31 Ottobre 2023 Giudiziaria

Le ‘protesi d’oro’ al Policlinico: condannati il prof. Elio Calbo, il figlio Enrico e il prof. Marullo

Si è chiuso questo pomeriggio con tre condanne a 3 anni e 6 mesi davanti alla prima sezione penale del tribunale il processo “Protesi d'oro”, che vedeva imputati tre medici. Si tratta del prof. Letterio “Elio” Calbo, 75 anni, all’epoca dei fatti a Endocrinochirurgia del Policlinico; del suo vice, il prof. Massimo Marullo, 65 anni, e del dott. Enrico Calbo, 46 anni, figlio del prof. Elio, all’epoca specializzando nello stesso reparto diretto dal genitore. I tre sanitari sono stati assistiti dagli avvocati Giuseppe Carrabba, Piero Pollicino, Piero Cami e Giuseppe Lattanzi. L’attività investigativa della Sezione di Pg della polizia diretta dal vice questore Fabio Ettaro, e coordinata dal sostituto Antonella Fradà, fu avviata nel giugno 2013. I tre medici finirono nel giugno del 2016 agli arresti domiciliari.

LA RICHIESTA DELLA PROCURA.

Il pm Francesca Bonanzinga aveva chiesto al collegio presieduto dal giudice Adriana Sciglio per tutti e tre i medici la condanna a 4 anni e 3 mesi di reclusione, legata però solo al reato di falso, mentre per tutte le altre contestazioni accusatorie aveva dovuto prendere atto della prescrizione, che è stata oggi dichiarata in sentenza dai giudici.

Riconosciuto il diritto al risarcimento a carico dei tre medici come parte civile per il Policlinico, che è stato rappresentato dall’avvocato Carmelo Scillia. I giudici non hanno invece creduto alla tesi del Policlinico come responsabile civile per il concorso nel pagamento dei danni, che in questa veste è stato assistito dall’avvocato Giuseppe Vadalà Bertini.

LE MISURE CAUTELARI  NEL 2016.

La polizia, il 25 giugno del 2016, aveva posto agli arresti domiciliari i tre medici, ritenuti responsabili di falso materiale e falso ideologico, peculato e truffa aggravata, commessi nell'esercizio delle loro funzioni di dirigenti del Policlinico universitario di Messina tra il 2011 e il 2013. Agli arresti erano finiti Letterio Calbo, all'epoca dei fatti direttore del Reparto di Endocrinochirurgia del Policlinico, Massimo Marullo, vicedirettore dello stesso reparto, ed Enrico Calbo, in qualità di specializzando.

Gli inquirenti scoprirono che venivano dissimulati degli interventi di chirurgia estetica additiva (mastoplastica), certificando l'esistenza di patologie oncologiche, di origine traumatica o malformativa. In alcuni casi si era poi reso necessario un secondo intervento per la sostituzione delle protesi difettose, impiantate nello specifico da Marullo ed Enrico Calbo, il quale, pur essendo ancora uno specializzando, operava talvolta anche da solo. All'alterazione della documentazione clinica avrebbe partecipato Letterio Calbo, padre di Enrico, nella qualità di direttore del reparto di Endocrinochirurgia.

Alle pazienti veniva richiesto il pagamento delle protesi impiantate per importi di qualche migliaio di euro, di cui i medici si appropriavano, omettendo di dichiarare all'azienda sanitaria sia l'indebito compenso ricevuto sia l'impiego di una diversa tipologia di protesi, rispetto a quelle in uso alla farmacia del Policlinico, in violazione del protocollo sanitario. Cio' era possibile grazie all'apposizione sulle cartelle cliniche di etichette non corrispondenti a quelle delle protesi impiantate.

Il danno economico arrecato all'azienda, secondo gli inquirenti, non si limitava pero' al mancato versamento delle somme corrisposte dalle pazienti. A un secondo livello si sarebbe infatti verificata la truffa ai danno del servizio sanitario regionale, cui venivano segnalati falsamente come casi coperti dall'assistenza interventi non coperti in tutto o in parte dal Servizio sanitario Regionale, per i quali non era quindi dovuto il rimborso.

PRIMA DELL'INDAGINE DELLA PROCURA, LA SOSPENSIONE DEL DIRETTORE GENERALE.

Aveva un seno più grosso dell’altro e voleva renderli eguali: si è ritrovata senza capezzoli né areola mammaria. Un’altra donna, invece, non sopportava l’adipe sull’addome e ai glutei: delle mutilazioni ne hanno preso il posto.

La vicenda diventò di pubblico dominio a giugno del 2013.

Gli interventi di chirurgia estetica fatti passare per interventi necessari per curare tumori (in modo da porli a carico del Servizio sanitario nazionale) erano stati già effettuati nelle sale operatorie del Policlinico di Messina nei mesi precedenti. Alcuni di questi avevano pure prodotto danni gravi ai pazienti.

L’autore ne era Enrico Calbo, specializzando e figlio di Elio, primario all’epoca di Endocrinochirurgia (struttura semplice), che per legge non poteva neppure effettuare gli interventi come primo operatore; al suo fianco, neppure in tutti i casi, il chirurgo collega di papà Massimo Marullo.

L’allora direttore generale del Policlinico di Messina, Giuseppe Pecoraro, sospese i due medici strutturati per due mesi. E nominò una commissione interna che facesse luce sulla vicenda. La Procura aprì un’inchiesta iscrivendo i tre sul registro degli indagati. Non solo. Nei mesi successivi alla direzione dell’azienda ospedaliera arrivarono diverse richieste di risarcimento danni per centinaia di migliaia di euro da parte di pazienti che si erano affidati ai bisturi del figlio d’arte. Alcuni contenziosi furono evitati con delle transazioni.