
Sequestrata la salma di Stefano Argentino. Genitori distrutti, madre sedata da ore
“Sapevo che Stefano era un ragazzo molto fragile. Avevo chiesto una perizia psichiatrica. Forse, alla luce di quanto è accaduto, non era poi così sbagliato”. A parlare è l’avvocato Giuseppe Cultrera, legale di Stefano Argentino (nella foto), il 27enne detenuto per il femminicidio di Sara Campanella, sua collega di università di 22 anni, trovata morta lo scorso aprile. Il giovane si è tolto la vita ieri nel carcere di Messina, dove si trovava in regime di detenzione comune da circa due settimane, dopo un lungo periodo di alta sorveglianza a causa del rischio suicidario. Al momento della tragedia, in cella con lui c’era un detenuto anziano, mentre gli altri compagni si trovavano all’esterno per le attività di socialità.
La Procura della Repubblica di Messina ha disposto il sequestro della salma del giovane. Nell’ambito del fascicolo d’inchiesta aperto – al momento senza indagati né ipotesi di reato – sarà eseguita l’autopsia per chiarire le cause del decesso.
L’indagine, coordinata dal procuratore Antonio D’Amato, punta a fare piena luce sull’esatta dinamica dell’accaduto. Oltre all’esame autoptico, saranno effettuati accertamenti anche sulla documentazione clinica e, in particolare, sulla perizia medica che ha determinato il recente declassamento del livello di sorveglianza a cui era sottoposto il giovane all’interno della struttura penitenziaria.
“L’ultima volta l’ho visto lunedì”, ha raccontato il legale. “Mi ha detto: “Sai Peppe, qui dentro non è semplice””. Un segnale, forse, di un disagio che non si era mai placato del tutto. Il dolore per quanto accaduto è profondo anche tra i familiari di Argentino. “I genitori non parlano, sono distrutti. La madre, da ieri, è sedata”, ha riferito l’avvocato. “Adesso pensano solo a seppellire Stefano”.
L’avvocato Giuseppe Cultrera, che difendeva il ragazzo, ha voluto anche rivolgersi alle famiglie coinvolte: «Auspico che le due famiglie, accomunate da un immane dolore di un destino avverso, possano trovare la pace terrena in un abbraccio silenzioso di dolore, antefatto ed epilogo di un qualcosa che non sarebbe mai dovuto succedere e che avrebbe potuto essere evitato».
A ribadire il fallimento del sistema è anche il sindacato di polizia penitenziaria Spp, che parla apertamente di “tragedia annunciata”. «Quella di Stefano Argentino, detenuto per l’omicidio di Sara Campanella, che si è tolto la vita oggi pomeriggio (ieri, n.d.r) nel carcere di Messina, è una tragedia annunciata. Non è purtroppo la prima volta che accade perché le prime settimane di detenzione, specie per giovani che hanno commesso reati di sangue, sono quelle a maggiore rischio», ha dichiarato il segretario Aldo Di Giacomo.
Il caso di Stefano Argentino si aggiunge a una lunga lista: con il suo, salgono a 51 i suicidi in carcere dall’inizio del 2025. «Siamo a una media di un suicidio ogni 4 giorni», denuncia Di Giacomo. «Il carcere non può diventare luogo di morte e non può rinunciare al compito di espiazione di pena. Purtroppo tutto questo accade nel silenzio di Ministero e Governo». Il segretario Spp boccia l’iniziativa del Ministro Nordio di creare una task force per studiare il fenomeno dei suicidi, definendola «un flop». Secondo Di Giacomo, servono soluzioni concrete: sportelli psicologici, più medici, assistenti sociali e un’attenzione particolare per le categorie più fragili come under 40, tossicodipendenti, malati psichici e detenuti alla prima carcerazione. Le risorse però sono insufficienti e le condizioni delle strutture critiche, con un sovraffollamento che in alcuni istituti supera il 130% della capienza. «Il costo giornaliero di un detenuto sfiora i 150 euro, ma non trova riscontro nei servizi di assistenza. Pensare di risolvere con celle-container da 80 milioni di euro è uno spreco. I problemi resteranno, soprattutto se non si affrontano le cause strutturali del sistema penitenziario italiano».