15 Novembre 2025 Giudiziaria

L’inchiesta sul caporalato nei vivai. Rimesso in libertà Salvatore Giunta

Torna in libertà l’imprenditore florovivaistico Salvatore Giunta, 47 anni, di San Biagio di Terme Vigliatore, che era stato arrestato lo scorso martedì dai carabinieri della Stazione di Terme Vigliatore, nell’ambito dell’ampia inchiesta della Procura di Barcellona diretta dal procuratore Giuseppe Verzera, che verte sui presunti casi di caporalato nelle aziende florovivaistiche di Terme Vigliatore fino a Milazzo.

Il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Caristia - come scrive oggi il quotidiano Gazzetta del sud - ha disposto nei confronti del solo Giunta la revoca della misura cautelare nei suoi confronti al termine dell’interrogatorio di garanzia. Salvatore Giunta, difeso dall’avvocato Sebastiano Campanella, ha fornito – secondo il giudice – “plausibili spiegazioni alternative” agli episodi contestati, non smentite dagli atti e tali da non soddisfare lo standard probatorio richiesto dal codice di procedura penale.

Diversa la posizione degli altri tre indagati, per i quali restano in vigore gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.

È stata infatti respinta la richiesta di revoca presentata dall’intermediario di origine tunisina Salem Mizouri, 48 anni, residente a Furnari, difeso dall’avvocato Angelo Puglisi, il quale ha scelto di non rispondere alle domande del giudice, tanto che il suo difensore non ha richiesto la revoca dei domiciliari. La misura cautelare resta immutata anche per i fratelli Salvatore e Giuseppe Valenti, rispettivamente 42 e 48 anni, difesi dall’avvocato Giuseppe Sottile. Il primo si è sottoposto all’interrogatorio; mentre il secondo ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. Per entrambi il giudice ha ritenuto immutato il quadro indiziario delineato nell’ordinanza di custodia cautelare, fondato – si legge nelle motivazioni – su “molteplici elementi di natura dichiarativa e oggettiva”. Nel caso dei fratelli Valenti, il gip ha evidenziato che la revoca o la sostituzione delle misure potrebbe compromettere le esigenze cautelari, con il rischio di reiterazione delle condotte ipotizzate e di inquinamento probatorio. Nessun elemento nuovo, secondo il giudice, risulterebbe idoneo a giustificare un’attenuazione delle misure in atto.