3 Aprile 2024 Attualità

IYAD, IL PALESTINESE PIU’ FAMOSO DI MESSINA, SI RACCONTA A “VITE SPERICOLATE”

Di Tonino Cafeo - C’è un luogo a Messina, in una piazza storica della città, che da più di trent'anni è una tappa fondamentale della movida. È la pizzeria di Iyad Alhunaiti. Siamo andati a trovarlo una mattinata di fine inverno per dedicargli la ventiduesima puntata di "Vite Spericolate-storie speciali di persone normali".

Iyad ci ha accolti con la consueta bonomia, per la quale è diventato nel corso degli anni il palestinese più famoso della città dello Stretto, ma le parole con cui ben volentieri ci ha raccontato la sua storia hanno svelato finalmente l’uomo che si cela dietro le battute ironiche e il sorriso sornione che dagli anni ottanta del secolo scorso accompagnano le ore di svago e la buona cucina che il nostro amico offre alle persone di ogni età e condizione sociale.

Yiad AlHunaiti è un uomo dalla saggezza tipicamente mediterranea: parla e agisce come un siciliano ma le sue radici sono ben piantate nell'altra sponda del nostro mare. È nato infatti a Jenin, un’antica città palestinese di circa 49.000 abitanti situata nella parte nord della Cisgiordania occupata da Israele in seguito alla Guerra dei sei giorni, nel 1967.

Jenin è conosciuta per ospitare nei suoi pressi un campo profughi palestinesi risalente alla prima guerra arabo israeliana, quella del 1948. Quando Yiad era bambino la città, come tutta la Cisgiordania, apparteneva al regno di Giordania guidato da re Husein della dinastia Hashemita.

Anche prima dell’occupazione israeliana la vita da quelle parti era dura. Nonostante fosse figlio di un insegnante, il piccolo Iyad dopo la scuola doveva aiutare i genitori a mantenere la numerosa famiglia. Così, fra un lavoretto e l’altro, è cresciuto con pochi soldi in tasca e il sogno di realizzarsi, magari in Europa. Nel frattempo la vittoria israeliana del '67 trasforma i palestinesi della Cisgiordania da cittadini di uno stato arabo in abitanti di un territorio occupato da una forza armata e sottoposto ainnumerevoli restrizioni .

Quando arrivano i primi anni ottanta e la fine delle scuole superiori per Iyad è tempo di partire. Raggiunge Perugia dove si iscrive all’Università per stranieri e impara l’italiano. Sceglie la facoltà di veterinaria e la città di Messina per portare a termine gli studi ma non eserciterà  mai la professione di medico degli animali.  Giunto in riva allo stretto scoprirà infatti,  quasi per caso, la vocazione del ristoratore. È  grazie a un giornalista messinese appassionato di cucina, poeta e scrittore , di nome Corrado Lauretta, che Yiad inizia a lavorare nello storico locale di piazza Lo Sardo. Sono anni avventurosi, ricchi di aneddoti e ricordi. Il nostro nella lotta quotidiana per la sopravvivenza sviluppa doti da sagace imprenditore e diventa ben presto beniamino delle serate messinesi. Sposa l’amata Renè Abu Joub,  conterranea insegnante  e appassionata attivista per i diritti del popolo palestinese,  e insieme hanno quattro figli di cui sono giustamente orgogliosi.

Oggi, in una delle fasi più dolorose e oscure del conflitto che oppone il popolo palestinese e lo stato di Israele, mentre Gaza viene bombardata quasi quotidianamente e le vittime civili si accumulano in una sanguinosa contabilità di cui non si intravede la fine, Yiad ha parole di saggezza per la sua gente e per gli Israeliani.  Crede ancora nella possibilità di convivere in pace e l’appello accorato che rivolge ai nostri microfoni non fa distinzioni. “Noi siamo uguali a voi, ai francesi, agli inglesi …”, riflette ad alta voce: “nessuno vorrebbe vedere i propri  figli e nipoti morire sotto le bombe o al fronte : né noi, né tanto meno i nostri vicini di casa israeliani” .

Iyad continua ogni giorno a servire i suoi piatti e le sue pizze, si sforza di garantire una buona occupazione a qualche ragazzo o ragazza che come ha fatto lui quarant’anni fa, lotta per la propria dignità. Fra una battuta e l’altra non manca mai di sostenere come può la lotta per la libertà del proprio popolo.

Esponente “antropologico” di una cultura mediterranea in cui “l’arte dell’incontro” prova a tenere testa ai venti di guerra, nella sua quotidianità cerca di tenere in vita il sogno di una civiltà fondata sul dialogo e sulla convivenza pacifica.

Buona visione!