6 Agosto 2022 Politica e Sindacato

La riflessione di Michele Bisignano: Sindaco di Sicilia e “liberatore”, una narrazione ingannevole

Di Michele Bisignano – L’ex Sindaco di Messina sta caratterizzando la sua lunga campagna elettorale per la elezione del Presidente della Regione Siciliana come una candidatura a “Sindaco di Sicilia”, ed annunciando la costituzione di un “esercito di liberazione”, tramite un arruolamento in corso, spropoquiando, qualche volta, anche di sommossa di tutto il Meridione.
A parte il fatto che tale tipo di terminologia bellica, fatta nel momento di particolare difficoltà che si sta vivendo, potrebbe prefigurare una sorta di astrazione dalla realtà, la definizione “Sindaco di Sicilia” denota una visione riduttiva, provincialistica e costruita su sé stesso, di un ruolo quale quello di Presidente della Regione Siciliana che ha avuto invece una particolare valenza storica e politica.
Perché la Regione Siciliana non può essere considerata come un Comune che va gestito da un Sindaco, ma è una Regione a Statuto Speciale Autonomistico, che le consente di svolgere funzioni particolari e precipue rispetto alle altre Regioni. Uno “Status” speciale sottoscritto con un accordo fra Stato Italiano e Regione Siciliana, accordo che alcuni studiosi definirono “un fatto pattizio”, come se si fosse trattato di un accordo fra due Stati sovrani.
Inoltre, solo in Sicilia come organismo con funzioni legislative non vi è un Consiglio Regionale ma una Assemblea Regionale, che richiama l’Assemblea Costituente, e che è equiparata ad un “Parlamento”, tanto che i rappresentanti eletti direttamente dai cittadini assumono il titolo di deputati regionali.
Parlare quindi come viene fatto di Sindaco di Sicilia suona, non solo come una minimizzazione semplicistica e populista del ruolo a cui si aspira, ma anche come una offesa nei confronti della storia della stessa Sicilia, e finisce con l’essere un escamotage propagandistico, che può essere recepito solo da chi ignora totalmente questa Storia. Una Storia che vede, fra l’altro, il primo “Parlamento” costituito proprio in Sicilia nel 1197 durante il regno di Federico II, e che, nel tempo, anche durante “il Regno di Sicilia” vedeva accanto ai Viceré la figura del Presidente del Parlamento del Regno.
Oltre a queste sottolineature necessarie basterebbe ricordare che lo Statuto Regionale Siciliano contiene delle norme che danno il senso della particolare specificità istituzionale del Presidente della Regione, in quanto, come prevede l’articolo 21, non solo il Presidente è Capo del Governo Regionale, ma rappresenta nella Regione il Governo dello Stato Italiano. Ed inoltre può partecipare con il rango di Ministro al Consiglio dei Ministri, con voto deliberativo nelle materie che interessano la Regione stessa.
E se è del tutto fuori luogo e risibile parlare di Sindaco di Sicilia o addirittura di Sindaco di Italia, lo è ancora di più l’utilizzo propagandistico del termine “esercito di liberazione”, svilendo il significato forte, eroico e drammatico che ha sempre avuto questo concetto, che non può essere banalizzato ed immiserito per qualche like o qualche consenso in più.
Ed appare singolare però che venga usato questo termine simile a quello che fu utilizzato appena due anni fa dai neo-fascisti di Forza Nuova, che diedero luogo ad un “governo di liberazione nazionale” in cui veniva indicato come ministro della giustizia il nuovo alleato politico e storico consulente legale di De Luca, Avv. Carlo Taormina. Così come è del tutto poco credibile l’auto raffigurazione di “uomo nuovo” contro la “casta” rappresentata dalla vecchia politica, in quanto non si è in presenza di un novizio della politica che intende indossare le vesti di Savonarola, ma di un esponente politico che ha avuto assidue frequentazioni, da decenni, con coloro che oggi attacca ed accusa.
Perché, senza andare ai suoi esordi giovanili nelle file della Democrazia Cristiana negli anni ’90 e successivamente nel Centro Cristiano Democratico di Casini, il “nuovo Mosè” si presentò nel 2001 alle elezioni regionali nelle liste del PRI, in una coalizione che appoggiava a Presidente Totò Cuffaro, e non venne eletto; nel 2006 si presentò, e venne eletto deputato regionale nel Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo, sempre in una coalizione che appoggiava il Presidente Cuffaro; si ripresentò nel 2008 ancora con l’ MPA che faceva parte della coalizione che appoggiava Raffaele Lombardo a Presidente della Regione, e fu rieletto; nel 2012 si presentò direttamente a Presidente della Regione con la lista ” Rivoluzione Siciliana” ottenendo un modesto 1,2%; nel 2017 si presentò nella lista dell’ UDC di Cesa, che faceva parte di una coalizione che appoggiava l’attuale Presidente Nello Musumeci, venendo eletto ancora una volta.
Ma a parte questi lunghi trascorsi all’Ars, De Luca ha continuato anche da Sindaco di Messina ad intrattenere rapporti con i rappresentanti di quella che oggi definisce “cupola”, difatti nel 2019, in occasione delle elezioni europee, stipulò un accordo con il leader siciliano di Forza Italia, Gianfranco Micciche’, facendo votare tale formazione politica ed invitando ufficialmente, da Sindaco della Città Metropolitana, a votare per Silvio Berlusconi; infine, pochi mesi fa, per le recenti elezioni comunali di Messina, ha fatto un accordo politico-elettorale con quella Lega di Salvini che era ed è presente nel Governo Musumeci.
Ma sono gli ultimi fatti che si stanno verificando ad accentuare la perdita di credibilità di un progetto che si sta trasformando in una operazione “trasformistica” di mero potere, in cui vengono coinvolti oltre a “ex Iene”, “camaleonti” veterani, in veste di protagonisti o comprimari della vecchia politica; portando così soggetti noti quali il parlamentare europeo Dino Giarrusso e lo scrittore meridionalista Pino Aprile, che erano stati presentati in più occasioni, trionfalisticamente, come compagni di viaggio, a dissociarsi in tempo utile, perché rischiavano di essere solo strumentalizzati per un disegno che riguarda soprattutto De Luca e certi suoi “fedelissimi” e suoi “antichi alleati”.