Genovese assolto dal riciclaggio. Definitiva la pena a 6 anni e 8 mesi
“Il fatto non sussiste”. E questo vuol dire che per i giudici d’appello di Reggio Calabria il reato di riciclaggio che veniva contestato al processo Corsi d’oro bis sullo scandalo della formazione professionale in Sicilia a Francantonio Genovese, ras di preferenze a Messina, ex segretario regionale del Pd ed ex deputato, non era configurabile. Ovviamente il processo che si è chiuso ieri, aperto nel 2021 e durato ben quattro anni di rinvio in rinvio, non cancella per lui tutto il passato della vicenda Corsi d’oro bis.
Dopo il passaggio in Cassazione dell’ottobre 2021, per Genovese era infatti divenuta definitiva la sua condanna a 6 anni e 8 mesi di reclusione per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, associazione a delinquere, frode fiscale e tentata estorsione all’ex dirigente regionale siciliano della Formazione Ludovico Albert. Ma era stato disposto in quella sede un rinvio alla corte d’appello di Reggio Calabria per riprocessare l’ex parlamentare solo per l’accusa di riciclaggio, da cui era stato assolto in secondo grado. La Cassazione aveva infatti accolto il ricorso della Procura generale di Messina e aveva, dunque, ripassato la palla ai colleghi reggini.
Adesso ci vorranno circa quattro mesi di tempo per il passaggio in giudicato della sentenza di Reggio Calabria, tra il deposito delle motivazioni e la scadenza dei termini per un eventuale nuovo ricorso per Cassazione che potrebbe decidere di presentare la Procura generale reggina. Al processo bis il sostituto Pg Giuttari aveva chiesto parecchio tempo addietro, addirittura il 19 novembre del 2024, la condanna per Genovese, con la conferma della sentenza di primo grado del processo Corsi d’oro bis, che prevedeva anche il riciclaggio («conferma della sentenza appellata e rideterminazione della pena»): 4 anni e 8 mesi, più 9000 euro di multa, per il capo 11 (riciclaggio); 6 mesi e 900 euro per le restanti ipotesi di riciclaggio; per la tentata estorsione 5 mesi e 900 euro; per ciascuno dei reati tributari (capi 19 e 20) 3 mesi e 300 euro; per la truffa 2 mesi e 400 euro; per l’associazione a delinquere un anno e 1900 euro; la pena finale era di 7 anni e 3 mesi di reclusione più 13.400 euro di multa. Cadendo il riciclaggio restano quindi da scontare per Genovese 6 anni e 8 mesi di reclusione. L’ex parlamentare non ha già cominciato a scontare la condanna in carcere per un motivo ben preciso. Eccolo: quando si trattò di celebrare il nuovo processo a Reggio Calabria, ad ottobre del 2021, si verificò la sospensione della esecutività della condanna definitiva a 6 anni e 8 mesi per l’ex parlamentare. E l’ufficialità si ricavò a contrario, in quanto la Corte d’appello inviò ad altri imputati condannati in via definitiva per lo stesso processo, con pene inferiori a 4 anni, l’ordine di carcerazione, con il contestuale atto di sospensione in attesa che i difensori presentassero le istanze per le misure alternative alla detenzione. L’unico a non aver ricevuto alcun atto all’epoca fu proprio Genovese, e a quel punto venne confermato il fatto che la Procura generale di Reggio Calabria volesse attendere che si completasse tutto il “ciclo giudiziario” del nuovo processo stralcio a suo carico, rifacendosi a una sentenza della Cassazione che si occupava della cosiddetta “inscindibilità del giudicato”.
«Già nel 2019 - spiega il suo legale in una nota, l’avvocato Nino Favazzo - la Corte di Appello di Messina, confermando nel resto la sentenza di primo grado, aveva ritenuto insussistenti tali reati, ma la decisione, impugnata dalla Procura Generale di Messina, era stata annullata dalla Corte di Cassazione, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte reggina. Ieri la conferma della assoluzione. Adesso bisognerà attendere il deposito della motivazione e, solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza, sarà posta in esecuzione la condanna, a sei anni e otto mesi, già definitiva ma sospesa dall’ottobre 2021. Pena - precisa il difensore - che dovrà essere, tuttavia, sensibilmente ridotta, sia in considerazione del “presofferto” già subito (quanto ha già scontato della pena tra carcere e arresti domiciliari, n.d.r.) che di altre riduzioni che saranno tempestivamente richieste».
Era un vero «meccanismo delinquenziale»
Il procedimento “Corsi d’oro 2” deriva dall’inchiesta della Procura di Messina, all’epoca fu gestita dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, che ha provato come la formazione professionale è stata in Sicilia per anni un pozzo senza fondo, un vero «meccanismo delinquenziale», dove era molto facile accaparrarsi una quantità di denaro illimitata per milioni di euro. Non c’erano in pratica controlli regionali, si poteva fare di tutto. E il processo “Corsi doro 2”, intrecciato giuridicamente e temporalmente con il “Corsi d’oro 1”, ha provato nel suo evolversi che a Messina venne creato un sistema ad hoc per sfruttare i “mancati controlli” palermitani, tra mille rivoli societari apparentemente slegati tra loro ma in realtà tutti collegati sottobanco, a capo del quale c’era un «dominus» assoluto: Francantonio Genovese. Ha svelato tra l’altro che alcuni degli assunti in enti di formazione professionale in realtà svolgevano attività per Genovese, nella sua segreteria politica.
La sentenza d’appello si ebbe il 20 settembre 2019, fu la prima sezione penale a deciderla. Delle 21 posizioni trattate che derivavano dal primo grado ne rimasero solo 13, il resto fu spazzato via dalla prescrizione. E delle 13 condanne decise, in 6 casi la pena fu diminuita, soltanto in uno aumentata, in 6 confermata. Tra i reati contestati (erano ben 71 in origine i capi d’imputazione), il più grave era l’associazione a delinquere finalizzata al peculato. Gli altri reati, a vario titolo, erano truffa aggravata, tentata estorsione, riciclaggio, falso in bilancio, reati finanziari contro la pubblica amministrazione in concorso con pubblici ufficiali, evasione fiscale, false fatturazioni, truffa in erogazioni pubbliche.