IL CASO: Il ministro Ciriani a Lipari su una nave della GdF con moglie e figlio: alt alle foto
Di Giuseppe Pietrobelli - Il cielo è azzurro sopra l’isola di Lipari, il mare di un blu scintillante. È l’11 ottobre 2025. Il ministro Luca Ciriani tiene in mano un cappello della guardia di Finanza. Scende da una passerella e mette piede sul molo del porticciolo turistico, nel capoluogo delle Eolie, dopo essere sbarcato da un pattugliatore militare. Accanto a lui, entrambi con il volto girato e quindi non riconoscibili, una signora (la moglie) e un ragazzo (il figlio minorenne). La scenetta non passa inosservata. Infatti, l’arrivo del ministro per i rapporti con il Parlamento, friulano di Fratelli d’Italia, ha provocato una mobilitazione. Non solo l’imbarcazione lunga 50 metri partita dalla Sicilia con a bordo un equipaggio di una trentina di persone, ma anche un motoscafo e un gommone con una decina di finanzieri, a protezione dell’illustre attracco.
Il giorno precedente erano cominciati all’Hotel Tritone gli “Stati generali delle isole minori marine”. Presenze di primissimo piano, con i ministri Nello Musumeci, Matteo Piantedosi, Orazio Schillaci, Gilberto Pichetto Frattin, Carlo Nordio, Alessandro Giuli e Roberto Calderoli, oltre ai sottosegretari Maurizio Leo, Edoardo Rixi, Claudio Barbaro e il commissario europeo Raffaele Fitto. Addirittura era stata mobilitata la nave ammiraglia per trasportare tutti i relatori, con uno spiegamento di forze con pochi precedenti.
Luca Ciriani, a sua insaputa, si è imbattuto in un tranquillo pensionato, il giornalista pordenonese Mario Quaia, già direttore del Piccolo di Trieste. Il mestieraccio non si dimentica mai. Il movimento di divise a servizio della personalità di Stato lo ha incuriosito. Ha scattato alcune foto, si è rivolto a Ciriani (“Lei sì che viaggia in sicurezza”), ha fatto qualche domanda in giro. Appurato che il ministro era stato scortato a Lipari per partecipare al convegno, ne ha tratto un post ironico su Facebook in cui ha raccontato ciò che aveva visto. A corredo la foto dei Ciriani, convinto di aver compiuto un dovere di informazione civile.
Apriti cielo. Il ministro si è sentito diffamato nell’onore e colpito, come padre, per la foto del figlio minorenne, anche se non identificabile. È partita una pec all’indirizzo di Quaia. Poi una richiesta al giudice di Pordenone, con un ricorso inaudita altera parte per ottenere l’eliminazione immediata della foto dal web. Non è vero che la giustizia è lenta: il 25 ottobre il giudice ha firmato un’ordinanza fissando la discussione al 16 dicembre (poi rinviata per impedimenti ministeriali). L’avvocatessa Caterina Belletti ha spiegato il motivo. “Il soggiorno dei familiari era stato pagato personalmente dal ministro con fondi propri. Il servizio d’ordine era predisposto dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero per la protezione civile, il ministro non poteva sottrarsi alla protezione accordata…”. Siccome la partecipazione al convegno c’è stata, ecco “la natura diffamatoria delle affermazioni contenute nel post, le quali, volutamente distorte, infondate e prive di qualsivoglia riscontro oggettivo, risultano dirette esclusivamente a ledere gravemente l’onorabilità e il prestigio personale e familiare del ministro”, avendo insinuato l’idea “che il ministro, insieme alla famiglia, avesse approfittato dei mezzi dello Stato per un periodo di vacanza sull’isola siciliana, sotto il paravento della partecipazione ad un evento istituzionale”. Come aggravante, aver pubblicato senza autorizzazione la foto di un minorenne, con la richiesta di 100 euro per ogni giorno di permanenza della foto sul web e anche per “ogni eventuale futuro episodio di violazione della richiesta inibitoria”. Il giornalista, con gli avvocati Gloria Favret e Cesare Malattia, si è opposto alla richiesta, anche se ha obbedito all’ordinanza. Le controdeduzioni: esercizio del diritto di cronaca e critica, opposizione a un tentativo di censura, inconsistenza dell’accusa di diffamazione, in quanto totalmente “generica”. Inoltre, il minore non è riconoscibile. “La critica, anche pungente ha colto nel segno – spiegano i legali – infatti il ministro si è trovato in palese difficoltà a giustificare l’impiego di una flotta navale per un trasporto familiare che non ha giustificato”. Fonte: Il Fatto Quotidiano