18 Settembre 2025 Senza categoria

In campo gli “Universitari No Ponte”. «C’è un evidente deficit democratico»

Al di là delle questioni tecniche, degli aspetti più o meno controversi del progetto, il Ponte sullo Stretto «è l’emblema di un deficit democratico che ne caratterizza le modalità di decisione e che non può non preoccupare». A sostenerlo è l’associazione “Universitari No Ponte”, i cui coordinatori hanno tenuto ieri, a Roma, nella sede della Stampa estera di Palazzo Grazioli, una conferenza con l’intervento, in collegamento da New York, della sociologa e politologa Nadia Urbinati, docente alla “Columbia University”. A moderare i lavori, la giornalista francese Marcelle Padovani.

L’obiettivo dichiarato dal gruppo di 644 tra professori e personale non docente degli Atenei italiani (312 sono dell’Università di Messina) e internazionali è di porre all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale ed europea una serie di temi e di interrogativi ai quali, secondo i promotori dell’iniziativa, il Governo italiano non avrebbe mai dato risposta. Un’opera considerata «incompatibile con le norme europee sugli appalti pubblici e sulla tutela dell’ambiente».

Il prof. Fabio Rossi ha aperto la conferenza, ricordando che l’associazione degli “Universitari No Ponte” si è costituita nel giugno del 2024: «Abbiamo voluto squarciare il silenzio che accompagna quest’opera dall’impatto enorme sui territori».

È stata propria Nadia Urbinati a evidenziare «il deficit democratico e la deriva dominantista del Governo italiano». Una deriva secondo la quale «per la realizzazione delle grandi opere la tecnica domina rispetto alla società e alla democrazia. Il Ponte – insiste la politologa italo-americana – non è una questione che riguarda solo le due regioni interessate, ma coinvolge tutti noi. Cambierà la fisionomia del Paese Italia, e anche dell’Europa. Un progetto antico, per il quale c’è stata un’accelerazione recente, mai accompagnata dal coinvolgimento delle comunità territoriali e neppure di quella nazionale. Una visione della democrazia “minima”, il Governo e la maggioranza parlamentare impongono a tutti la loro scelta e chi si oppone è considerato un disfattista». Poi, secondo Urbinati, c’è l’altro punto essenziale, quello della «plateale violazione dell’articolo 9 della Costituzione che tutela ambiente e paesaggio. E allora sorge l’interrogativo: perché tutto questo? È un Ponte alla cui grandiosità non corrisponde alcuna utilità, non c’è proporzione tra l’impatto dell’opera e il ritorno economico». A prendere la parola, poi, il prof. Guido Signorino, il quale ha puntato il dito sui «molti punti controversi: il progetto è incompatibile con le norme europee su appalti pubblici e ambiente; la dichiarazione di strategicità militare europea del Ponte è infondata. Manca il parere del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, superato dall'approvazione esclusivamente politica del Cipess. Il pilone lato-Calabria ricade in area di totale inedificabilità. Il “franco navigabile” del Ponte è ben inferiore ai 65 metri dichiarati. Le valutazioni economiche si basano su stime errate».