6 Aprile 2023 Attualità

PADRE FELICE SCALIA: “NON SIAMO DEGNI DI LAVARE I PIEDI A NESSUNO”. E LE SEDIE RIMANGONO VUOTE

Di Enrico Di Giacomo - Un drappo viola, il colore liturgico della Quaresima, utilizzato comunemente in occasione della celebrazione di funerali, con su scritto 'In suffragio di Gesù di Nazareth, fattosi uomo per noi. Una prece'. E' questa l'ultima provocazione del gesuita Padre Felice Scalia, conosciuto a Messina per la sua azione pastorale pluridecennale sempre attenta ai problemi sociali, nel giorno dedicato ai "sepolcri", all'entrata della Chiesa di Santa Maria della Scala. "Il drappo che c'è fuori celebra stasera il funerale di un Gesu' che i cristiani hanno messo da parte, hanno espulso dalla loro vita, considerato ormai più un relitto del passato, inefficace e fiabesco che un Salvatore della nostra tormentata pazzesca storia. Il mondo di oggi sembra dimenticare la sua proposta di amore e pace sulla terra, vuole vittorie, non pace. Siamo passati al dio-denaro, al dio-potere, al dio 'degli eserciti' e delle guerre. Cosa ci resta da fare? Quello che facciamo con i nostri morti... una prece".

Padre Felice ha così voluto dire ai fedeli pronti a celebrare il Giovedì Santo che 'non si celebra oggi un rito su Gesù morto, ma l'accoglienza del messaggio di un risorto'. Non c'è altra ricetta che 'amarci gli uni agli altri come Lui ci ha amati'.

"Il Giovedì Santo è l'annuncio sintetico di ciò che Gesù vuole si faccia in sua memoria. Gesù annuncia la sua morte e la sua resurrezione. La resurrezione è la nostra disperata speranza. La morte non è l'ultima parola, ma è la penultima. L'ultima è la gioia. Nell'ultima cena Gesù ci dice, "non vi lascerò soli". Ma nello stesso tempo ci dice "io sono il pane della vita, mangiami". Questa è la fede.

Ma il Giovedì Santo è anche il rituale della lavanda dei piedi per celebrare l’amore incondizionato di Dio verso gli uomini. Il Vangelo di Giovanni, al capitolo 13, racconta l’episodio della lavanda dei piedi.
Durante l’ultima cena Gesù si alzò da tavola, versò dell’acqua nel catino e con un gesto inaudito, perché riservato agli schiavi e ai servi, si mise a lavare e ad asciugare i piedi degli Apostoli.

Padre Felice Scalia ha voluto ricordare l'aneddoto, ma lo ha fatto a modo suo. Riempiendo cioè di contenuto e significato un rituale, lasciando vuote quattro sedie 'non degne di essere occupate'. Spinto, come sempre, dalla volontà di restituire la Chiesa alla fedeltà e alla centralità del Vangelo di Gesù, contro il devozionalismo disincarnato e il clericalismo.

"L'invito che fa Gesù ai discepoli è 'fatevi lavare i piedi'. Noi ricorderemo questo ma non senza domandarci: A chi lavare i piedi oggi? Agli Africani che buttiamo in mezzo al mare, ai bambini abbandonati, non soltanto quelli di Cutro, ai carcerati che vivono nelle carceri piene di disgraziati. In queste quattro sedie che rimarranno vuote trovate il senso di questa assenza: non siamo degni di lavare i piedi a nessuno fino a quando questo Cristo che sentiamo quasi morto nella nostra vita, non comincia ad essere palpitante cuore di ogni risorto".

"Ci chiediamo se noi oggi siamo degni di lavare i piedi a qualcuno - dice Padre Felice -. Viviamo in una società in cui si dice che l'altro è nessuno se non è ricco, se non consuma, se soprattutto non appartiene a una piccola cerchia dei grandi del mondo. Queste quattro sedie potrebbero avere avuto persone a cui lavare i piedi, ma per poter lavare i piedi bisogna essere come il Cristo che pur essendo Maestro e Signore non ha ritenuto questo un il diritto di una oppressione degli altri ma lo ha ritenuto il servizio reale di un servizio umile di amore. Chi sono gli assenti a cui avremmo dovuto lavare i piedi? - si chiede il gesuita - Ai migranti, non siamo degni di lavare loro i piedi; agli Africani, non siamo degni di lavargli i piedi finché non smetteremo di depredarli; alle donne violate, che non siamo degne di servire come degne regine; ai carcerati, non siamo degni finché saranno chiusi e secretati da noi. Servire è regnare, lavare i piedi è amare. E il Signore questo ci ha detto, fate come ho fatto io".

La funzione e il momento di preghiera sono stati realizzati con il contributo della Comunità Nuovi Orizzonti ed approvati da Padre Pietrasanta, celebrante della Messa in Coena Domini.

 

CHI E' PADRE FELICE SCALIA

Padre Felice Scalia è gesuita dal 1947. Laureato in filosofia, teologia e scienze dell’educazione, ha insegnato alla facoltà teologica dell’Italia Meridionale e poi all’Istituto Superiore di Scienze Umane e Religiose di Messina. Collabora con Presbyteri, Horeb, Rivista del clero, Vita consacrata, Spirito e Vita e Vita Pastorale.