
E’ definitiva l’assoluzione dei due dipendenti di Gazzetta del Sud denunciati a suo tempo per il furto di alcune lastre da stampa
E’ definitiva l’assoluzione dei due dipendenti di Gazzetta del Sud, di 60 e 55 anni, denunciati a suo tempo per il furto di alcune lastre da stampa. La Corte di Cassazione ha detto no al ricorso degli editori del quotidiano messinese, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dall’avvocato Giuseppe Lo Presti. La società editrice aveva impugnato l’assoluzione decisa un anno fa dalla Corte d’Appello. I giudici di secondo grado (presidente Mangano) avevano scagionato entrambi dall’accusa di aver sottratto dal reparto grafica del quotidiano di via Bonino ben 900 lastre da stampa. La formula, oggi definitiva, era stata per loro la più liberatoria: non aver commesso il fatto. In primo grado, nel 2023, erano invece stati condannati entrambi.
Ladri di lastre da stampa
La vicenda prende le mosse tra l’aprile 2016 e l’agosto 2017, quando i vertici aziendali di Gazzetta, durante un inventario, si accorgono della sparizione di 60 lastre la prima volta, addirittura 840 la seconda. Si tratta di grosse laste di alluminio usate per la stampa delle pagine del quotidiano, molto pesanti. Dopo la denuncia, erano stati analizzati i filmati delle telecamere di sorveglianza che avevano immortalato, il 25 agosto 2017, i due dipendenti entrare nel magazzino con un mezzo della stessa società e uscirne 3 minuti dopo. Per l’Accusa questa era la prova schiacciante contro i due, che avrebbero poi rivenduto tutto il materiale a un grossista di metalli della città. Era così arrivata al condanna in primo grado,
Il processo
Al processo i difensori, gli avvocati Rina Frisenda e Pietro Venuti, hanno però fatto emergere come 3 minuti fossero davvero pochi per caricare 900 lastre di alluminio pesanti oltre 250 kg e che nel deposito, dove sarebbero state vendute, non sono mai state trovate dagli investigatori. In più per lo stesso furto del 25 agosto 2017, un altro dipendente della società è stato condannato in via definitiva. Insomma, per i legali le prove contro di loro non sono univoche. Tesi condivisa dai giudici di secondo grado. Adesso la Suprema Corte scrive la parola fine al procedimento penale.