Cuffaro lascia la poltrona di segretario Dc
L’ex governatore Totò Cuffaro lascia il partito che ha rifondato nel 2020. Si dimette da segretario nazionale della Democrazia Cristiana Sicilia che negli ultimi anni ha portato a riconquistare deputati regionali, assessori, sindaci, manager e dirigenti nell’isola. Pesa la richiesta di arresto formulata dalla Procura di Palermo guidata da Maurizio De Lucia, che lo accusa di associazione a delinquere, corruzione, turbata libertà degli incanti e rivelazione di segreto.
Nelle conversazioni captate dal Ros di Palermo, emerge il pensiero cuffariano con le sue strategie, le sue alleanze e i suoi rapporti. Uno spaccato delle trame e degli accordi politici fatti o tentati dall’ex presidente, non solo su scala regionale, ma anche nazionale.
Ad esempio, per le Europee di giugno 2024, mentre i partiti si preparano a stilare le liste in vista del rinnovo del Parlamento di Strasburgo, la Dc cuffariana cerca una sponda su scala nazionale per creare un fronte centrista, aprendo un dialogo con Italia Viva tramite i referenti regionali, tra cui il deputato Davide Faraone.
“Ti avevo chiamato solo per capire se alla fine almeno Renzi ti fa mettere il simbolo, solo questo”, chiede il 5 marzo 2024 il vicepresidente regionale e assessore all’agricoltura, Luca Sammartino, ex renziano passato alla corte di Salvini. “Vedi, no, ma non è neanche detto che ci vado con Renzi quindi figurati. L’unica cosa che avrei voluto dirti e tu non capisci che… io ho avuto un’avventura complicata nella mia vita”, risponde Cuffaro riferendosi alla pregressa vicenda giudiziaria “Talpe in Procura”, costatagli una condanna a 7 anni per favoreggiamento aggravato alla mafia.
Una settimana più tardi, è il suo legale Claudio Gallina Di Lorenzo, che nel frattempo ha rinunciato al mandato perché citato negli atti dell’inchiesta, a domandargli: “Poi l’hai trovata la cosa alle Europee? Perché serve la coalizione”. “Ma le Europee da me dipende a candidarmi o no”, risponde Cuffaro. “E ma ce l’hai il partito con cui (…) e te lo dà il seggio?”, chiede Gallina. “Con Renzi. Ma certo! Me lo dà… no, me lo prendo”, replica Cuffaro. Gli inquirenti annotano che l’ex governatore risponde ridendo. A inizio aprile però, l’accordo naufraga. Il senatore Renzi contattato dal Fatto preferisce non commentare, ma è notorio che dopo gli incontri romani tra i leader, +Europa esprime il veto su Cuffaro. Per l’ex presidente si tratta di “bagarre strumentale nei suoi confronti”; mentre Iv spiega che pur rispettando il percorso di Cuffaro, restano delle divergenze sul piano politico. La Dc converge quindi sul sostegno a Massimo Dell’Utri candidato di Noi Moderati, di Lupi e Romano, alleati con Forza Italia.
Cuffaro sogna sempre un centro moderato, ritenendo la sua Dc l’unico argine alle destre. Il suo pensiero è racchiuso nella chiacchierata con l’avvocato Domenico Di Carlo, non indagato, a cui spiega la crescita del suo partito, che inizia ad attestarsi al “diciassette, diciotto per cento”, drenando voti ai suoi alleati di centrodestra. “Li leviamo a Forza Italia, Fratelli d’Italia, alla Lega… loro lo sanno. Ma è meglio una classe dirigente moderata che la sto facendo io! O sono meglio Forza Italia e fascisti? Perché io questa la domanda che vorrei fare a questi signori… perché se me ne vado io… questa gente che è con me, con i fascisti se vanno, con Forza Italia se vanno…”.