitta circa 60 mila euro dal 2018 al 2023»
«Fino a quando pagavo lavoravo, quando ho finito di pagare non ho lavorato più».
Sono molto nette le clamorose dichiarazioni rese dall’imprenditore Antonino Giardina, che nell’inchiesta delle Procura di Messina diretta da Antonio D’Amato sui “nuovi affari” dell’ex boss dei Mazzarroti ed ex pentito Carmelo Bisognano a Mazzarrà Sant’Andrea, hanno inguaiato il sindaco del centro tirrenico Carmelo Pietrafitta e il tecnico comunale Giuseppe Di Natale. Giardina è finito in carcere insieme all’ex boss Bisognano un mese addietro, mentre il fratello Davide è attualmente ai domiciliari. I due fratelli, che sono assistiti dall’avvocato Pinuccio Calabrò, sono indagati per intestazione fittizia di beni e delle due loro società sottoposte a sequestro, la A.gi.la. srl e la Pretoria srl. Imprese con cui il boss Bisognano, che in questa vicenda è assistito dall’avvocato Fabio Repici, considerato il “dominus” secondo la Procura, si è inserito nel mondo degli appalti che gravitavano nella gestione della discarica di rifiuti di contrada Zuppà.
Ed è stato proprio dopo le dichiarazioni rese nell’interrogatorio di garanzia da Giardina - e riportate in questo articolo di Nuccio Anselmo su Gazzetta del sud - che il procuratore D’Amato e i pm Piero Vinci e Fabrizio Monaco hanno deciso di perquisire alla ricerca di elementi utili le case private del sindaco e del tecnico, nonché i loro uffici al Comune, con un decreto eseguito dai carabinieri del nucleo investigativo di Messina. Adesso si aspetta di capire cosa è stato scoperto tra i telefoni e i computer sequestrati. Pietrafitta e Di Natale, che sono assistiti dagli avvocati Tino Celi e Nino Todaro, allo stato sono indagati in concorso dalla Procura per induzione indebita a dare o promettere utilità con l’aggravante mafiosa. Per Di Natale il reato è solo tentato, («ruolo concorsusale con il sindaco», dicono i pm).
L’imprenditore Giardina ha detto anche parecchio altro nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ed è stato molto preciso su luoghi, date e “dazioni”. Ha riferito - spiegano i pm Vinci e Monaco - , di aver elargito (dal 2018 al 2023) al sindaco del Comune di Mazzarrà S. Andrea, Pietrafitta Carmelo, su sua richiesta o comunque su sua sollecitazione, diverse somme di denaro a seguito dell’affidamento ad imprese a lui riconducibili di lavori pubblici commissionati dal predetto ente territoriale, peraltro proseguito nella forma del subappalto anche a seguito dell’emissione, nel 2020, di un’interdittiva antimafia nei confronti della Pretoria s.r.l., precisando altresì che le dazioni sarebbero materialmente avvenute all’interno di un locale di pertinenza dell’abitazione del Pietrafitta e che, avendo ad un certo punto deciso di interrompere i pagamenti, le commesse si sarebbero interrotte o comunque ridotte in misura significativa.
«I rapporti con il sindaco Pietrafitta - ha detto Giardina ai magistrati -, risalgono a quando lo stesso rivestiva la carica di assessore negli anni 2007/2008... Nel 2017 è stato eletto sindaco, anche con il mio aiuto... Da li si è instaurato un rapporto vero e proprio, ha cominciato a darmi dei lavori, sia direttamente che in subappalto, mettendomi in contatto con l’appaltatore. Su tutti i lavori, dal parco urbano, alle fontane con l’acqua, all’asfalto, mi ha richiesto la corresponsione di somme di denaro quale corrispettivo dell’affidamento dei lavori medesimi, sul mio telefono, che mi è stato sequestrato, ci sono delle registrazioni di colloqui che ho intrattenuto con lui, che riguardano l’organizzazione dei lavori».
«Preciso che i colloqui con il Pietrafitta avvenivano sempre a casa sua, nel garage, e la maggior parte delle volte mi faceva posare il telefono fuori, in macchina, o in un vano scala lontano. L’abitazione del Pietrafitta è sita in via Manzoni o Manzini, c'e un cancello nero di ingresso e poi sulla destra c’è un piazzale destinato a parcheggio, c’è pure un locale sotterraneo, posto sotto gli appartamenti occupati dalla madre e da lui. Le somme di denaro venivano sempre corrisposte in contanti. Ogni volta che doveva darmi un appalto, mi chiedeva come eravamo combinati. Ci sono sul mio telefono anche dei messaggi whatsapp. Sul lavoro dell’asfalto, il cui importo complessivo era pari a circa centomila euro più iva, mi veniva dato un subappalto, che fatturavo io e poi prelevavo in contanti una parte della somma incassata e gliela corrispondevo. Su un lavoro di circa ventimila euro, di solito, mi veniva richiesta una somma di circa duemila euro. Altre volte, quando non era in condizione di fare affidamenti urgenti, mi faceva svolgere gratuitamente lavori a titolo di cortesia. Tutte queste dazioni riguardano la società Pretoria. Quando poi non potevo più lavorare direttamente con il Comune perché mi era arrivata l’interdittiva, davo una percentuale anche per i lavori che svolgevo in subappalto.... Ho cominciato a pagare il Pietrafitta nel 2018 ed ho terminato nel 2023. Credo di avergli versato complessivamente circa 50/60 mila euro, forse anche di più. Ad un certo punto il mio rapporto con il sindaco è entrato in crisi, perché mi aveva promesso del lavori che pot ha andato ad altri... Fino a che pagavo lavoravo, quando ho finito di pagare non ho lavorato più».
La pratica per il prelievo di sabbia messa da parte...
«La pratica relativa al prelievo della sabbia - ha dichiarato Giardina -, per la quale ho avuto un battibecco con il tecnico Di Natale, non era quella di mio fratello ma la mia. Era infatti quest’ultima, cioè la mia, che era stata messa da parte, per cui ho ritenuto sollecitarla, dapprima parlando con un funzionario dell’ufficio tecnico, che mi ha detto che non avevano tempo, e poi ho chiamato Pippo Di Natale. (...) Le ragioni precise per la quale la pratica era stata accantonata non le conosco, presumo che si tratti di una forma di ritorsione da parte del sindaco Pietrafitta nei miei confronti quanto ci siamo allontanati. (...) Bisognano si è recato da Pippo Di Natale di sua iniziativa, non perché glielo abbia chiesto io, per la questione della sabbia. Presumo che lo abbia saputo da sua cugina Morena o dalla compagna, io gli ho detto solo che avevo avuto una discussione con il Di Natale. In quel frangente, il Bisognano mi pare che fosse a Campobasso. Quando poi ho detto al Di Natale che avrei portato la questione nelle sedi opportune, in tempo record mi ha sbloccato la pratica. (...) Il Di Natale si sarebbe ammorbidito perché gli ho paventato la possibilità di adire le vie legali, riferendo in Procura e in Prefettura».