15 Novembre 2022 Attualità

Parla il padre del diciassettenne che ha violentato la studentessa di Messina a Torino: “Mio figlio è lo stupratore del collegio, quando l’abbiamo scoperto è crollato il mondo”

In una intervista di Federica Cravero a Repubblica Torino, il padre del diciassettenne che ha violentato la studentessa a Torino chiede perdono e racconta la loro storia: "Le chiedo perdono con tutto il cuore, il nostro ragazzo ci ha sempre dato problemi ma non ci aspettavamo che facesse una cosa così grave".
"Non ce l'aspettavamo. Da anni mio figlio ci dà problemi, fa tanti "casini". Ma non immaginavo potesse fare una cosa così grave. Posso solo chiedere perdono a quella ragazza e alla sua famiglia...". È arrivato dal Senegal nel 1991, una vita spesa in un piccolo paese del Piemonte, lavorando duramente per mantenere una famiglia con quattro figli e conquistando anche la cittadinanza italiana. E ora si trova di fronte all'evidenza di un figlio non ancora maggiorenne accusato di aver violentato una studentessa di 23 anni nella residenza universitaria Paolo Borsellino, il 29 ottobre.

A incastrare il giovane, determinandone l’arresto, è stato l'esame del Dna: la vittima, con lucido coraggio, dopo la violenza non si è lavata per poter fornire agli inquirenti la prova fondamentale per provare la colpevolezza del suo aggressore, che dopo un colloquio con il giudice durato 4 ore ha ammesso le sue responsabilità. Per questo il magistrato  ne ha convalidato il fermo, disponendone la custodia cautelare nel carcere minorile Ferrante Aporti.

Ha potuto parlare con suo figlio?
"Non è stato possibile. Il primo avvocato che lo ha incontrato mi ha detto che aveva le orecchie basse e che all'inizio diceva che non ricordava, che non era stato lui... Ma la polizia ha detto che non ci sono dubbi. Io spero che torni presto a casa ma non so quando sarà possibile...".

Come ha saputo del fermo?
"Venerdì, alle sei e mezza di sera. Io ero appena tornato a casa dal lavoro, quando sono venuti dei poliziotti a suonare alla porta. Hanno preso dei vestiti di mio figlio e mi hanno detto che mio figlio era stato fermato con quelle accuse".
Da quanto tempo non lo vedeva?
"Da qualche giorno. Capitava spesso, ultimamente, che dormisse fuori".
Dove?
"E chi lo sa? Diceva che aveva degli amici, ma io non so chi siano".

Era cambiato nei giorni dopo la violenza?
"Praticamente non l'ho più visto. L'ultima volta che ci siamo parlati è stato la notte prima, quella tra venerdì e sabato. All'una di notte è venuto a casa un carabiniere per dirmi che avevano trovato mio figlio ubriaco e che lo avevano portato al Martini. Io mi sono messo in macchina e alle tre ero a Torino. Sono andato a prenderlo, ho parlato e parlato... Ma non serviva a niente".
E il giorno dopo?
"Il giorno dopo ho insistito perché andasse a ritirare una notifica. Erastato denunciato e non era la prima volta, non so quante ne avrà: 20, 30, 40... Poco tempo fa sono persino andato a Milano perché aveva rubato un cellulare, mi è costato 400 euro di avvocato. Comunque lui la notifica quel giorno non è andato a ritirarla. Invece mi ha chiesto 20 euro per aggiustare il telefono e mi ha chiesto di accompagnarlo alla stazione".

Sapeva che era diretto a Torino?
"Sì, mi ha fatto vedere il foglio del negozio dove sarebbe andato a ripararalo. Però dopo quel giorno non è più tornato a casa per una settimana intera. Non ho più saputo niente di lui. Una notte, una settimana dopo, è passato da casa ma io dormivo. Il mattino dopo io sono andato a lavorare e lui dormiva.Pensavo di trovarlo dopo a casa, invece non ho più saputo niente fino a quando non è venuta la polizia".
Lei aveva sentito di quello che era accaduto nella residenza Borsellino?
"No, non avevo sentito niente. Solo dopo che lo hanno fermato ho capito la storia. Ho chiamato la mamma, che in queste settimane è in Senegal con gli altri figli. Immagini come l'ha presa... Sono stati loro, cercando su internet, a capire cosa era accaduto e mi hanno mandato gli articoli di giornale. Così ho visto anche le immagini delle telecamere che lo hanno ripreso".
Come vive questa situazione?
"Mi è caduto il mondo addosso. Penso a noi, ai problemi che dovremo affrontare con il processo, ma penso anche a quella ragazza e alla sua famiglia. Con tutto il cuore voglio chiedere perdono per quello che ha fatto mio figlio. Ci ha dato tanti problemi, ma adesso ha fatto una cosa gravissima. Io faccio il muratore, esco di casa al mattino presto e torno alla sera tardi. Ai miei figli non ho mai fatto mancare nulla. Ma con lui non ci siamo riusciti".
Quando avete iniziato ad avere problemi con lui?
"Già dalle medie, si era messo a fumare. E anche quando lo abbiamo iscritto alle superiori, a una scuola professionale, poco dopo siamo stati chiamati dal preside perché frequentava dei ragazzi poco raccomandabili. "Lascia stare quelli lì", gli aveva detto il preside. Abbiamo fatto il possibile. Abbiamo anche deciso di portarlo un anno in Senegal, per staccarlo dalle cattive compagnie. Diceva di essere cambiato, che non avrebbe più fatto nulla di male e allora abbiamo deciso di farlo tornare in Italia e magari avrebbe ripreso a studiare. Ma, a pensarci ora, sarebbe stato io meglio lasciarlo là".
E quando siete tornati?
"È tornato il ragazzo che era prima. È stata provata anche la strada della comunità, ma è scappato. E da mesi ormai andavamo avanti così, senza scuola, senza lavoro, combinando dei guai".