7 Marzo 2024 Giudiziaria

Piercamillo Davigo, confermata in appello la condanna a 1 anno e 3 mesi per «rivelazione di segreto d’ufficio»

Fabio Repici: “E' stato provato il danno che provocò ad Ardita divulgando le calunnie nei suoi confronti verbalizzate da Amara”.

La Corte d’Appello di Brescia ribadisce la condanna a 1 anno e 3 mesi di Piercamillo Davigo: l’ex pm del pool Mani pulite nel 1992-1994, poi giudice e presidente di sezione di Cassazione, e infine componente del Consiglio Superiore della magistratura sino al pensionamento nell’ottobre 2020, è stato ritenuto dalla sentenza di secondo grado responsabile del reato di «rivelazione di segreto d’ufficio» per aver fatto circolare nella primavera 2020 dentro il Consiglio Superiore della Magistratura i verbali milanesi dell’ex avvocato esterno Eni Piero Amara sulla presunta associazione segreta «loggia Ungheria»: verbali consegnati a Davigo nell’aprile 2020 dal pm milanese Paolo Storari come reazione al percepito immobilismo del procuratore Francesco Greco e del procuratore aggiunto Laura Pedio nell’indagare per distinguere in fretta tra verità e calunnie di Amara, potenzialmente impattatanti in maniera indiretta su altre dichiarazioni dello stesso Amara e del sodale Vincenzo Armanna molto valorizzate all’epoca dalla Procura contro Eni e il suo a.d. Claudio Descalzi nel coevo procedimento sul depistaggio del processo Eni-Nigeria, istruito dall’altro procuratore aggiunto Fabio De a Pasquale.

Per giustizia o per dossieraggio.
Davigo, a suo dire per «riportare sui binari della legalità» il procedimento su «loggia Ungheria» non ancora iscritto dalla Procura di Milano, in quella primavera 2020 riferì o fece vedere o persino consegnò quei verbali a molti consiglieri al Csm, spesso condendoli di sfavorevoli accenni all’ex amico consigliere Csm Sebastiano Ardita, nominato da Amara in quei verbali. Per questo nel procedimento bresciano Ardita con l’avvocato Fabio Repici si è costituito parte civile (e ha ottenuto 20.000 euro di risarcimento danni) accusando Davigo di aver utilizzato i verbali (datigli da Storari) per screditare la figura dell’ex collega di Csm ed ex compagno di corrente, con il quale aveva anche scritto un libro («Giustizialisti») ma era poi entrato in urto.

“Oggi è stata confermata la colpevolezza del dottor Davigo nell’aver illecitamente divulgato le calunniose dichiarazioni di Piero Amara al fine di screditare il magistrato Sebastiano Ardita così condizionando il funzionamento del CSM”, ha dichiarato il legale di Ardita alla fine della lettura del dispositivo della sentenza. “Ora confido che a Milano si accerteranno le ragioni che hanno portato Amara a verbalizzare quelle calunnie e gli interessi che hanno mosso Amara e i suoi danti causa”.

La difesa di Davigo, con gli avvocati Francesco Borasi e Davide Steccanella, ribatteva che, se l'intenzione fosse stata quella di colpire Ardita, Davigo “non avrebbe sollecitato su quei verbali ‘scottanti’ alcuna indagine che avrebbe anche potuto smentirli (come in seguito è tardivamente accaduto), ma si sarebbe limitato a conservarli in segreto per ‘utilizzarli’ in malam partem, mostrandoli di volta in volta a chi intratteneva buoni rapporti con il consigliere Ardita per screditarlo presso di loro in forma appunto ‘carbonara’. Invece si espose subito in prima persona con le due massime cariche, in quel momento, dell'organismo giudiziario”.