Sono due i filoni d’inchiesta sul chirurgo Stagno d’Alcontres
Non sono ancora fissati gli interrogatori di garanzia per i tre indagati principali dell’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari il chirurgo plastico Francesco Stagno d’Alcontres, ex direttore dell’Unità di Chirurgia plastica del Policlinico. E vede la sospensione per un anno dalla professione della dirigente medico del Policlinico Antonina Fazio e dell’ostetrica esterna Cristina Alì. Il gip Salvatore Pugliese, del resto, ha dieci giorni di tempo dalla notifica dell’ordinanza di custodia cautelare agli indagati stessi, cosa che è avvenuta nella prima mattinata di venerdì scorso da parte dei carabinieri e dei finanzieri che hanno portato avanti l’indagine, coordinata dalla procuratrice aggiunta Rosa Raffa con le colleghe Giorgia Spiri e Annamaria Arena (quest’ultima nel frattempo ha assunto l’incarico di sostituta procuratrice generale).
È quasi definito anche il quadro dei legali che li assisteranno. L’ex primario dell’Unità di Chirurgia plastica del Policlinico è assistito allo stato dagli avvocati Lori Olivo e Michele Minissale, la dott. Fazio dagli avvocati Sebastiano Campanella e Carlo Giorgianni, infine l’ostetrica Alì dall’avvocato Salvatore Silvestro. È presumibile che il gip decida di sentire prima Stagno d’Alcontres, probabilmente tra mercoledì e giovedì, il quale ha una misura coercitiva più dura, e successivamente le altre due indagate, che non hanno vincoli restrittivi personali.
Questa inchiesta portata avanti dalla Procura diretta da Antonio D’Amato, che vede allo stato 31 indagati, ha sostanzialmente due grandi macro-aree d’indagine, che sono state sviluppate nei mesi scorsi dai carabinieri della Sezione di Pg della Procura e dai finanzieri del Nucleo economico-finanziario. Non soltanto con acquisizione di atti e monitoraggio al Policlinico e nelle cliniche private dove Stagno d’Alcontres operava pazienti, ma anche con intercettazioni telefoniche e ambientali, anche visive con telecamera, accordate dal gip. Questo in concreto ha reso vana per il chirurgo e gli altri indagati l’attività d’acquisto e d’uso delle “altre sim” - di cui parla il gip nell’ordinanza -, visto che erano in atto intercettazioni negli studi professionali pubblici e privati, e anche nelle auto.
I magistrati avevano chiesto l’emissione di una misura interdittiva anche per un’altra indagata, l’infermiera caposala del reparto di Chirurgia plastica del Policlinico, Francesca Melita, ma il gip l’ha rigettata sostanzialmente perché con l’arresto del chirurgo ha valutato per lei come impossibile l’ipotesi di reiterazione dei reati.
Torniamo alle due macro-aree dell’inchiesta. La prima è quella legata alla richiesta pressante di fondi da parte di Stagno d’Alcontres per l’ormai famigerato congresso nazionale della Sicpre di Giardini Naxos, la Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, che si svolse tra il 10 e il 12 ottobre del 2024. Per questa vicenda oltre al chirurgo e al provider del congresso, Paolo Zona, della Cluster srl, sono indagati tutta una serie di rappresentanti locali e nazionali di case farmaceutiche e prodotti medicali. E la Procura ipotizza per loro, in concorso, le accuse di concussione, corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità. Secondo l’accusa Stagno d’Alcontres avrebbe preteso fondi di diverse migliaia di euro offrendo in cambio l’acquisto dei loro prodotti per le forniture nel suo reparto del Policlinico di Messina. Vediamo quanto, stando ai capi d’imputazione: 23mila euro dalla Mentor Medical Italia srl incorporata nella Johnson & Johnson Medical spa, 1.200 euro dalla Chirmedical, 25mila dalla Biomedica Italia srl, 10mila euro dalla Tegea srl, 2.000 euro dalla Athena srl, 20mila euro dalla Coloplast-Kerecis srl, 40mila euro dalla Polytech Healt & Aesthetichs Italia srl, 11mila euro dalla Smith & Nephew Italia srl, una somma imprecisata dalla Deco Med srl, 30mila euro dalla GC Aesthetics Italy srl. Il totale è di circa 160mila euro.
Per quanto riguarda il secondo filone d’inchiesta, che coinvolge numerosi medici interni ed esterni al Policlinico, i magistrati ipotizzano per l’ipotesi principale solo il reato di falso e poi in seconda battuta quella di esercizio abusivo della professione, sostanzialmente per l’attività extramoenia del chirurgo plastico. Sono cioè professionisti che lo hanno supportato dal punto di vista medico nelle decine e decine di interventi, monitorati durante le indagini, che Stagno d’Alcontres ha eseguito in vari centri privati tra Messina e Ortoliuzzo, Barcellona, Milazzo, Sant’Agata Militello e anche Roma. Il falso si sarebbe concretizzato sostanzialmente per due ipotesi che emergono nelle cartelle cliniche a corredo delle operazioni siglate dai professionisti nei centri privati: in alcuni casi per aver omesso tra le carte, il cosiddetto registro informatico di sala operatoria, la presenza di Stagno d’Alcontres come primo operatore. L’esercizio abusivo della professione, in concorso, si sarebbe concretizzato nell’aver consentito, da parte dei medici coinvolti, di far partecipare in sala operatoria agli interventi, come infermiera, l’ostetrica Alì, che invece non aveva la qualifica adatta per farlo.
Un ultimo aspetto, non secondario. Come mai, pur essendo già andato in pensione dal reparto nel luglio scorso, per il prof. Stagno d’Alcontres la Procura ha chiesto, e il gip li ha accordati, gli arresti domiciliari? Lo spiega il gip Pugliese. Da un lato una «... complessa rete relazionale, che include non solo dipendenti pubblici (Melita) ma anche referenti di società private (Zona, Accardo Palumbo, Carmeci, Bergonzoni, La Rocca, La Rosa, etc.), rende altissimo il pericolo che Stagno possa influenzare o coordinare le dichiarazioni dei coindagati e dei soggetti privati coinvolti, al fine di ostacolare le indagini in corso». Dall’altro «... la serialità e l’omogeneità dei reati di concussione e corruzione, l’abuso sistematico delle funzioni pubbliche, la capacità di indurre a delinquere un’ampia rete di collaboratori, la mancanza di resipiscenza e la manifesta volontà di eludere le indagini (tentativo di bonifica), rendono imprescindibile l’applicazione di misure cautelari anche a salvaguardia della genuinità delle fonti di prova».