
Firmato il contratto del Ponte: Webuild ora ha le sue penali
Di Manuela Modica - Il contratto è stato firmato, lo conferma la Stretto di Messina Spa (SdM). Lo scorso 5 agosto la società del ponte ha messo nero su bianco l’affidamento al consorzio Eurolink della progettazione definitiva e della realizzazione della grande opera, quantificando le penali in caso il ponte non si facesse più. Un atto firmato prima ancora della pronuncia della Corte dei Conti e della conseguente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della delibera del Cipess con cui il governo ha dato il via libera all’opera. Un’accelerazione che fa insorgere chi le si oppone: “È la riprova che procedono per forzature, mostrando una totale indifferenza per le procedure”, dice Angelo Bonelli dei Verdi. Mentre per Aurora Notarianni, l’avvocata che da anni segue i contenziosi contro il ponte per conto del Wwf, “non può essere valido nessun contratto che preveda nuove penali, se prima non si rinuncia alle precedenti”.
Ma cosa prevede esattamente questo contratto? “In caso di blocco dei lavori per responsabilità di Stretto di Messina – scrive in una nota la stessa società – ovvero nel caso di recesso da parte della Società, la misura della penale che sarebbe applicata è pari al 5% dei lavori non eseguiti fino a un massimo dei quattro quinti del valore del contratto. Si tratta della metà del valore (10%) previsto dall’art. 123 del Codice Appalti. A ulteriore tutela dell’interesse pubblico, l’atto prevede penali anche a carico del Contraente generale in caso di inadempimenti contrattuali che possono arrivare a superare ampiamente il milione di euro per ogni giorno di ritardo”, oltre a una cauzione di oltre 650 milioni di euro a garanzia degli impegni presi da Eurolink.
In sostanza, se la Corte dei Conti approva la delibera del Cipess, lo Stato italiano si impegna a pagare massimo 400 milioni di euro nel caso l’opera non si faccia: questo è quanto sostiene la Stretto di Messina Spa, anche se per chi si oppone all’opera la penale potrebbe lievitare assieme al costo finale. Di certo c’è che Eurolink, il consorzio capeggiato dalla Webuild di Pietro Salini, incasserà soldi a prescindere dalla realizzazione del Ponte. SdM, guidata da Pietro Ciucci, però ribatte che nel contratto le penali sono previste anche a carico dei privati e che, in caso di ritardo (fino al milione al giorno di cui sopra), il loro prelievo sarà automatico dalla cauzione di 650 milioni. Tutto questo, è bene ricordarlo, entrerà in vigore quando (e se) la delibera del governo verrà approvata dalla magistratura contabile.
Per il fronte di chi si oppone al Ponte, però, quel contratto non è valido in ogni caso, che la Corte dei Conti dica sì o meno: “SdM è soddisfatta per aver violato deliberatamente la legge sottoscrivendo dei contratti affetti da nullità”, commenta Notarianni. E spiega: “Perché sia valido un nuovo contratto con la previsione di nuove penali, è necessario prima che si rinunci al contenzioso per le penali precedenti”. E invece Eurolink, assieme a Parsons, la società americana che aveva vinto l’appalto come project management consulting, hanno ancora aperto un contenzioso con lo Stato da quando il governo Monti decise di rinunciare al progetto: la prossima udienza al Tribunale per le Imprese di Roma è fissata al 15 settembre per Parsons e al 13 ottobre per Eurolink. In ballo ci sono, in tutto, circa 800 milioni.
Secondo Notarianni, dunque, per sottoscrivere un nuovo contratto che preveda altre penali bisogna prima che si rinunci a quelle precedenti, altrimenti il contratto non può considerarsi valido. Perciò anche nel caso in cui la Corte di Conti approvi la delibera del Cipess, il contratto sottoscritto dalla Stretto di Messina sarebbe nullo: “Bisogna anche valutare se sia corretta la stipula con il monitor ambientale, perché nel progetto iniziale era inserita una società che adesso non esiste più”, avverte Notarianni. Insomma ci sono molti dubbi sul merito e ancor più sul metodo: “Un contratto – dice Bonelli – che impegna lo Stato a pagare penali prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è un atto di non rispetto delle istituzioni che sono chiamate a dare un parere, cioè la Corte dei Conti. Ed è un messaggio chiaro: noi abbiamo deciso e voi non potete che siglare”. Fonte: Il Fatto Quotidiano