Nel corso dell’attività investigativa, erano state ricostruite numerose operazioni illecite effettuate, dal 2014 al 2017, dai professionisti messinesi per conto di importanti gruppi imprenditoriali presenti in diverse regioni italiane.
Il modus operandi: svuotavano rilevanti poste patrimoniali da società in difficoltà trasferendoli in altre di nuova costituzione, lasciando gli ingenti debiti in capo alle società originarie. Queste ultime, poi, venivano messe in liquidazione.
Questa la sentenza: Andrea Lo Castro, 9 anni e 6 mesi; Benedetto Panarello, 9 anni di reclusione; Giuseppe Barbera, 3 anni e 2 mesi; Orazio Oteri, 5 anni e 10 mesi di reclusione; Francesco Bagnato, 2 anni e 6 mesi; Francesco D’Amico, 60 anni, già proprietario del Jolly Hotel di Messina, 5 anni e 2 mesi; la moglie Paola Isidori, 52 anni, 4 anni e 8 mesi (i due coniugi sull'epoca risultavano proprietari di due alberghi a Chianciano Terme, posti a vincolo di sequestro); Annunziatino Foti, 47 anni, costruttore di Cosoleto, in provincia di Reggio Calabria, 2 anni di reclusione; Elena Zippo, di Milazzo (collaboratrice degli imprenditori Ferrara), 2 anni di reclusione; Francesco Rocco Ferrara, 60 anni, 3 anni e 4 mesi; i figli Gaetano, 31 anni, e Ottavio, 29 anni, imprenditori di Policoro, in provincia di Matera, operanti in diversi settori economici, a 1 anno e 6 mesi di reclusione. E ancora: Bruno Lagana’, 65 anni, 1 anno di reclusione e Vincenzo Lagana', 38 anni, attivo nel settore alimentare della provincia di Reggio Calabria, 1 anno e 6 mesi. Infine il faccendiere di Milano, Vincenzo Pompeo Bava, 58 anni, è stato condannato a 7 anni e 8 mesi di reclusione.
Il Tribunale ha condannato tutti gli imputati alle spese processuali e Lo Castro e Panarello anche al pagamento delle spese di mantenimento in carcere.
Il Tribunale ha, inoltre, concesso a Foti, Zippo, Gastone e Ottavio Ferrara e a Bruno Laganà il beneficio della sospensione della pena e dichiarato Lo Castro, Panarello, Oteri, D'Amico e Isidori inabilitati all'esercizio di una impresa commerciale e incapaci ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per il periodo di 4 anni Lo Castro e Panarello, e per il periodo di 3 anni Oteri, D'Amico e Isidori.
Per Lo Castro, Panarello, Oteri, Bagnato, Isidori e D'Amico, il Tribunale ha deciso anche la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici per il periodo di 5 anni e per Bava l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e legale per la durata della pena.
Il Tribunale ha anche dichiarato non doversi procedere nei confronti di Rocco Foti per morte dell'imputato (e il dissequestro dei conti correnti a lui intestati).
Infine il Tribunale ha disposto il dissequestro dei beni patrimoniali trasferiti dalle Officine Meccaniche Nardelli srl alla Grandi Beni srl, sequestrati con ordinanza del gip del Tribunale di Messina del 29 gennaio 2019 e la confisca di quant'altro in sequestro.
L'INDAGINE.
Venivano da tutta Italia per chiedere consulenza al gruppo messinese su come fallire. Un sistema collaudato, da diversi anni, che permetteva alle società in sofferenza economica di non pagare i creditori e il fisco. Trasferivano l'attivo delle società in nuove spa, intestavano quelle vecchie a dei prestanome che nel giro di un anno le chiudevano. L'operazione Default della Guardia di finanza di Messina, coordinata dal pm Francesco Massara, portò, il 4 febbraio 2019, agli arresti di 5 persone e 11 misure di sospensione dell'attività professionale per un anno firmate dal gip Maria Vermiglio. In carcere erano finiti l'avvocato Andrea Lo Castro e il commercialista Benedetto Panarello, il primo, avvocato molto noto a Messina, era stato già arrestato per l'Operazione Beta, già a processo per concorso esterno in associazione mafiosa, accusato di essere stato il "consigliori" di una costola della mafia catanese a Messina. Lo Castro assieme a Panarello, suo braccio fiscale, erano a capo del giro.
"Ti bacio le mani", così Giuseppe Barbera accettava di buon grado la proposta di intestarsi temporaneamente le quote di una società. La proposta veniva da uno dei più conosciuti avvocati di Messina, Andrea Lo Castro, il deus ex machina, secondo la procura di Messina, di un collaudato sistema di bancarotta, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, riciclaggio e auto-riciclaggio, falso ideologico in atto pubblico ed appropriazione indebita.
"Ad esempio un'altra cosa che io spesso faccio, inizio delle cause, quando c'è tipo con le banche che ho tanti giudizi, esteri, la banca in genere chiude il conto presenta il ricorso al Tribunale ed ottiene il decreto ingiuntivo giusto? Ma se io prima che la banca si muove faccio io causa alla banca, la banca per legge non può chiedere il decreto ingiuntivo, perché deve aspettare che finisce la causa... chiudo anche la società, le società le chiudo, dopo un anno dalla chiusura non possono fallire per legge, la banca non trova più niente, quando io finisce il tempo, la banca non ha più niente", così parla l'avvocato Andrea Lo Castro mentre riceve un cliente nel suo studio.
La Guardia di finanza dopo il fallimento del Jolly Hotel di Messina, infatti, nota dei movimenti sospetti, da qui partono le indagini che portano alle intercettazioni ambientali allo studio di Lo Castro, che quando viene intercettato dai finanzieri è già sotto indagine per l'Operazione Beta per la quale dopo l'arresto è ora ai domiciliari e a processo per concorso esterno in associazione mafiosa perché considerato il "consigliori" della costola dei Santapaola a Messina. Del fisco, poi "non ci interessa... perché noi il fisco lo lasciamo dov'è, ormai, dico, è inutile versare più nulla, è chiaro, va. Con i debiti che abbiamo, li lasciamo là, non pagheremo più niente, neanche l'Iva", così parlava Lo Cascio con i Foti che si erano rivolti a lui perché la loro società Consoter che aveva come oggetto la costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali era in gravi difficoltà. È per questo che dalla Consoter si passerà alla Magistri srl, attraverso l'apertura di altre società, aperta anche a due giorni di distanza l'una dall'altra.
Ai domiciliari andarono, invece, l'avvocato Francesco Bagnato, Orazio Oteri e Giuseppe Barbera, quest'ultimo pure coinvolto nell'operazione antimafia Beta e nel crack dell'Italgea. Oteri, di fatto muratore ma intestatario di diverse società, e Barbera sono i prestanome utilizzati da Lo Castro, Panarello e Bagnato secondo quanto ricostruito dagli inquirenti. Non potettero esercitare per un anno i proprietari del Jolly hotel e dell'hotel di Chianciano Terme Paola Isidori di 46 anni e il marito Francesco D'Amico, di 54 anni, entrambi di Messina
Rocco Foti di 76 anni e il figlio Nunzio Foti di di 41 anni, di Reggio Calabria. Elena Zippo, di 49 anni, residente a Milazzo. Francesco Rocco Ferrara di 54 anni e Gaetano Ferrara di 25 anni, Ottavio Ferra di 23 anni di Policoro. Vincenzo e Bruno Laganà, di 59 e 33 anni, entrambi di Reggio Calabria. E Pompeo Vincenzo Bava, di 51 anni di Milano.
Fu ordinato pure il sequestro di 15 milioni di euro, il credito mancante al fisco, mentre altri 5 milioni furono contestati da altri creditori. Furono coinvolte 5 società che grazie al sistema messinese aggirarono il pagamento verso creditori e fisco di 20 milioni di euro. I sequestri della guardia di finanza erano avvenuti in più parti d'Italia, tra questi il Grand Hotel di Chianciano, e società a Roma, Milano, Siena, Policoro e Reggio Calabria.