31 Ottobre 2025 Politica e Sindacato

Ponte sullo Stretto di Messina, Salvini e Meloni frenano: i timori di ricorsi e possibili danni

Poco dopo le 11, mentre a 700 metri di distanza la maggioranza al Senato sta approvando la riforma sulla separazione delle carriere, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini prende la parola a Palazzo Chigi davanti alla premier Giorgia Meloni e ai colleghi di governo: “Io vado sempre all’attacco, ma stavolta dobbiamo aspettare le motivazioni”. Il vicepremier della Lega è scuro in volto, mercoledì sera la Corte dei Conti ha bocciato la delibera del Cipess sul ponte sullo Stretto di Messina e lui e la premier sono andati all’assalto dei magistrati che avrebbero commesso una “invasione di campo intollerabile”, minacciando vendette alla Corte dei Conti.
Ma durante la riunione di emergenza convocata a Palazzo Chigi a cui partecipano anche Meloni, Antonio Tajani in collegamento dall’Africa, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, è Salvini il primo a frenare sullo scontro coi giudici. “Aspettiamo le motivazioni e vediamo”, spiega il leghista. Stessa posizione della premier che chiede di evitare “un braccio di ferro, niente scontro frontale” dando “massima collaborazione” ai giudici della Corte pur spiegando che i giudici non possono “bloccare il Paese”, anche per una questione di reputazione all’estero. La premier poi ha e chiesto espressamente al ministero dei Trasporti di “fornire tutta la documentazione necessaria”.
Una stoccata anche sulla gestione del Mit del dossier Ponte: da Palazzo Chigi lamentano “pressappochismo” e “superficialità” nella gestione dei tecnici del ministero che avrebbero omesso a Chigi anche di comunicare due lettere della Commissione europea e non avrebbero fornito le spiegazioni necessarie dopo i primi rilievi dei giudici contabili. Questioni di cui anche Salvini sarebbe stato tenuto all’oscuro. Per questo, quando esce da Palazzo Chigi per parlare con i giornalisti, il leghista conferma i toni bassi: “Nessuno scontro tra poteri dello Stato, risponderemo”. Anche perché negli stessi istanti il governatore del Veneto Luca Zaia sembra prendere le distanze arrivando a dire che “la Corte dei Conti interviene nello spazio che le è proprio”. In serata, al Tg1, Meloni definisce l’opera “strategica” e si dice “incuriosita” per le critiche, tra cui non aver inviato i documenti via link.
A pesare sulla frenata del governo potrebbe esserci anche un clima di gelo che arriva dal Quirinale sull’attacco ai giudici della Corte dei Conti: non risultano interventi diretti da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella su Palazzo Chigi, ma il Capo dello Stato non ha mai apprezzato un livello di scontro troppo alto con i giudici. Più volte era intervenuto sui provvedimenti legati al ponte facendoli cambiare all’esecutivo rispetto alla versione originale. La risposta in chiaro è arrivata anche dalla Corte dei Conti: “Le critiche siano rispettose, la Carta ci dà il potere di controllo”.
L’input politico è quello, comunque, di andare avanti con l’opera. Lo dice Salvini che ipotizza “i cantieri a febbraio” e lo conferma l’Ad della Società Stretto di Messina, Pietro Ciucci, appena esce da Palazzo Chigi: “Siamo rimasti sorpresi, però con questa decisione è stato aperto un varco che noi dobbiamo chiudere”. Questa è la maggiore preoccupazione del governo: i possibili ricorsi. Entro 30 giorni dovranno arrivare le motivazioni e le strade sono due: la prima, che va per la maggiore, è quella di scrivere una nuova delibera tenendo conto delle osservazioni della Corte dei Conti sperando che siano lievi e superabili. Il timore, però, è che qualcuna di esse invece possa essere non insanabile. L’altra ipotesi, su cui il governo batteva fino a mercoledì sera, è quella della forzatura istituzionale: approvare in Cdm una delibera che dichiari che la misura del Cipess abbia un interesse pubblico superiore obbligando quindi i giudici contabili a registrare l’atto, ma con riserva. Passando anche dal Parlamento. Questa strada sembra più complicata perché esporrebbe tutto il governo a molti ricorsi con la premier e i ministri che si assumerebbero la responsabilità politica (e forse anche erariale) della nuova decisione. Ad ogni modo l’iter si allungherà di qualche mese facendo slittare i cantieri.