7 Maggio 2022 Giudiziaria

L’inchiesta sul combattente mercenario messinese Giuseppe Russo. Chiesta l’archiviazione per il prof. Macris

Secondo indiscrezioni riportate oggi dal quotidiano Gazzetta del Sud, il sostituto procuratore della Dda Fabrizio Monaco, che sta coordinando l’indagine del Ros e le ricerche a livello internazionale, ha intenzione di andare avanti negli accertamenti sul combattente mercenario messinese Giuseppe Russo, mentre ha richiesto l’archiviazione per l’altro indagato dell’inchiesta, il noto professore messinese d’origini greche Daniele Macris, 56 anni, che a maggio del 2021 fu raggiunto da un’informazione di garanzia.

Nei confronti del docente era ipotizzato il reato di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione di ordine democratico e la violazione della convenzione di New York, per aver trasferito somme di denaro.

Daniele Macris è professore al liceo Maurolico di Messina dove insegna latino e greco ed è collaboratore e consulente presso l’ateneo locale (insegna lingua Neogreca al CLAM). Macris, di origini greche, ha costituito nel 2018 il centro di rappresentanza della Repubblica di Lugansk presso il centro di cultura neoellenica della città dello Stretto.

TUTTI I DETTAGLI: L'INCHIESTA E' DI MAGGIO 2021.

Un combattente mercenario messinese al fianco delle milizie filo-russe nel conflitto in Ucraina. E' ritenuto in stretti rapporti con "il Generalissimo", ossia il livornese Andrea Palmeri, già destinatario di un mandato di arresto europeo in quanto ritenuto responsabile di arruolamento e reclutamento di mercenari a scopo terroristico-eversivo e associazione per delinquere.

Il 28enne messinese, Giuseppe Russo, è al centro delle indagini e dell'operazione "Ivan" dei carabinieri del Ros che, con il supporto dei comandi provinciali di Messina e Lodi, hanno avviato le procedure per l'esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Messina. Il giovane, dopo essere stato reclutato in Italia, ha combattuto in cambio di un corrispettivo economico al fianco delle milizie filo-russe nel conflitto armato che, a partire dal 2014, si è sviluppato nel Donbass (Ucraina orientale), tra l'esercito ucraino e truppe filorusse, senza essere cittadino di quello Stato, né stabilmente residente. "Avendo accettato in Italia la promessa di denaro per combattere, si è trasferito nel Donbass combattendo in un conflitto armato, pur non essendo cittadino e ricevendo, in tale territorio, periodicamente uno stipendio, come emerge dal contenuto delle captazioni".

Nell'ordinanza il gip ricorda che l'uomo va arrestato perché "è un mercenario che non ha alcun legame con le parti in conflitto e che non la sua condotta altera il normale svolgimento delle operazioni militari in corso, sia dal punto di vista quantitativo delle forze in campo sia qualitativo".

Gli viene pertanto contestata anche l'aggravante della transnazionalità, poiché le condotte si inquadrano in un gruppo organizzato, impegnato in attività criminali in più di uno Stato. I militari dell'Arma hanno eseguito anche perquisizioni finalizzate alla ricerca di materiale che potrebbe definire il ruolo di eventuali facilitatori che avrebbero agevolato e sostenuto, anche finanziariamente, le attività dei mercenari nel Donbass. Le indagini, avviate nel 2019 e coordinate dalla Dda di Messina, diretta dal procuratore Maurizio de Lucia, si sono avvalse anche delle analisi dei flussi finanziari internazionali e dei dati forniti da Facebook sulla base di una commissione rogatoria con gli Stati Uniti avviata dalla procura peloritana.

È stato, in tal modo, possibile documentare che il giovane operava come combattente mercenario nella regione del Donbass, ove si era stabilito dal 2016, condividendo mediante i social network le proprie attività militari con congiunti e amici, alcuni dei quali gli chiedevano consigli e indicazioni per intraprendere la medesima attività. Le ricerche si sono svolte a Messina e Lodi, ultimi domicili del nucleo familiare, e sono stati attivati i canali di cooperazione internazionale per l'esecuzione del provvedimento all'estero dove si sarebbe trasferito dal 2016 per svolgere quella che la Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 definisce attività di "combattente illegittimo".

I familiari di Giuseppe Russo “erano a conoscenza della condizione di illegalità in cui versava il familiare”.

I familiari di Giuseppe Russo “erano a conoscenza della condizione di illegalità in cui versava il familiare”. Lo scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare. “Il 16 aprile del 2019” la madre del giovane mercenario “parlando con il compagno dice di avere discusso del figlio anche con la compagna del figlio” di quest’ultimo. Racconta che “quando il figlio è partito non sapeva neanche l’abc del fucile – scrive il gip – ha avito un incidente a un occhio e si è anche mimetizzato, affrontando queste difficoltà perché è un mestiere che gli piace”.

In una telefonata, il 20 aprile 2019, la donna “si sfoga con il compagno per il rammarico che il figlio non possa prendere i soldi inviati con Western Union e riferisce di avere detto al figlio che l’unica soluzione è dare la sua Poste Pay ad Andrea perché effettui il prelievo quando si reca a Rostov, che è il primo centro russo abitato a confine con il territorio di Donbass”, scrive il gip.

‘Pericolo reiterazione e fuga, appoggi all’estero’.

“Ritenuta la sussistenza della gravità indiziaria del reato contestato, sussiste anche il pericolo di reiterazione delittuosa di condotte analoghe, stante la pervicacia con la quale l’indagato ha perpetrato la condotta di Mercenario per nulla dissuaso anche dalle atrocità cui giornalmente assisteva durante i combattimenti”. Lo scrive il gip nell’ordinanza a carico di Russo.

Una struttura organizzata.

Confermata l'esistenza di una struttura nell'area Italia-Ucraina per il reclutamento di mercenari per le milizie separatiste filo-russe nella regione del Donbass, già emersa da un'analoga attività del Ros nel 2018. Il circuito coinvolge soggetti provenienti da diverse regioni d'Italia che hanno intrapreso l'attività di combattenti, schierati a fianco delle milizie filorusse e contro l'esercito regolare ucraino nei territori contesi delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk.

Indagato anche il professore Daniele Macris.

E un professore messinese di 55 anni, Daniele Macris, risulta indagato. I carabinieri del Ros hanno perquisito la sua abitazione portando via tre computer e tre telefonini e gli è stato notificato un avviso di garanzia.

Nei confronti del docente è ipotizzato il reato di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione di ordine democratico e la violazione della convenzione di New York, per aver trasferito somme di denaro.

Daniele Macris è professore al liceo Maurolico di Messina dove insegna latino e greco ed è collaboratore e consulente presso l’ateneo locale (insegna lingua Neogreca al CLAM). Macris, di origini greche, ha costituito nel 2018 il centro di rappresentanza della Repubblica di Lugansk presso il centro di cultura neoellenica della città dello Stretto.

I legali: "Finalità puramente culturali e umanitarie".

"Il nostro assistito respinge ogni addebito in relazione ai fatti contestati e si riserva di chiarire la sua posizione in tempi brevi con la magistratura", affermano gli avvocati Daniele Pagano e Cettina Crupi che assistono il professore, "avrà modo di chiarire che si occupa da tempo di associazioni di aiuto umanitario e con finalità puramente culturali che lo legano a diverse università internazionali comprese quelle ucraine e russe".

DALL'ARCHIVIO

MESSINA CHIAMA LUGANSK: IL RUOLO DEL CENTRO CULTURALE NATO DA UN’IDEA DEL PROF. MACRIS. “ANDREA PALMERI? MAI AVUTI RAPPORTI CON LUI”

Non di sole trattative all’hotel Metropol di Mosca vivono i rapporti tra la Lega di Matteo Salvini e la Russia dello zar Vladimir Putin. Una rete di diplomazia parallela fatta di strani ambasciatori, consoli onorari, rappresentanti di paesi occupati qui e là dall’esercito russo, associazioni culturali o benefiche si è stesa sull’Italia, dalle grandi città alla provincia, negli ultimi cinque anni. A raccontare i particolari è Gianfrancesco Turano in una inchiesta dell’Espresso pubblicata nell’ultimo numero del settimanale. Il nuovo mondo filo russo è in maggioranza ancorato tra la destra salviniana e di Fratelli d’Italia e l’estrema destra che va da Forza Nuova ai gruppuscoli neonazisti, pronti a schierarsi con i miliziani del Donbass, come si è visto nel sequestro di armi da guerra in provincia di Pavia il 15 luglio scorso. Può sorprendere – sottolinea Turano nell’articolo – che il pugno chiuso e il saluto romano finiscano nella stessa fotografia o nello stesso selfie. Di sicuro nella base della nuova russofilia c’è molto poco Lenin e parecchio Alexander Dugin, l’ideologo che ha raccolto l’eredità della tradizione ottocentesca della Rus’, la Grande Madre Russia del cristianesimo ortodosso. Nella lunga e dettagliata inchiesta Gianfrancesco Turano fa un viaggio nel variegato mondo putiniano in Italia da nord a sud. Un mondo vasto che è anche associativo e che va dai centri culturali costruiti sulla falsariga di Italia-Urss, come Italia-Russia, alle onlus votate agli aiuti alle popolazioni colpite dalla guerra nei territori contesi tra Russia e Ccraina e fra Russia e Georgia.

Nell’area mista diplomatico-associativa si trovano tra gli altri anche i difensori della Repubblica popolare di Lugansk (Lnr) e di quella di Donetsk (Dnr), due territori in Ucraina occupati dalle truppe filorusse e riconosciuti internazionalmente dalla sola Ossezia del Sud. Il presidente del Centro Culturale italiano per il Lugansk è stato Andrea Palmeri (nelle foto), 40 anni, detto Bolldog o il Generalissimo per le sue simpatie franchiste. L’ex ultras della Lucchese è legato a Irina Osipova, la collaboratrice di Lombardia-Russia interprete di Savoini, candidata per Fdi alle comunali di Roma 2016 e soprattutto figlia di Oleg, il direttore fino allo scorso giugno del Centro russo di cultura e scienza in Italia (sui social gira una foto della giovane studentessa moscovita con indosso una maglietta nera, con la scritta “Defend Italia” e l’immagine di un kalashnikov, mentre abbraccia un allegro Palmeri). Palmeri, ex miliziano attivo in Donbass, guida anche il comitato ‘Save Donbass people’ e – ci rivela l’inchiesta dell’Espresso – avrebbe avuto un appoggio siciliano in Daniele Macris, professore al liceo Maurolico di Messina e collaboratore e consulente presso l’ateneo locale (insegna lingua Neogreca al CLAM). Il 10 giugno l’università peloritana ha chiuso le porte a Dugin (leggi sotto), costretto a ripiegare su Reggio, senza successo, e accolto infine a Gioia Tauro.

Macris, di origini greche, ha costituito nel 2018 il centro di rappresentanza della Repubblica di Lugansk presso il centro di cultura neoellenica della città dello Stretto. Come si è visto anche in altri casi della rete parallela putiniana, Macris è corteggiato dal Pci locale ma alle sue iniziative si presentano il deputato regionale Pino Galluzzo (eletto nella lista del governatore Nello Musumeci), la parlamentare di Fdi Ella Bucalo e lo stesso Palmeri, collegato in videoconferenza dall’Ucraina.

Benché sia stato dichiarato latitante Palmeri ha sempre detto di essere andato in Donbass ‘solo per aiutare’. Insieme alle foto in cui scarica scatoloni di medicine da un camion ama postare altri ritratti con in mano un mitragliatore.

MA CHI E’ ANDREA PALMERI

Già condannato in contumacia a due anni e otto mesi di carcere dalla Corte di Appello di Firenze per associazione a delinquere, lesioni aggravate, porto abusivo di coltello e minaccia aggravata (dopo aver usufruito in primo grado del rito abbreviato e quindi di uno sconto di un terzo della pena), latitante, sul suo profilo Facebook si definisce neo- fascista e posta le foto del Duce, perciò complimentato dagli amici. Nella curva della Lucchese lo chiamano “Il Generalissimo”, per i magistrati genovesi sarebbe l’arruolatore dei foreign italiani e l’anello di collegamento tra questi ed i Lupi di Putin. Palmeri era già finito in cella in passato sempre a causa della sua condotta violenta nei confronti di simpatizzanti di sinistra e tifosi di altre squadre.

MACRIS, “MAI AVUTI RAPPORTI CON PALMERI”

Da noi contattato, il prof. Macris, molto noto a Messina perchè, come detto, insegna latino e greco in uno dei licei più prestigiosi della città, ha negato di avere mai avuto rapporti con Palmeri e ha voluto precisare quanto segue: “Non intendo né posso essere console di alcunché, come erroneamente fa capire l’articolo dell’Espresso. Sono impiegato statale e semplicemente è proibito. Il Centro di rappresentanza è un’associazione culturale-benefica e aiuta a rappresentare la situazione e i bisogno di una popolazione oppressa ed ingiustamente aggredita dal 2014. Aiutare una popolazione ingiustamente aggredita per motivi culturali e razziali e fornire loro una speranza e una interlocuzione per il futuro, oltre la guerra, contro la guerra. Conosco i luoghi del Donbass dal 2002. In Donbass vive una fiorente diaspora greca, anch’essa dilaniata dal conflitto. Ho insegnato italiano e greco presso l’Università di Mariupol. Ho collaborato con l’ambasciata d’Italia a Kiev nel 2008, ho ricevuto riconoscimenti dall’Accademia pedagogica di Ucraina e dal Comune di Matiupol (è benemerito dell’Accademia Pedagogica di Ucraina, ndr). Oltre 300 studenti di quella università, oggi in territorio occupato manu militari dagli Ucraini, sono venuti in Sicilia e Calabria con borse di studio per perfezionare la lingua italiana. Ho collaborato per molti anni col consolato onorario di Ucraina a Reggio. Ho fatto tradurre e ho presentato una novella sul terremoto del 1908, scritta in ucraino da Koshybinski. Pertanto quando inizia il conflitto voluto dagli USA e non evitato dalla UE, ricevo notizie di primissima mano da colleghi, ex studenti, amici che naturalmente non rispondono alla vulgata “globalistica”, al “main stream”. Con alcuni amici, in modo del tutto spontaneo e non strutturato, raccogliamo aiuti in denaro, medicine, vestiti per la popolazione oppressa dal bisogno e dalla violenza. Mi reco a Lugansk nel mese di ottobre 2015 e lì vengo indirizzato presso Palmeri, che funge da autista. Mi porta presso orfanotrofi, istituti, ospedali, famiglie disagiate, chiese. Non ho idea di chi sia Palmeri e di cosa abbia fatto là. Io lo conosco come civile”  – precisa il prof. Macris che aggiunge – “e i suoi trascorsi in Italia, per cui gode di prescrizione, mi sono ignoti. Nasce in me l’idea, sulla scorta di quanto avvenuto a Mariupol nel decennio precedente, di fondare un centro di cultura italiana, per diffondere la lingua e la cultura italiane anche a Lugansk. Palmeri si offre come responsabile. Ingaggia una professoressa, che noi paghiamo dall’Italia. I ragazzi sostengono gli esami presso l’Istituto D. Alighieri di Rostov sul Don, alcuni verranno in Italia con borse di studio. Vengono organizzati alcuni concorsi studenteschi di disegno e composizione su come i ragazzi vedessero l’Italia. Viene donato materiale scolastico. L’on. Martone dona alcuni computer”.

Il prof Macris ci racconta poi come nasce il centro di rappresentanza e perchè ci fosse Palmeri all’inaugurazione.

“La costituzione del centro di rappresentanza, che non ritenevo necessaria, ha lo scopo di rappresentare meglio la situazione della RPL in Italia. L’inaugurazione avviene per motivi di comodita’ nei locali della Comunita’ Ellenica. Palmeri, non invitato, compare nel collegamento skype come traduttore della parte di Lugansk. Tuttavia proprio nel mese di luglio 2018 vengono rese note nuove, gravi accuse a carico di Palmeri che rendono impossibile ogni minima prosecuzione di collaborazione. Il senso della nostra azione in quelle contrade è questo: offrire un’alternativa all’odio e alla guerra, rafforzare la conoscenza della cultura italiana e preparare il terreno per la pace, atteso che la guerra non può essere perpetua. Continua l’attività benefica anche nella repubblica di Donetsk: si finanziano lezioni di italiano presso l’Università di Donetsk, con ottimi risultati, si contribuisce, grazie alla generosità di amici, alla ristrutturazione di una chiesa bombardata dagli Ucraini e alle vacanze in un ambiente sereno di bambini traumatizzati dai quotidiani bombardamenti ucraini a Gorlovka”. Fin qui la precisazione di Daniele Macris sull’articolo pubblicato da l’Espresso questa settimana. Che aggiunge: “Inutile dire che l’attività benefica viene seguita con sospetto dai filoucraini, che si rendono autori di dossieraggio sul loro sito stopthefake.org.ua. A seguito di tale azione vengo inserito nella lista nera del sito mirotvorez, collegato al ministero degli Interni ucraino, in data 5/7/2017. Così non posso recarmi in Ucraina, dove rischio l’arresto. Nel maggio 2018 esce il dossier da cui è stata tratta la foto (che pubblichiamo, ndr) mentre consegno al prete di Alcevsk un’icona, dono dei Greci di Messina ai fratelli in fede della RPL e Palmeri è in veste di autista. Reagiro’ ad ogni tentativo di associare il mio nome a quello di Palmeri. Io sono stato mandato da lui, che aveva un ruolo puramente logistico, di autista appunto e di persona che conosceva istituti, ospedali, famiglie. Non combatteva più, a quanto pare. È stato tramite per fare partire iniziative umanitarie e culturali. Se, conformemente alla sua indole, si è voluto accreditare, è stato immediatamente messo da parte ed allontanato non appena sono diventati pubblici i risultati di un’ inchiesta, nel luglio 2018″.

“Ho aiutato le persone bisognose anche per il tramite della lingua e della cultura. Non ho sostenuto la posizione di Palmeri, di cui tra l’altro, ignoravo i trascorsi, e  – conclude il prof. Macris – il solo fatto che si possa sminuire o sporcare una serie di iniziative generose e solidali con un forzato collegamento non va. Lui era l’unico italiano presente in zona cui mi aveva indirizzato un giornalista italiano da Donetsk. Non può né deve il nome di Palmeri offuscare la bontà di quanto è stato fatto e di quanto si potrà fare. Lui non c’entra ormai nulla. Io non ho fatto funzionare più il centro a Lugansk proprio per questo motivo, per non avere alcun rapporto, neppure casuale, con lui. Il centro era costituito presso l’Università Schevchenko, quindi arguisco che ne fosse responsabile il rettore o un suo delegato”.