28 Aprile 2022 Giudiziaria

“Nemesi-Ninetta”, 13 condanne diventano definitive

E’ arrivata in nottata la decisione della Corte di Cassazione sul processo Nemesi-Ninetta, una tra le più importanti inchieste antimafia degli ultimi anni che ha svelato i maggiori affari ed esponenti del potente clan di Mangialupi. La Suprema Corte ha rigettato quasi in toto le richieste dei difensori, rendendo definitiva la sentenza della Corte d’Appello di Messina, che nel 2019 aveva confermato 14 condanne, contro le 16 decise in primo grado nel 2015.

TUTTE LE CONDANNE CHE DIVENTANO DEFINITIVE.

Ecco la sentenza: 12 anni per Giovanni Lo Duca, 20 anni e 10 mesi per Antonino Bonaffini, 10 anni e un mese per Pietro Mazzitello, a Roberto Parisi 14 anni e 2 mesi; 10 anni per Giorgio Passari, 23 anni e 10 mesi per Franco Trovato; a Giuseppe Villari 7 anni; Giuseppe Arena: 12 anni; 20 anni per Benedetto 24 anni e 2 mesi per Rosario Grillo, 4 anni e 3 mesi per Tindaro Puglisi, 6 anni a Valentino Rizzo, 15 anni a Giovanni Lo Duca, infine 5 anni e 8 mesi a Giovanni Merillo.

Processo d’appello da rifare, invece, per Carmelo Bonaffini, che nel 2019 aveva avuto una condanna a 10 anni, ora annullata con richiesta di revisione. In secondo grado era stato condannato a 10 anni anche Rocco Rao: anche lui deve tornare in appello ma per ridefinire lievemente il quantum della pena, da ricalcolare in base alla “continuazione” con le altre condanne.

"A Mangialupi la mafia non esiste...". Ecco la sentenza d'appello del processo 'Nemesi-Ninetta' (22-05-19).

L’associazione mafiosa di Mangialupi che «non esiste», perché è un’associazione a delinquere semplice, quantomeno nel maxiprocesso d’appello che s’è concluso ieri sera, il procedimento “Nemesi-Ninetta”.

L’associazione mafiosa di Mangialupi che «non esiste», perché è un’associazione a delinquere semplice, quantomeno nel maxiprocesso d’appello che s’è concluso ieri sera, il procedimento “Nemesi-Ninetta”.

Il verdetto serale emesso dalla seconda sezione penale della Corte d’appello presieduta dal giudice Maria Celi, per una delle più importanti inchieste degli ultimi anni, è molto complesso. E riguarda - si legge sulla Gazzetta del Sud oggi in edicola nell'articolo di Nuccio Anselmo - una trentina di imputati tra cui molti nomi “storici” della criminalità organizzata cittadina, come i Trovato, gli Aspri, i Lo Duca, i Bonaffini.

Ma l’aspetto che indubbiamente ha del clamoroso - ne capiremo di più dopo il deposito delle motivazioni, per vedere come ha ragionato il collegio -, è la derubricazione operata quando i giudici si sono occupati del clan di Mangialupi, scrivendo: «... riqualificata l’imputazione di cui al capo 1 di cui all’art. 416 c.p., dichiara non doversi procedere...»; fatto che ha comportato la dichiarazione di prescrizione per il reato di associazione a delinquere semplice per Rosario Grillo, Valentino Rizzo, Giuseppe Trischitta, Giuseppe Arena e Benedetto Aspri.

Questo non significa però che gli imputati “escono” dal processo, perché a loro carico c’erano tutta un’altra serie di reati contestati in relazione al traffico di droga e al reato associativo finalizzato al traffico di droga. Cerchiamo di partire intanto da un punto fermo, ovvero i quattordici casi in cui i giudici d’appello - rispetto ai tre procedimenti confluiti in secondo grado -, hanno rideterminato le pene rispetto al primo grado. In parecchi casi accordando un lieve “sconto”, in alcuni invece con un inasprimento (uno su tutti il caso del boss di Provinciale Giovanni Lo Duca, che passa da 12 a 15 anni): Antonino Bonaffini, 20 anni e 10 mesi di reclusione; Pietro Mazzitello, 10 anni, un mese e 10 giorni (in “continuazione” con una precedente sentenza d’appello); Roberto Parisi, 14 anni e 2 mesi; Giorgio Passari, 10 anni; Rocco Rao, 10 anni; Franco Trovato, 23 anni e 10 mesi; Giuseppe Villari, 7 anni e 25.922 euro di multa. E poi: Giuseppe Arena, 12 anni; Benedetto Aspri, 20 anni; Rosario Grillo, 24 anni, 2 mesi e 20 giorni; Tindaro Puglisi, 4 anni e 3 mesi; Valentino Rizzo, 6 anni, un mese e 27mila euro di multa; Giovanni Lo Duca, 15 anni. Ed infine: Giovanni Merillo, 5 anni e 8 mesi. Condanna poi confermata dai giudici d’appello, a 10 anni di reclusione, per Carmelo Bonaffini. Quindi, in tutto, si tratta di 15 condanne.

Oltre al caso della prescrizione per “l’ex” reato associativo mafioso, dopo la derubricazione in associazione a delinquere “semplice”, i giudici hanno deciso: prescrizione per Roberto Parisi e Giorgio Davì per alcuni reati; prescrizione parziale, dopo la riqualificazione in “fatto di lieve entità”, per Franco Trovato, Roberto Parisi, Francesco Antonino Turiano; e poi per: Marcello Sigilli, Rocco Rao, Giorgio Passari, Francesco Scalise, Francesco Pergolizzi, Michele Alberto; assoluzione parziale da un reato per Franco Trovato, Antonino Bonaffini, Roberto Parisi, Domenico Chiofalo, Pietro Mazzitello e Francesco Turiano; assoluzione dal capo 2 per Tindaro Puglisi e Paolo Sergi; assoluzione dal capo 37 per Paolo Sergi; prescrizione per Rosario Tomarchio. In relazione poi alla sentenza di primo grado del 2016 hanno registrato assoluzioni e prescrizioni Santo Caleca, Giuseppe Arena, Gennaro Ragosta. Ed infine in relazione alla sentenza del giudice monocratico del 2015 per fatti di droga hanno registrato la prescrizione Franco Trovato, Antonino Giuliano e Salvatore Giuliano.

I NUMERI E I NOMI IN SINTESI.

15 condanne, tutto il resto cancellato dalla prescrizione e dalle assoluzioni. L'inchiesta Nemesi-Ninetta è del 2006, di ben 13 anni fa.

Su 32 imputati quindi, per ben 17 la storia giudiziaria dovrebbe finire. Alcune assoluzioni sono di 'peso' come quelle del commerciante Domenico Chiofalo (condannato in primo grado a 8 anni) e di Francesco Turiano. Tra dichiarazioni di prescrizione e assoluzioni, sia parziali che totali, escono dal processo anche Giorgio Davi, Giuseppe Iudicone, Francesco Scalise, Michele Alberto, Nunzio Pantò, Francesco Pergolizzi, Marcello Sigilli, Paolo Sergi, Rosario Tomarchio, Giuseppe Trischitta, Santo Caleca, Gennaro Ragosta, Antonino Giuliano e Salvatore Giuliano. In tre casi la pena decisa è stata più dura rispetto al primo grado: Franco Trovato, 23 e 10 mesi; Roberto Parisi, 14 anni e 2 mesi; Giovanni Lo Duca, 15 anni.