No alle foto di minori sui social. Il ruolo istituzionale non salva l’ex sindaco Cateno De Luca dalla possibile maxi sanzione per violazione della privacy. Nuovo giudizio
Un sindaco non può pubblicare sulle proprie pagine social immagini e video in chiaro di minorenni, disabili e di persone disagiate, o di presunti autori di trasgressioni. La Corte di Cassazione ha così accolto il ricorso del Garante della privacy contro l’ex sindaco di Messina Cateno De Luca.
L’Authority ha chiesto e ottenuto l’annullamento, con rinvio, della sentenza con la quale il Tribunale aveva cancellato la maxi sanzione di 50mila euro a carico di De Luca. Il primo cittadino era stato “punito” dal Garante per aver pubblicato sul suo profilo Facebook un video con immagini di persone riprese in chiaro, in un’evidente condizione di difficoltà economico-sociale, apparentemente accampati a terra, in occasione dello sgombero di un edificio cittadino. E questo senza specifiche ragioni di interesse pubblico tali da giustificarne l’identificabilità.
Situazioni di disagio, bambini e baraccopoli.
Nel mirino dell’Authority era finita anche l’immagine di un ragazzo disabile, associata alla copia di un provvedimento amministrativo, per l’assegnazione in concessione ai suoi genitori di un posto auto in prossimità dell’abitazione - con indirizzo visibile - corredato da un post dai toni offensivi nei confronti dei dipendenti dell’ente, con il quale il sindaco imponeva di provvedere celermente a concludere l’iter per rendere fruibile il permesso per il posto auto.
Violata anche la Carta di Treviso con la pubblicazione di un video e immagini di minori, diffuse in chiaro, per rendere nota la situazione di disagio e di degrado, creata dalle “baraccopoli” cittadine, il tutto collegato a un post nel quale venivano descritte le particolari condizioni familiari e di salute di una bambina, la cui immagine era ripresa in un video pubblicato sempre senza essere oscurata.
L’interesse pubblico.
Per il Tribunale però la sanzione a De Luca andava annullata perché «le pubblicazioni erano avvenute nell’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento, essendo lo stesso sindaco del Comune di Messina». Una condizione che, ad avviso dei giudici di merito, sottraeva il primo cittadino dalle regole imposte ai giornalisti, a iniziare dal rispetto del Codice privacy e della Carta di Treviso siglata dall’Ordine dei giornalisti a tutela dell’anonimato e della riservatezza di dati e immagini relative ai minori.
La Cassazione chiarisce invece che «il trattamento dati personali è riconducibile all’esercizio di pubblici poteri soltanto quando sia necessario per l’esecuzione di un compito di pubblico interesse o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento». Nel caso specifico non c’era un compito di interesse pubblico e le pubblicazioni non erano avvenute tramite i canali social istituzionali del Comune, ma sul profilo Facebook personale di Cateno De Luca nel quale erano ospitate anche vicende e informazioni della sua vita privata.
La Carta di Treviso e il Codice.
La Suprema corte si affida dunque a un principio di diritto, per chiarire che le regole deontologiche relative al trattamento di dati personali, nell’esercizio dell’attività giornalistica, riguardano anche la pubblicazione e la diffusione sui profili personali dei social network. Canali accessibili a un numero indefinito di persone, che scontano anche i limiti imposti alla libera manifestazione del pensiero. Quanto alla Carta di Treviso il suo rispetto è una condizione essenziale per la liceità e correttezza del trattamento dei dati personali. La sentenza del Tribunale è annullata con rinvio per un nuovo giudizio che tenga conto delle indicazioni dei giudici di legittimità.
Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa di Cateno De Luca.
In relazione alla notizia apparsa stamani sugli organi di stampa, secondo cui la Corte di Cassazione avrebbe accolto il ricorso del Garante della Privacy in riferimento a una vicenda risalente al periodo in cui ricoprivo la carica di sindaco della città di Messina, si rappresenta che, fino alle ore 12 di oggi, i miei legali non hanno ricevuto alcuna comunicazione ufficiale di deposito del provvedimento da parte della Suprema Corte.
A seguito della pubblicazione degli articoli, è stato effettuato l’accesso al fascicolo telematico, dal quale è emerso che il provvedimento non risulta ancora disponibile per la consultazione e che, nell’area riservata, non è riportato l’esito della decisione.
Tuttavia, da quanto si apprende dalla testata “Il Sole 24 Ore”, “la Suprema Corte avrebbe sancito un principio di diritto” ed ha annullato “la sentenza del Tribunale … con rinvio per un nuovo giudizio che tenga conto delle indicazioni dei giudici di legittimità”. In altri termini, sarà il giudice del rinvio a dover stabilire, applicando i principi sanciti dalla Suprema Corte, se la sanzione irrogata fosse o meno legittima.