10 Gennaio 2022 Giudiziaria

#FOTO – MESSINA: IL PROCESSO CAF-FENAPI: “IL FATTO NON SUSSISTE”, ASSOLTO IL SINDACO DE LUCA

FOTO EDG

DI EDGAssolto perché il fatto non sussiste. È stata questa la sentenza per il sindaco di Messina, Cateno De Luca al processo di primo grado Caf-Fenapi davanti al giudice monocratico Simona Monforte, ovvero la presunta maxi evasione fiscale da un milione e 750 mila euro scoperta dalla Guardia di Finanza dopo un’indagine sul patronato nazionale.

Oltre al primo cittadino peloritano, e al suo collaboratore Carmelo Satta, sono stati assolti, con la stessa formula assolutoria piena (quindi comprendendo anche i casi di prescrizione segnalati dal pm), il commercialista Giuseppe Ciatto, l'ex sindaco di Santa Teresa di Riva Antonino Bartolotta, Cristina e Floretana Triolo, entrambe collaboratrici di De Luca, il responsabile dell'area fiscale della Fenapi Francesco Vito, la rappresentante legale della Fenapi Carmelina Cassaniti, e Fabio Nicita, vice-presidente del cda della Fenapi.

Il processo è durato cinque anni e ha previsto una trentina di udienze. Una assoluzione piuttosto netta, per il giudice non ci fu nessuna maxi evasione fiscale.

"La legge Severino va rivista, il mio è un appello. Secondo questa norma io dovevo ritirami in buon ordine in attesa di chiudere le vicende giudiziarie: chi mi risarciva di dieci anni di vita? Spero che questa mia vicenda esemplare serva per rivedere una legge scellerata", ha detto il sindaco De Luca dopo la sentenza.

Le richieste dell'accusa

A dicembre scorso il pm Francesco Massara, a conclusione della requisitoria, aveva fatto le sue richieste: 3 anni di reclusione per Cateno De Luca (accusato di false fatture ed evasione fiscale) e Carmelo Satta, 2 anni per Ciatto e l'assoluzione per tutti gli altri imputati. Richiesta anche la dichiarazione di prescrizione per alcuni reati. Si era proseguito poi con gli interventi delle parti civili e dei difensori. Dopo la conclusione della prima arringa, quella dell'avvocato esperto in diritto tributario-fiscale Emiliano Covino, il sindaco Cateno De Luca, in aula, aveva chiesto al giudice tramite il suo difensore, il prof. Carlo Taormina, di fare delle dichiarazioni. Aveva poi proseguito l’avvocato Taormina con una lunga arringa e il legale di Carmelo Satta.

"Speravo si concludesse con la sentenza - aveva commentato al termine il sindaco De Luca - Purtroppo non sarà così. Oggi in 40' ho ribadito l'ingiustizia che sto subendo nell'essere in questa aula giudiziaria".

Gli imputati

Oltre all'ex deputato regionale Cateno De Luca (foto) e al suo collaboratore Carmelo Satta (foto), ex sindaco di Alì, erano coinvolti nel processo Cristina e Floretana Triolo; l'ex sindaco di S. Teresa di Riva Antonino Bartolotta, Giuseppe Ciatto, Domenico Magistro, Francesco Vito, Carmelina Cassaniti e Fabio Nicita. Tra gli imputati c'era anche la srl Caf Fenapi.

Il processo

Le scorse udienze erano servite per definire gli ultimi dettagli tra accusa e difesa, ma il passaggio importante è stato uno: il giudice Monforte - che nel frattempo si è trasferita al settore civile ma ha “tenuto” questo processo per portarlo a conclusione in tempi rapidi -, ha rigettato la richiesta di una nuova perizia sui flussi contabili e sulle movimentazioni bancarie della Fenapi che era stata formulata dal pm Francesco Massara all’udienza scorsa di settembre, e che era stata fortemente contestata da uno dei difensori, l’avvocato Giovanni Mannuccia, anche nel corso di una aspra contrapposizione verbale con il magistrato.

Sempre il pm Massara aveva depositato altri atti, per esempio i decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche e ambientali oppure due dvd pieni zeppi di documenti che il perito contabile Corrado Taormina ha analizzato nelle sue tre perizie, che fanno parte del fascicolo del procedimento. E sempre l’avvocato Giovanni Mannuccia, in aula con i colleghi Tommaso Micalizzi ed Emiliano Covino, aveva chiesto che fosse messo a verbale come da tutti questi documenti prodotti dall’accusa possano essere estrapolati soltanto gli atti contabili già definiti utilizzabili all’interno del processo e non tutti quelli contenuti indiscriminatamente negli incartamenti depositati.