15 Ottobre 2025 Attualità

La prima puntata di “Vite spericolate 25/26”: Nanga Parbat, il viaggio di Matteo Arrigo in Pakistan tra monsoni, alluvioni e ghiacciai che si sciolgono

Il giornalista e documentarista messinese Matteo Arrigo ha raccontato in un reportage video, che stampalibera pubblica all'interno del format "Vite spericolate", la sua esperienza in Pakistan, dove lo scorso agosto ha intrapreso un viaggio verso il campo base del Nanga Parbat, una delle vette più imponenti e temute della catena dell’Himalaya. Un percorso impervio e pericoloso, reso ancora più complesso dalle pesanti alluvioni che hanno colpito il Paese in una stagione monsonica anomala per intensità.

Conosciuta come “la montagna assassina” per l’alto tasso di mortalità (1 alpinista su 3 non sopravvive al tentativo di scalata), la montagna ha accolto Arrigo in un contesto drammatico. «Siamo arrivati lì il 16 agosto e abbiamo subito scoperto che c’era stata l’ennesima alluvione – racconta – e che la nostra guida era bloccata da un fiume in piena. Siamo andati per raggiungere il campo base, ma il viaggio si è intrecciato con una realtà segnata da distruzione e sofferenza».

Durante il tragitto, Arrigo e ha assistito ai segni evidenti della catastrofe: ponti crollati, colate di fango, deviazioni improvvisate, villaggi rimasti senz’acqua e famiglie disperse. «Abbiamo percorso la Karakorum che costeggia il fiume Indo, in piena. Abbiamo attraversato villaggi colpiti dalle alluvioni di fine luglio, ascoltando racconti di morti, feriti e case distrutte», spiega.

Oltre ai monsoni, il viaggio ha mostrato anche gli effetti tangibili del cambiamento climatico. Temperature insolitamente alte — fino a 30 gradi — hanno reso instabile il ghiaccio. «Abbiamo attraversato un ghiacciaio perché un ponte era crollato. C’erano continui cedimenti e ci dicevano che nessuno quest’anno è riuscito a scalare il K2 per colpa del caldo», aggiunge Arrigo.

Un altro tema forte emerso lungo il cammino è quello dell’inquinamento ambientale. «Il percorso era pieno di spazzatura. Ho chiesto se fosse colpa dei turisti ma la guida mi ha spiegato che sono gli stessi abitanti a lasciarla in giro. Così io ed Eleonora abbiamo preso una busta a testa e l’abbiamo riempita di rifiuti: all’arrivo l’abbiamo gettata nei cassonetti e una persona del luogo ci ha ringraziati».

Da qui nasce il titolo del suo documentario: “Change”, un invito a riflettere. «Change racconta non solo il cambiamento climatico ma anche quello che ognuno di noi deve compiere nel proprio stile di vita», sottolinea il documentarista.

Le immagini realizzate da Arrigo mostrano una realtà lontana, ma profondamente connessa a quella italiana e globale: il pianeta sta reagendo, e i suoi segnali non possono più essere ignorati. Un semplice gesto di attenzione, come raccogliere dei rifiuti, può diventare un simbolo di speranza e responsabilità condivisa.

BUONA VISIONE!