Sorpresa: ci sono 3,5 miliardi per la Manovra. E c’entra il Ponte sullo Stretto
La consueta corsa di fine anno per approvare la legge di Bilancio entro fine dicembre rischia di essere ancor più piena di ostacoli del solito. Perché a due settimane dalle fine del 2025 la legge di Bilancio non è ancora arrivata in prima lettura al Senato. Ieri la Commissione Bilancio di Palazzo Madama si è riunita senza risolvere molti dei nodi politici ed in più il Governo ha annunciato un nuovo pacchetto di emendamenti da 3,5 miliardi di euro (la manovra in totale ha un valore complessivo di circa 18 miliardi, ma con le novità sarà una cifra destinata ad aumentare).
A riferirlo in commissione è stato proprio il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, spiegando che le modifiche riguarderanno Zes (zona economica speciale), finanziamento di Transizione 5.0 , la previdenza complementare (vengono stanziati 20 milioni per quella di polizia e forze armate) e soprattutto il parziale definanziamento del Ponte sullo Stretto con una «riprogrammazione» temporale dei fondi (spostandoli di fatto sulla prossima annualità). Una questione, quella del Ponte sullo Stretto, che il Mit si affretta a ridimensionare, garantendo i fondi e l’avvio dei lavori «nei prossimi mesi anziché entro fine anno come auspicato».
Il pacchetto presentato dal Governo, denominato “Emendamento 7” e che riformula 13 emendamenti parlamentari e che dovrebbe arrivare formalmente oggi in tarda mattinata (la commissione Bilancio fissata per le 9 è stata spostata alle 11), contiene anche misure che spaziano dalla giustizia tributaria (si prevede la possibilità per i giudici di restare al lavoro fino a 74 anni) all’introduzione di un nuovo gioco denominato “Win for Italia Team” con parte delle risorse destinate al Coni, dalle misure per le Forze di polizia per la Milano-Cortina agli interventi nella città di Matera (dovrebbero essere destinate circa un milione come capitale per la cultura 2026). Come pure oltre 14 milioni per le assunzioni a termine nel quadro del nuovo Patto europeo sulla migrazione e l'asilo e nuove risorse per il Piano Casa. Ma molte altre questioni restano da dirimere (anche con diverse posizioni all’interno della stessa maggioranza). Come ad esempio l’emendamento sugli enti locali, l’ultima bozza prevede l’uscita di Roma Capitale dalla componente perequativa del fondo di solidarietà comunale, fissando a priori le risorse destinate al Campidoglio. Come anche resta aperta la questione dei compensi per i professionisti che lavorano per la Pa, ma che non sono in regola con il fisco. Tra gli emendamenti ancora attesi ci sono infine alcune norme sulla sicurezza sul lavoro e una riformulazione delicata dell’emendamento sulle riserve auree di Banca d’Italia.
«Siamo a posto. Nella riformulazione che ho presentato a nome del Governo riteniamo che la questione si possa considerare chiusa», ha detto sulla questione Giorgetti, uscendo dall’Ufficio di presidenza della commissione Bilancio del Senato. Su quest’ultimo punto, infatti, il ministro ha portato avanti un negoziato con la Banca centrale europea con l’obiettivo (pare riuscito) di trovare un compromesso che consentiva di mantenere nel testo il principio – caro a Fratelli d’Italia – secondo cui le riserve auree «appartengono al popolo italiano», ma ribadendo al tempo stesso che continueranno a essere gestite e detenute da Bankitalia, nel rispetto della sua indipendenza e dell’autonomia prevista dai Trattati europei.
Ma è appunto il maxi pacchetto di emendamenti - che dall’opposizione leggono come una vera e propria riscrittura della manovra - a far slittare ancora l’avvio in Aula del in Senato della manovra. I primi voti in commissione potrebbero arrivare oggi in serata, mentre anche l’Aula è stata riconvocata per oggi alle 10 con l’unica sospensione alle 12 per la riunione dei capigruppo che di fatto definirà il calendario dei lavori.
L’opposizione però non ci sta a correre (si annunciano sedute serali). «Il governo cambia la manovra di 3,5 miliardi di euro. Una cosa mai vista. Abbiamo preteso tutto il tempo per valutare bene», dice il capogruppo di Iv in Senato Raffaella Paita. Per il Partito democratico «siamo di fronte al fallimento della manovra» e si ha la dimostrazione, secondo il capogruppo del partito in commissione Bilancio al Senato, Daniele Manca, che «serve fare opposizione, perché abbiamo sempre sostenuto che non c'erano crescita e futuro del Paese. Modifiche che, seppure rattoppate e seppure all'ultimo momento, confermano questo fallimento: è una manovra sbagliata che stanno riscrivendo». Per il Movimento Cinque Stelle il «Governo è nel caos, manovra ancora di più da buttare nel secchio e un Ponte sullo stretto che, come volevasi dimostrare, si è perso nel globo terracqueo». Insomma per i parlamentari pentastellati in commissione Bilancio di Camera e Senato «la manovra di fatto non c'è, perché è in parte da riscrivere e il Parlamento ha votato zero». Ancora più duro Angelo Bonelli, deputato di Avs e co-portavoce di Europa Verde, secondo cui «il governo Meloni è un gruppo di sprovveduti irresponsabili. Ora annuncia di riscrivere la manovra per 3,5 miliardi di euro su un totale di 18 miliardi: un fatto incredibile che certifica il caos e l’improvvisazione con cui sta governando il Paese».
Ponte sullo Stretto, Ciucci: “Nessun definanziamento”.
«Non c’è alcun definanziamento del ponte sullo Stretto di Messina». A ribadirlo è l’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, che chiarisce come la rimodulazione delle risorse sia legata esclusivamente a un allineamento temporale della copertura finanziaria al nuovo cronoprogramma dei lavori.
Secondo Ciucci, la variazione è conseguenza della mancata registrazione da parte della Corte dei conti della delibera Cipess di approvazione del progetto definitivo e non comporta alcuna riduzione delle risorse complessivamente destinate all’opera, come confermato anche dal ministero delle Infrastrutture.
Le altre reazioni.
Dure le reazioni del Partito Democratico alla riprogrammazione dei fondi della Manovra inizialmente destinati al Ponte sullo Stretto di Messina. A intervenire è stata la segretaria nazionale Elly Schlein, a margine della Festa regionale del Pd Sicilia, a Catania.
«Avevamo chiesto, con nostri emendamenti, di rimodulare le risorse destinate a un progetto sbagliato e dannoso come il Ponte, anche alla luce dello stop della Corte dei Conti», ha dichiarato Schlein, sottolineando come il Pd abbia proposto di destinare quei fondi alle infrastrutture necessarie per siciliani e calabresi. «Invece – ha aggiunto – ancora una volta il Governo sposta quelle risorse per coprire i pasticci fatti su Transizione 5.0, lasciando irrisolti i problemi reali dei territori».
Barbagallo: “Un doppio fallimento del Governo”
Sulla stessa linea Anthony Barbagallo, capogruppo Pd in Commissione Trasporti della Camera e segretario regionale del Pd Sicilia, che parla apertamente di «doppio fallimento» da parte dell’esecutivo.
Secondo Barbagallo, «l’annuncio del ministro Giancarlo Giorgetti sul parziale definanziamento del Ponte per tamponare il buco di bilancio causato dalla gestione di Industria 4.0 è la conferma di una strategia confusa». «Da mesi – ha aggiunto – chiediamo chiarezza su un’opera bloccata anche dalle criticità sollevate dalla Corte dei Conti. Oggi emerge che non esiste un progetto credibile e che i fondi del Ponte vengono usati come un bancomat per coprire altri errori».
La richiesta di destinare le risorse al Sud
Il Pd chiede ora che venga fatta piena luce sulla reale entità del definanziamento e, soprattutto, sulla destinazione delle risorse. «Abbiamo presentato un emendamento – ha spiegato Barbagallo – che rappresenta un atto di giustizia politica: i fondi tolti al Ponte devono essere immediatamente riassegnati alle infrastrutture e allo sviluppo di Sicilia e Calabria».
Secondo il dirigente dem, è «inaccettabile» che il Governo abbia già sottratto a queste regioni importanti risorse del Fondo di sviluppo e coesione. «Rimettere ora quei soldi sul tavolo per finanziare opere strategiche e la mobilità dei cittadini – ha concluso – è l’unica scelta seria e istituzionale rimasta».