19 Luglio 2023 Giudiziaria

Omicidio Attilio Manca, la madre Angela: ”La giustizia non ce la possono più negare”

La giustizia nel caso di Attilio non ce la possono più negare. Salvatore Borsellinoogni volta che mi vede mi dice: quello di Attilio è stata una conseguenza e una parte della Trattativa Stato-Mafia. Lottiamo per la stessa causa”. Così Angela Gentile, madre del giovane urologo siciliano Attilio Manca, trovato morto nella sua casa di Viterbo il 12 febbraio 2004, è intervenuta ieri al programma "In Onda". La storia è molto (troppo) complessa per essere riassunta in pochi minuti di trasmissione, ma per dovere di cronaca è necessario ricordare alcuni particolari di questa tragedia. Dopo il ritrovamento del corpo del giovane, i magistrati viterbesi, omettendo molti elementi per portare avanti un'indagine quantomeno decente, stabilirono che Attilio era morto per overdose di eroina e farmaci e che la droga gli era stata ceduta da Monica Mileti. Tale bislacco teorema è stato poi demolito dalla sentenza emessa il 16 febbraio 2021 dalla Corte d'Appello di Roma, terza sezione penale, con la quale la donna è stata assolta con la formula "perché il fatto non sussiste". Provvidenziale è stata poi la relazione della commissione parlamentare antimafia della scorsa legislatura pubblicata il 19 gennaio 2023: "Attilio Manca è stato ucciso", si legge, e la sua morte (questa è una "certezza") è stata "una conseguenza dei contatti avuti" con Bernardo Provenzano che all'epoca viaggiava con una falsa identità, quella di Gaspare Troia. "Non sapeva che si trattasse di Bernardo Provenzano - ha detto Angela - Quando ha capito che si trattava di un mafioso avrà detto 'lasciatemi fuori io non voglio diventare il media della mafia'. E a quel punto hanno deciso di ucciderlo perché era una mina vagante e avevano paura che potesse parlare. Attilio lo volevano uccidere già a Natale". Un omicidio che poi ci fu. Un "omicidio di mafia". Frutto di "una collaborazione tra la cosca mafiosa barcellonese e soggetti istituzionali estranei a Cosa Nostra". Nel contesto barcellonese trova spazio anche la figura di Rosario Pio Cattafi condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa il 17 maggio scorso. Tra le pagine della relazione si parla anche del collaboratore di giustizia Carmelo D'Amico: il 13 ottobre 2015 aveva raccontato alcuni fatti appresi da Salvatore Rugolo, cognato dell'attuale capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto, Giuseppe Gullotti, e figlio dell'ex capomafia barcellonese, Francesco 'Ciccio' Rugolo. "D'Amico - si legge - spiegava come Rugolo avesse accusato Rosario Cattafi di aver avuto un ruolo nella vicenda dell'omicidio dell'urologo Attilio Manca, avendo indicato il medico al latitante Bernardo Provenzano, che necessitava di cure alla prostata". Allo stato attuale è stato dimostrato che la teoria del 'suicidio' per overdose di droga è palesemente e incontestabilmente falsa e che la volontà di uccidere Attilio è maturata e attuata all'interno di un contesto di mafia e non solo. Ma molte lacune devono ancora essere colmate: la richiesta per riaprire le indagini è stata presentata dall'avvocato della famiglia Fabio Repici ad aprile scorso. Già tre mesi sono passati, ma dalla procura capitolina per ora solo silenzio. Gli elementi per riaprire le indagini ci sono tutti tra i quali due sentenze passate in giudicato (assoluzione per Monica Mileti e la condanna per Rosario Cattafi) e la relazione della commissione parlamentare antimafia. Aspettiamo fiduciosi la risposta della Procura di Roma.